Chiapas - Appunti di viaggio

Bruno e Annalisa ci raccontano la loro esperinza nelle comunità zapatiste

31 / 8 / 2014

Brevi ma intensi aneddoti di vita zapatista!

Dedicato a tutti gli indios del mondo. Nello specifico questo articolo è dedicato agli indios del Messico, gli ultimi e gli emarginati. Coloro che lottano tutta la vita per la loro dignità.

In Chiapas non puoi rimanere indifferente se ti immergi in queste terre , se cerchi di capire più da vicino perché questi ultimi del mondo lottano a costo della vita. Sono gli zapatisti, migliaia di donne e uomini che si sono stancati di essere maltrattati dal governo e hanno deciso di lottare per l’autonomia. Sia chiaro, non lottano per evadere le tasse e avere più soldi per i Suv o le Mechedes, non lottano per defiscalizzare l’azienda paterna e divertirsi con escort, non lottano nemmeno per sentirsi padroni a casa propria e cacciare barboni, immigrati o chi sta ancora più a sud. Lottano per coltivare autonomamente la propria terra e vedere rispettata la propria dignità. Il Governo li ostacola perché si contrappongono agli interessi delle multinazionali nord americane, Il Messico è il parco divertimenti di mega aziende che godono di grandi libertà accordate con in governi.

L’uguaglianza sta alla base del movimento e la parità tra uomo e donna è uno dei principi fondamentali dello zapatismo, in una società prevalentemente maschilista è una grande rivoluzione.

In questo viaggio abbiamo provato a scoprire più da vicino quello che a singhiozzo ci arrivava in Italia, la lotta che è diventata un esempio.

La nostra generazione ha vissuto il mito di Marcos, ha vissuto le lotte per la dignità ribelle e le ha sognate, è stata la rivoluzione cubana dei nostri giorni. Volevamo andare a conoscere questi rivoluzionari moderni, dunque siamo partiti alla volta del Chiapas, Messico. Con questo articolo vogliamo pubblicizzare il più possibile la lotta di questi popoli affinchè le loro grida possano essere ascoltate anche qui, da più persone possibile, arrivare alle orecchie anche di chi non sa bene nemmeno dove si trovi il Chiapas. Speriamo che qualcuno incuriosito dalla tematica la approfondisca, e se fosse interessato ad un viaggio saremo ben lieti di dare tutte le indicazioni per poterlo affrontare. In ogni comunità dove siamo stati abbiamo portato il nostro contributo, non serve portare medicinali, alimenti o materiale scolastico, la cosa migliore è donare un’offerta economica che, le amministrazioni delle comunità zapatiste, gestiranno direttamente in base ai bisogni di migliaia di persone. La cosa che colpisce di più è l’umiltà di questa gente che non ha altro che il campo di mais ,fagioli e zucche (tutto insieme) e tutto quello che vuole e coltivare la propria terra e veder riconosciuta la propria dignità.

Per non dimenticare lo sguardo di Felipe, i morti fucilati, Galeano.

La lotta per l’indipendenza è ovunque, a S. Cristobal è presente l’Università della Terra, una struttura scolastica avviata, costruita e gestita dal dott. Raymundo Sanchez. Ospita gratuitamente tutti coloro che sono interessati ad imparare un mestiere, ed è in particolare nata per i ragazzi e le ragazze delle comunità indigene, villaggi poveri, agricoli e senza molte opportunità di lavoro per i giovani. L’Università è intesa come un luogo di aggregazione dove insegnare “l’essere autonomi”, insegnare un lavoro che possa darti la libertà di emanciparti. Sono numerosi i corsi gestiti e offerti: da quello di agraria a quello di zootecnia, da quello di meccanica a quello di telaio sino a quello di panificazione e di pittura. I corsi sono gratuiti per dare la possibilità a tutti di partecipare. Sono filo-zapatisti perciò particolarmente attenti alle lotte quotidiane e alle difficoltà che gli ultimi, i poveri, vivono sulla loro pelle. La struttura è finanziata da offerte di viaggiatori, da alcuni Movimenti mondiali e Istituti Religiosi sensibili alla causa degli indigeni. Una parte illuminata della Chiesa infatti non è lontana dallo zapatismo e dalla sua lotta di classe, Il Vescovo di San Cristobal Samuel Ruiz fino alla sua scomparsa ad esempio è sempre stato dalla parte degli indios.

