Sabato 9 Giugno 2012
Kabul - La presenza a volte è discreta, a volte roboante. Roboante come
il grattacielo costruito già da qualche anno tra il quartiere di
Sharenaw e l'antica area urbana di Afghanan, proprio in faccia al
quartier generale della polizia. E' un ospedale attrezzatissimo che i
cinesi hanno costruito con rapidità impressionante ma che praticamente
non funziona. I rumors dicono che ci sia in ballo un'operazione poco
chiara per venderlo a qualche privato del settore salute, un segmento
del business afgano che preme, con qualche fortuna, per trasformare la
sanità pubblica in un lucroso affare privato. Ma i cinesi, attivissimi
in Afghanistan, sembrano interessati poco del “dopo”. Intanto fanno e
tutti lo sanno. E' questa la loro politica di aiuto. Come l'ampia strada
che da Mazar, nel Nord del Paese, va verso il passo di Salang:
perfetta e costruita in pochi mesi, senza neppure uno dei soliti
cartelli “Dono del governo....” che di solito campeggia persino su
qualche saletta secondaria in un ufficio ministeriale. Tanto tutti sanno
che è roba dei cinesi.
Presenza roboante, presenza discreta. Come i pneumatici speciali sulle
sedie a rotelle che, in questi giorni, usano i pazienti del reparto
ortopedico di Alberto Cairo, una delle tappe obbligate di un giornalista
a Kabul. C'è una gara di basket in carrozzella nel campetto appena
costruito dove veniamo a seguire gli allenamenti. Si, d'accordo, i
palloni sono made in Thailand e le attrezzature fabbricate nei
laboratori di Cairo utilizzano forse tondini pachistani, ma i pneumatici
ad alta precisione per le carrozzelle speciali che servono agli
sportivi le fatte un certo signor Chen.
In questi giorni, un gruppo di ingegneri del Celeste impero è arrivato a
Kabul. Devono studiare il percorso della ferrovia che il contratto di
sfruttamento della miniera di rame di Aynak (14 miliardi di tonnellate
da estrarre), firmato nel 2008, prevede venga costruita con soldi
cinesi: 900 chilometri di strada ferrata con un costo di almeno
4miliardi di dollari a carico della Mcc - la società cinese che
sfrutterà Aynak – per un percorso, in un Paese quasi senza treni, che
porterà rame e passeggeri dalla miniera (40 chilometri a Sud della
capitale) a Kabul e da lì alla frontiera col Pakistan, fino ai confini
con l'Uzbekistan. Il contratto è controverso e in più parti segreto.
Pare che i cinesi ne trarranno un enorme vantaggio e, si dice, anche la
famiglia del presidente. Ma, come si diceva, a Pechino interessa poco
chi fa soldi permettendo al Dragone di fare i suoi interessi. Che, più o
meno discretamente, vanno avanti.
La Cina ha investito all'estero, nei primi quattro mesi dell'anno, oltre
20 miliardi di dollari, un raddoppio rispetto ai quattrini inviati
“overseas” nello stesso periodo del 2011. Energia e risorse,
principalmente, per oltre il 90% del denaro regalato o prestato con
crediti spesso agevolatissimi. Ma per ora Africa e America del Sud
restano i luoghi privilegiati. Con Kabul l'interscambio è basso e la
bilancia commerciale pende comunque tutta a Est: nel 2011 i cinesi hanno
esportato in Afghanistan per 234 milioni di dollari e hanno importato
da questo Paese, che per altro non produce praticamente più nulla se non
la vendita dei suoi gioielli di famiglia (le miniere), solo 4,4
milioni. Ma l'interesse sta crescendo.
Hamid Karzai e il suo seguito sono appena stati accolti a Pechino col
tappeto rosso dal presidente Hu Jintao. L'occasione era il Consiglio
degli Stati membri della Shanghai Cooperation Organization (Sco),
organismo politico-militare dal lungo respiro strategico che riunisce
oltre a Cina e Russia i centroasiatici Kazakistan, Kyrghisistan,
Tajikistan e Uzbekistan. Tutti ai confini con l'Afghanistan. Kabul, con
Delhi, Islamabad e Teheran, gode lo status di osservatore (non ha cioè
diritto di voto) ma è in procinto di diventare membro. E cinesi e afgani
hanno annunciato a breve un accordo di partenariato strategico che ha
tutta l'aria di essere una camera di compensazione asiatica di quello
appena firmato da Kabul con Washington il 2 maggio (e appena approvato
in via definitiva dal parlamento afgano). Karzai ha lasciato Pechino
prima del dovuto motivando l'accorciamento della visita con l'ultimo
attentato a Kandahar, ma soprattutto per l'ultima strage di 18 civili
compiuta dalla Nato a Logar. E Hu Jintao, nel suo discorso, ha voluto
sottolineare il ruolo che la Sco potrà giocare per la stabilizzazione
dell'area. Quel che non ha detto è che a Pechino (e a Mosca) si pensa al
dopo Nato, futuro ormai sempre più prossimo.
Pare che Pechino, contraria a mettere assegni nel fondo multilaterale
destinato alle forze armate di Kabul (4 miliardi l'anno dal 2015), non
sarebbe invece sfavorevole a dare una mano direttamente ai militari
afgani, come già si sono offerti di fare indiani e russi. L'Afghanistan
lo vede di buon occhio. Proprio qualche sera fa, durante un dibattito a
ToloTv, l'analista politico Abbas Noyan ha detto che l'influenza
cinese sul Pakistan potrebbe sortire buoni effetti sulla lotta al
terrorismo. Suggerendo, in altre parole, che Pechino potrebbe riuscire
dove Washington ha fallito. Gli afgani insomma stanno aprendo una linea
di credito alla più o meno discreta presenza del Dragone nel loro Paese.
Quanto ai cinesi, l'Afghanistan rientra forse in una cornice più ampia.
Affari, certamente, miniere e infrastrutture (c'è in progetto anche una
strada che dalla Cina via Panjshir raggiunga Kabul) ma anche il tassello
di una vasta operazione geostrategica. Del resto, nemmeno un mese fa,
il segretario di Stato alla Difesa americano Leon Panetta ha detto che
il focus militare americano dei prossimi anni sarà rivolto verso
l'Asia-Pacifico. Anche se poi ha cercato di addolcire la pillola, la sua
uscita è sembrata - non solo ai cinesi - un delicato avvertimento alla
potenza mondiale che Washington teme di più. I cinesi dunque vedono
nell'uscita di scena di Usa e Nato dall'Afghanistan una buona occasione
per riempire quel vuoto. Paradossalmente a Washington (e a noi) farebbe
anche comodo che qualcuno si occupasse di ricostruire il Paese dove
abbiamo investito 9 in armamenti e truppe e 1 in sviluppo. Come che sia
l'ombra del Dragone su allunga su Kabul. Come quella del suo ospedale
sulla piazza antistante il nosocomio quando cala il sole sfavillante
dell'Hindukush.
Anche su il manifesto
Cina - L'OMBRA DEL DRAGONE SU KABUL
10 / 6 / 2012
Tratto da: