Cile - La lezione degli studenti

12 / 9 / 2011

"Inutili e sovversivi". Carlos Larrain, presidente di Renovaciòn Nacional (il partito di Sebastian Pinera), ha bollato così i giovani che da tre mesi stanno lottando per un'istruzione "gratis e di qualità", mettendo in seria difficoltà il governo di Santiago, già costretto a luglio a un rimpasto. Una frase che la dice lunga sulla distanza di posizioni che ancora esiste tra l'esecutivo e gli studenti - medi e universitari - più i professori, che a questo punto vedono seriamente compromesso il semestre in corso.

La distanza è stata ribadita questa mattina dal leader degli studenti dell'Università di Santiago (Usach), Camilo Ballestreros, che in un'intervista a Radio Cooperativa ha dichiarato che il nodo non sta nelle cifre, ma è ideologico. "È positivo che si stiano toccando temi quali finanziamento, qualità e rafforzamento dell'educazione pubblica - ha detto - ma quando ci si siede a parlare di lucro con il governo, si sa in anticipo la sua risposta".

Il riferimento di Ballestreros è alla proposta del neo-ministro dell'educazione, Felipe Bulnes, che lunedì ha presentato a studenti medi, universitari e collegio dei professori un calendario di tavoli di lavoro, che nei prossimi 21 giorni prenderanno in esame benefici a studenti e finanziamento istituzionale, rafforzamento dell'educazione pubblica e regolazione della qualità e riforma costituzionale, con l'obiettivo di arrivare a un accordo in cui l'esecutivo si sta giocando tantissimo (un sondaggio di questa mattina dà al 27%, minimo storico, l'approvazione del presidente Pinera).

Finora il governo ha promesso investimenti per 200 miliardi di dollari, un maggiore finanziamento delle università pubbliche e l'abbassamento dei tassi di interesse dei prestiti con garanzia statale (un business gigantesco per le banche e sulle spalle dello stato). Gli studenti ritengono necessaria ma non sufficiente l'iniezione di fondi e puntano a una riforma strutturale del sistema educativo cileno, uno dei più cari e classisti del mondo secondo un rapporto dell'Ocse.

A livello universitario, gli studenti trovano inaccettabile che lo stato eroghi fondi alle università private e non investa a dovere nelle pubbliche - interviene coprendo in media l'8% dei costi di gestione delle università statali -, con il risultato che anche queste finiscono per essere carissime. Il nodo non è tuttavia così facile da affrontare: a livello legale le università private non possono avere fini di lucro, ma allora come si spiega che la Andres Bello, una delle più rinomate, sia stata venduta pochi anni fa per 170 milioni di dollari? Il grande business è quello dei servizi e degli immobili a queste collegati, gestiti da società riconducibili alla stessa proprietà delle università.

A livello di studenti medi il punto è parzialmente più semplice. Quello che si chiede è l'intervento diretto dello stato e la fine del regime di municipalizzazione delle scuole pubbliche, implementato durante la dittatura. Un sistema che porta al paradosso che, nei municipi più ricchi, i giovani delle classi agiate abbiano buone scuole a costo zero, mentre nei settori marginali le famiglie debbano fare di tutto per mandare i propri figli nelle scuole private, per il livello infimo delle pubbliche, che contano su risorse minime.

* Di Andrea Fagioli. Tratto da: Peace Reporter.