CAUCASO. Dopo l’uccisione di due addetti alla
sicurezza, alcuni attentatori si sono introdotti nella Camera a Grozny.
Immediato l’intervento delle forze dell’ordine, così l’Aula ha svolto le
sue normali attività.
Almeno sei morti, fra i quali forse due poliziotti, e quattro fra i
miliziani, oltre ad almeno 17 feriti; è il bilancio dell’attentato di
ieri a Grozny, in Cecenia, occorso alle otto di mattina nella sede del
Parlamento ceceno, sgominato all’istante, giusto in tempo per convocare
comunque la seduta per il voto sul bilancio. Un blitz, insomma, dai
contorni quantomeno oscuri. A cominciare dalla dinamica e dal numero
delle vittime, che le agenzie russe hanno continuato ad aggiornare e
smentire fino a sera. Secondo la versione ufficiale, ieri, poco dopo
l’alba un veicolo di kamikaze si sarebbe introdotto entro il perimetro
del Parlamento. E fin qui, la versione certa.
Poi fonti non ufficiali parlano di due attentatori che si sono fatti
esplodere, una presa di ostaggi, uno o due poliziotti morti nel
tentativo di immobilizzare gli assaltatori. Secondo una testimonianza
riportata dall’organo di controinformazione Radio Europa Libera, «il
Parlamento è stato crivellato da colpi di mitragliatrice e
lanciagranate. Poi la sicurezza ha cominciato a rispondere, innescando
una vera e propria battaglia». Ma le forze pro-russe hanno subito
minimizzato la minaccia, sottolineando la prontezza della risposta da
parte delle forze governative armate da Mosca; e il presidente ceceno
Ramazan Karyrov, protetto del Cremlino, ha subito chiamato il premier
russo Vladimir Putin per compiacersi della disfatta dei guerriglieri.
Insomma da un punto di vista di immagine si è risolto tutto in un
successo per la Russia, che sulla Cecenia – tappa cruciale per il
transito degli oleodotti dal Caspio - mantiene il pugno di ferro.
E casualmente proprio ieri mattina c’era Rashid Nurgaliev, il ministro
degli Esteri russo, in visita a Grozny, che ha commentato con
soddisfazione: «I guerriglieri hanno tentato di introdursi nel
Parlamento. Il tentativo è fallito grazie all’intervento delle forze di
sicurezza». Difficile capire se l’episodio di ieri segnerà l’inizio di
una nuova fase del conflitto ceceno; se Kadyrov può contare sulla
protezione russa per mantenere il controllo del territorio, è anche vero
che le forze ribelli sembrano aver esteso la propria influenza oltre
confine, destabilizzando anche Daghestan e Inguscezia.
Ad alimentare il malcontento c’è anche la brutalità delle forze di
sicurezza russe e russo-cecene, brutalità resa nota grazie ai racconti
della giornalista Anna Politkovskaya, uccisa nel 2006. Esiste poi una
complessa rete di rapporti fra clan e diversi movimenti islamisti; una
rete di cause ed effetti che il governo Kadyrov non ha certo risolto. E
forse proprio a questo puntavano ieri gli attentatori del parlamento, a
dimostrare all’ospite venuto da Mosca che la Cecenia, a venti anni dallo
scoppio del conflitto, non è ancora domata. Ma per ora l’intento
spettacolare dei miliziani si è risolto in un successo militare per il
presidente Kadyrov.