Gli attacchi dei paramilitari non si fermano nemmeno oggi, a 20 anni dalla rivoluzione zapatista ancora minacciano e attaccano chi non la pensa come il governo. I paramilitari sono contadini addestrati e armati dalla polizia e dall’esercito e indottrinati e protetti dal PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale, il Partito di Stato in Messico e Chiapas) per combattere le resistenze; sono fratelli, parenti, vicini di casa e colleghi di chi ha fatto la scelta zapatista ma, indottrinati dal governo e abbindolati dai soldi facili che questo offre loro, non hanno esitato ad impugnare il machete e iniziare, contro i companeros, una guerra fratricida . Per questo compito godono di aiuti economici e materiali dal Partito. Il fatto che non indossano divise li rende ancora più pericolosi e invisibili. Fanno il lavoro sporco che non può più fare l’esercito vista la risonanza mondiale che ne scaturirebbe. Vivo nei cuori di tutti, e da oggi anche nei nostri, è la strage di Natale di Acteal. Il 22 dicembre 1997 sono stati massacrati a colpi di mitraglie 45 indios intenti a pregare. Tra di loro ovviamente anche donne e bambini. Incontriamo il referente di Las Abejas, un’associazione nata per mantenere viva la memoria di quella strage compiuta da persone assoldate dal governo ai danni di contadini, gente povera. Tanto povera. “I paramilitari salivano da valle arrampicandosi sulla collina” ci racconta, “ hanno accerchiato le persone che qui stavano pregando e hanno cominciato a sparare, la gente fuggiva ovunque. I colpi delle mitraglie non hanno dato scampo, per terra rimanevano uomini, vecchi e bambini. I più giovani e veloci hanno tentato di nascondersi tra l’erba alta accanto al torrente, invano. Non sopportano la nostra solidarietà alla causa zapatista, ci hanno massacrato, vogliono che ce ne andiamo.” Si ferma, guarda nel vuoto e i suoi occhi diventano lucidi. “Aqui estamos. Aqui estamos. Esta tierra es la nostra tierra.” Qui rimaniamo, qui restiamo, questa terra è nostra. Anche i nostri occhi diventano lucidi.

Ora chi ha compiuto la strage vive nelle stesse montagne, ad Acteal e nei villaggi vicini. Quello che stupisce dei campesinos è l’umiltà e la tenacia con cui conducono la lotta di pura sopravvivenza, non si sono mai vendicati, non ritengono giustizia l’utilizzo di violenza contro dei “fratelli”. Ci siamo lasciati con una commovente e forte stretta di mano con la promessa che avremmo divulgato la loro storia a più persone possibile, saremmo stati l’eco delle loro grida per mantenere sempre i riflettori puntati in questa terra dimenticata da Dio, ma non dalle multinazionali.

La lotta zapatista è ben radicata nel territorio chiapaneco, i vari villaggi hanno come punto di aggregazione amministrativo i Municipi Autonomi, i quali si occupano della gestione locale dei terreni, scuole autonome, sanità, come i nostri Comuni. L’insieme dei Municipi formano le Carcol una sorta di “Provincie”, in tutto sono 5. Nelle Caracol è presente la Giunta del Buon Governo, un insieme di delegati del popolo che a turno governano. Si occupano di gestire la lotta in maniera strategica e a medio-lungo termine. Le Caracol sono dei quartieri recintati in mezzo ai monti in cui oltre la Giunta del Buon Governo sono presenti anche i laboratori artigianali, l’immancabile campo da basket, il palco per i raduni, i dormitori e la scuola autonoma. Noi abbiamo visitato la Caracol di Oventik e quella di Morelia.

L’impatto con la Caracol di Oventik rimane impresso. A far la guardia di fronte al cancello chiuso c’è una Companera col passamontagna, le chiediamo se è possibile entrare e in seguito a numerosi passaggi “burocratici” ce la facciamo. Qui tutti indossano il passamontagna o la bandana rossa fin sopra il naso. E’ importante che non vengano riconosciuti da eventuali infiltrati, infatti ci è vietato fotografare persone e automobili. Qui abbiamo la possibilità di parlare con la Giunta del Buon Governo e vagare tra i murales di propaganda della Caracol.

Nella Caracol di Morelia non portano i passamontagna in quanto è parecchio più lontana da un centro abitato. Qui parliamo con la Giunta del Buon Governo, ci spiegano come le scuole autonome siano importanti per la popolazione indigena. Le scuole che il governo fa costruire per gli indios sono umilianti, gli insegnanti pubblici non sono qualificati, spesso si presentano ubriachi a lezione e non sono rari i casi in cui picchiano i bambini. Un degrado che fa ben intendere di quale considerazione godano questi popoli discendenti dai Maya. Per questo hanno cominciato ad auto-organizzarsi e costituire scuole autogestite ed autonome.

