C'erano una volta uno zar e un sultano

2 / 12 / 2015

Con l'abbattimento da parte di un F-16 turco di un aereo da guerra russo sul confine turco-siriano la guerra in Siria è entrata in una nuova fase oscura. Tra i due nemici di vecchia data è montata la tensione quando la Russia è intervenuta militarmente due mesi fa a supporto del traballante regime di Assad, riempiendo così il vuoto creato dalle decisioni dell'Amministrazione Obama che puntava sulla collaborazione e sull'intervento diretto dei suoi alleati, con l'obiettivo di far collimare gli intenti dei propri alleati sul campo di battaglia siriano.

Oltre a portare in superficie i conflitti già esistenti tra Russia e Turchia in Siria, anche attraverso alleanze regionali, l'incidente ha fatto emergere non solo le tensioni ancora vive dal periodo della Guerra Fredda ma anche quelle relative al passato, ovvero la Russia zarista e l'Impero Ottomano. Nei secoli precedenti i sultani ottomani e gli zar russi si sono combattuti inviando eserciti gli uni contro gli altri, combattendo numerose guerre su differenti fronti, creando un immaginario di rifiuto, ostilità e demonizzazione. Negli ultimi giorni, questo odio sepolto è riapparso grazie anche alle campagne nate sui social media, che non hanno risparmiato vecchi stereotipi e vecchie umiliazioni. Il tutto non è sicuramente aiutato dal fatto che i due autocrati al potere, Vladimir Putin da Mosca e Recep Tayyp Erdogan da Ankara, i quali si atteggiano e sono visti dai loro supporters come dei moderni Zar o Sultani in cerca di una restaurazione imperiale.

Lo scontro aereo tra Russia e Turchia, avvenuto dopo che lo Stato Islamico ha portato il suo terrore nel cuore di Parigi, Beirut e del Sinai, ha fatto sì che la fluidità del conflitto siriano diventasse ancor di più complessa, molto più confusa e volta a prolungare ancor di più la guerra, trincerando ulteriormente il regime di Assad. Un dato certo è che Stati Uniti e Francia pur continundo a parlare del “”Processo di Vienna”, che prevede una soluzione politica del conflitto, continueranno a perseguire la loro priorità, cioè combattere lo Stato Islamico non il regime siriano, condividendo in parte l'obiettivo che la Russia prosegue. La ferocia della campagna di bombardamenti russi è particolarmente sentita dalle forze siriane moderate che combattono il regime di Assad così come da Al-Nusra e altri gruppi islamici radicali che combattono nel nord della Siria. Si possono così leggere in ottica neo-zarista le sanzioni economiche recentemente approvate dalla Duma verso la Turchia e, soprattutto, la politica estera iper-aggressiva che, dalla Georgia all'Ucraina e alla Siria, è cavallo di battaglia di Putin.

Ma esiste un aspetto militare legato alla recente rabbia del Presidente Putin ed è collegato al fatto che, in seguito all'abbattimento dell'aereo da caccia russo, i bombardamenti sulle zone controllate dai Turkmeni sono aumentati a dismisura. Essi sono ritenuti responsabili dell'uccisione di un membro della spedizione di soccorso russa inviata in zona in seguito all'abbattimento dell'aereo e, allo stesso tempo, essi sono anche sostenuti e armati dal governo di Ankara.

La Russia, nonostante affermi ufficialmente di non voler entrare in conflitto con la Turchia dopo questo incidente, insistendo per delle scuse formali e per una compensazione economica, sta cercando allo stesso tempo di intimidire la Nato schierando un sistema missilistico di ultima generazione per la difesa aerea presso la base di Latakia, comprendo così totalmente la zona di operazioni russe. Questa scelta farà sì che sia la Coalizione anti-Is a guida Usa sia coloro che occasionalmente compiono raid aerei in quella zona, dovranno rivedere le loro valutazioni per cercare di evitare incidenti sui cieli siriani, oramai divenuti molto affollati.

Considerando il fatto che non esista al momento una strategia comune sulla guerra in Siria, né tantomeno sul processo politico che dovrebbe essere messo in atto alla fine della guerra stessa, è interessante notare come tre dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu(Usa, Russia e Francia) abbiano fini totalmenti differenti sulla Siria. Inoltre gli alleati regionali portano avanti quelli che sono i loro interessi politici ed economici specifici in Siria e Medio Oriente, scegliendosi così, anche loro, un proprio nemico da combattere. Di fatto, Stati Uniti e Russia sono alla guida di due coalizioni in competizione sulla Siria, con la prima che per più di un anno ha avuto successi limitati. Sostanzialmente, dopo i fatti di Parigi e il tentativo di Putin di arruolare la Francia all'interno della sua coalizione, la Russia si sta proiettando come il paese di punta nella lotta al terrorismo internazionale. Questo dato ha fatto sì che Putin potesse presentarsi come uomo forte nell'ultimo vertice G20 di Antalya e che la posizione di Assad fosse rivalutata, addirittura da Angela Merkel, per un eventuale transizione di potere in Siria.

C'erano una volta, quindi, uno zar e un sultano. Sia Erdogan che Putin sono leader negativi. Erdogan è al potere dal 2003, prima come Primo Ministro poi come Presidente, ed è il fautore dell'allontanamento della Turchia dalla sua identità secolare e laica verso invece un'identità islamica, polarizzando così la società turca. Durante i suoi mandati, la crescita economica ha fatto sì che la Turchia si riaffacciasse verso i territori che appertenevano al suo passato ottomano, come il Levante e la Mesopotamia. Le crescenti mire autocratiche del Presidente turco stanno facendo sì che vi sia una crescente ansia nella società turca e non solo, tanto che tale omportamento politico tanto da condurre il paese verso un pericoloso isolamento regionale e una sempre più crescente tensione politica interna.

Putin ha molto in comune con Erdogan. Egli infatti vede se stesso come colui che riporterà la Madre Russia nel novero delle potenze mondiali, riportando così la cultura ortodossa e slava al centro del discorso mondiale, assumendosi di fatto un ruolo storico, cioè quello di intervenire nella grande regione che una volta era ai confini dell'Impero russo.

Sembra così che lo Zar e il Sultano stiano cercando con insistenza di rimodellare politicamente, attraverso la guerra, quello che è stato un terreno di battaglia dei loro predecessori, intervenendo con altre armi e altri mezzi, ma soprattutto con altri fini.