Con Xi la Cina diventa “forte”: Il rapporto di Xi Jinping all’apertura del XIX Congresso nazionale del Partito

19 / 10 / 2017

In copertina: 17 Ottobre 2017, Sanlitun, Pechino. "Senza il Partito Comunista Cinese, non ci sarebbe la nuova Cina"

8 ottobre, alle 9 ora locale si è aperto il sipario del XIX Congresso nazionale del Partito comunista nella Grande Sala del popolo a piazza Tian’anmen. Il segretario generale Xi Jinping ha pronunciato il suo discorso, durato più di tre ore, di fronte a 2280 delegati provenienti dalle provincie, regioni autonome, municipalità sotto il diretto controllo del Partito, nonché dalle forze armate.

Il Congresso Nazionale è un momento chiave nella vita del Partito. Si riunisce a cadenza quinquennale ed elegge il segretario generale, così come gli altri membri del comitato permanente del Politburo. Infatti, nonostante le profonde trasformazioni della struttura economico-sociale della Repubblica Popolare Cinese, occorre ricordare che il Partito è pur sempre di stampo leninista. I meccanismi di nomina non sono variati granché, nonostante il processo di istituzionalizzazione innescato dal piccolo timoniere Deng Xiaoping, grazie al quale vige la regola, sebbene non scritta, dei due mandati per ciascun segretario generale. Con questo congresso, Xi si avvia a intraprendere il suo secondo mandato. Nel suo rapporto ha definito le linee guida per i cinque anni di governo che lo attendono.

I temi affrontati hanno riguardato tanto la politica estera quanto quella interna, delineando obiettivi a medio e lungo termine. Il tutto è posto sempre sotto l’ombrello del “sogno cinese”, la cui realizzazione sarebbe “una fantasia” senza la guida del Partito, come ha ribadito il Segretario. Il Partito, dunque, non si tocca. Ma infondo, questo punto era implicito già nello stile attuale di governo. Entro questa cornice - all’apparenza statica - qualcosa si muove. 

Questa è un’epoca che viene definita “storica” da Xi Jinping: è l’epoca in cui il popolo cinese s’appresta a diventare “forte” o lo è già diventato. Xi ha infatti ripercorso le tappe di sviluppo della Repubblica popolare dalla sua fondazione, riassumendole in tre epoche: “[con Mao] la Cina si è alzata in piedi, [con Deng] si è arricchita, [con lui] si è rafforzata”. Questa è la conclusione alla quale arriva nel suo rapporto, e la deduzione implicita è che si sta procedendo bene su tutti i fronti, dentro e fuori i confini nazionali. Praticamente, si è autoproclamato il terzo Timoniere.

Entrando più nel dettaglio, il rapporto si apre ribadendo la missione del Partito. Nel titolo vi sono appunto le espressioni “mai dimenticare le aspirazioni originarie, tenere a mente la missione” che richiamano i fondamenti ideologici sui cui è stato fondato il Partito Comunista cinese, il marxismo-leninismo. La missione principale è “servire il popolo”. In altre parole, Xi re-impone la necessità di stabilire un sistema ideologico che funga da guida per il Partito in primis, ma anche per la società. Il rapporto prosegue riassumendo i successi conseguiti nei primi cinque anni appena trascorsi. A tal proposito, Xi ha esplicitamente affermato che “sono stati risolti molti problemi e questioni che da tempo si desiderava risolvere”. Il riferimento è sicuramente al prestigio che il gigante asiatico sta conoscendo sullo scacchiere internazionale, grazie a iniziative come la “Nuova via della Seta” (Belt and Road Initiative), che, se realizzata, andrà a ridefinire gli equilibri geopolitici mondiali nel XXI secolo - definito già da molti, e forse non a torto, come “il secolo cinese”. Ma sottintesa vi è anche la lotta alla corruzione e la relativa riaffermazione della disciplina in seno al partito, tema sul quale Xi si è soffermato a lungo in questa occasione e che contraddistingue la sua azione di governo. Legato alla lotta alla corruzione vi è un altro tema caldo: “riforme dal lato dell’offerta”, la cui realizzazione pratica consiste nello smantellamento delle imprese di stato “zombie”. È chiaro che tali riforme, se implementate fino in fondo, andranno a toccare gruppi d’interesse consolidati nell’era del libero mercato cinese.

Rimanendo in tema di politica interna, il discorso sulle forze armate ha un assunto di recente un ruolo chiave. La sfera militare è l’unica dove vi è una totale e completa corrispondenza tra gli organi statati e quelli di partito: Per il resto, invece, il sistema partito-stato funziona grazie al cumulo di cruciali cariche statali, pertanto vi sono diversi punti di contatto, ma non una completa sovrapposizione. L’ambito militare è diverso: la commissione militare centrale del partito e quella dello stato sono completamente identiche, cioè sono costituite dalle medesime persone. Xi Jinping, si rammenti, è anche presidente della Commissione militare centrale e ha ribadito il suo controllo sulle forze armate a più riprese nel corso dell’ultimo anno. Riprendendo la retorica del sogno, Xi ha posto come obiettivo quello di realizzare il “sogno di un’armata forte”. Queste affermazioni fanno paura a tutti quei paesi che ancora hanno dispute territoriali irrisolte, come ad esempio il Giappone, ma ad un’analisi più approfondita sembrano essere un’ulteriore affermazione del potere di Xi Jinping all’interno del Partito. Se infatti è certo che la Cina odierna, in virtù della sua potenza economica, non è più disposta a scendere a compromessi sull’integrità territoriale nazionale, è altrettanto chiaro che sono gli stessi interessi economici – gli scambi commerciali da intensificare attraverso la via della seta, per intenderci - a scongiurare la possibilità di un conflitto armato.

La Cina infatti deve crescere ancora economicamente, questa resta un punto cruciale per la sopravvivenza dell'organo di governo. La crescita economica - e il conseguente innalzamento dei tenori di vita, ivi inclusa la lotta alla povertà - è al centro del discorso politico, in quanto principale fonte di legittimità del Partito Comunista cinese: “lo sviluppo è il fondamento e l’elemento cruciale per risolvere tutti i problemi della Cina”, per citare Xi. Proprio il 2021, centenario della fondazione del Partito, è l’anno prescelto per completare il progetto della costruzione della “società del moderato benessere”, che vedrà quel 15% della popolazione, che non ha ancora accesso ai bisogni primari, elevarsi al di sopra della soglia di povertà assoluta. Tuttavia, questa crescita economica deve realizzarsi attraverso nuovi metodi, non guardando più solo alla quantità, ma soprattutto alla qualità. È appunto innovazione, la parola chiave del secondo traguardo, quello di rendere la Cina un paese moderno e caratterizzato da un forte soft power entro il 2035. Questi due – la “società armoniosa” e una "Cina moderna” - sono i due step verso la realizzazione del “sogno cinese di grande rinascita della nazione”, ovvero la trasformazione della Cina in un paese “forte e prospero”, primo per potere d’influenza sulle altre nazioni. Obiettivi ambiziosi, ma non impossibili da realizzare in un contesto globale in cui un personaggio come Trump è diventato presidente della nazione che può, o forse ormai “poteva”, vantare il più forte soft power al mondo.

Questo è però solo l’inizio del XIX Congresso, molte altre novità, compresi i nomi dei nuovi membri che occuperanno le poltrone del comitato permanente del Politburo, si sapranno probabilmente solo il 24 ottobre, giorno in cui si chiuderà il sipario dell’evento politico del Partito più importante del 2017.