Affamati mangiamo quello che ci offrono,deliziosi fagioli bolliti e tortillas.Quello che ci coinvolge di più è il modo che hanno di relazionarsi con noi, fin da subito ci sentiamo fratelli, ci parlano apertamente, ci offrono il pranzo e il caffè, l’ospitalità per chi solidarizza è un valore importante.

L’incontro con la comunità zapatista di Agua Clara è un qualcosa che ci porteremo dentro per sempre.

La comunità gestisce un balneario in riva al fiume, è un luogo dove poter alloggiare immersi nella selva con la possibilità di rinfrescarsi nel fiume tra scimmie e coccodrilli.

La sera,mentre si cenava tutti insieme, il “Compa” Felipe (“puro campesino”) ha cominciato a raccontare. Lo sguardo vitreo nel vuoto lo faceva tornare indietro a quel giorno in cui stava andando in moto con suo figlio verso la scuola del paese che lui e altri zapatisti stavano duramente costruendo, una macchina gli ha speronati disarcionandoli. Sono stati i paramilitari, capitanati dallo zio di Felipe. Da lì non ricorda più nulla, si è svegliato in ospedale con diverse pallottole nei piedi e i segni delle torture sul corpo. Ancora quand’era in condizione precarie gli hanno fatto firmare delle carte spacciandole per normali moduli per il ricovero, in realtà si trattava di una dichiarazione di colpevolezza per attentati e violenze. Felipe dunque finisce in carcere dove sta per 7 giorni fino a quando il suo avvocato non riesce a provarne l’innocenza e incastrare chi l’aveva investito e torturato. Purtroppo, come si può immaginare, chi ha torturato Felipe è anche amico di diversi poliziotti e uomini del PRI perciò è rimasto impunito. Questa è la giustizia in Chiapas. Oggi Felipe ancora zoppica e ha seri problemi di vista. Non gli manca però il coraggio di stare sempre dalla stessa parte, di lottare e non cedere alle lusinghe più o meno violente di chi vuole espropriargli la terra per ricavare minerali, petrolio o coltivare le palme da olio della Monsanto che desertificano il terreno.

Non ha paura di raccontare la sua storia, di spronare alla resistenza la giovane figlia, che ha appena concluso il suo turno come amministratrice alla Giunta del Buon Governo di Morelia; ha la forza e il coraggio di raccontarci tutto ciò perché questo venga raccontato al resto del mondo, e dopo un abbraccio con la voce che ci si spezza in gola, perfino ci ringrazia di essere stati lì ad ascoltarlo.

E’ anche per lui che scriviamo questo pezzo, perché la sua voce attraversi l’oceano.

Durante la notte tre giovani “Compa” stanno svegli per noi, per evitare incursioni sgradite, cose che capitano.

Li vicino, in mezzo ai monti, (r)esiste la comunità di Bolon Ja, per arrivarci bisogna andare alle cascate di Agua Azul, parcheggiare la macchina ed incamminarsi sulla montagna. Le cascate di Agua Azul sono un balneario turistico, gestito da appartenenti del partito PRI. Per questo motivo se ci vedono parcheggiare ed incamminarci verso la comunità zapatista potrebbero fare qualche scherzo alla macchina, dunque due Compa fanno da guardie. Il Compa Armando è la guida, si cammina nella selva tra galline e tane di giaguaro. Fa un caldo atroce ma il punto d’arrivo è mozzafiato. Il fiume crea 5 cascate enormi consecutive, la fatica è ripagata da questo spettacolo della natura. Armando fa parte della comunità di Bolon Ja, guida i viaggiatori lungo sentieri che solo loro conoscono, guadagnano con questo e coltivando mais e fagioli. Ogni giorno vivono con il rischio che paramilitari li colpiscano, la loro vicinanza al balneario di Agua Azul e la potenziale concorrenza non permette loro di vivere una vita serena.

A Maggio 2014 l’ultimo feroce attacco dei paramilitari ha causato la morte di Galeano, un professore zapatista. E’ stato accerchiato da una decina di uomini armati, si sono divertiti con calci e pugni, gli hanno sparato al petto e come ultimo sfregio l’hanno colpito col machete al volto. Da quel giorno è morto anche il Sub Comandate Marcos, si è simbolicamente ucciso per ridare vita a Galeano. Oggi Galeano, tramite l’ex-Marcos, vive come Sub Comandante Galeano! Un ulteriore esempio di come la lotta zapatista non abbia aspirazioni personali o sia inquinata da interessi di pochi, non c’è culto della personalità ma tutti, dietro quei passamontagna, hanno la stessa importanza. C’è tanto da imparare da queste popolazioni del sud del mondo, sfruttate, torturate e uccise ma che non si scoraggiano, vivono e lottano ogni giorno con dignità. Dignità ribelle.