NUOVA DELHI, 3 luglio 2009 (IPS) - Le colture
geneticamente modificate (GM) in grado di sopportare particolari stress
ambientali potrebbero essere una risposta al cambiamento climatico, ma
con una forte azione di lobby si sta cercando di bloccare i brevetti
delle tecnologie connesse, soprattutto quando derivano dalle naturali
innovazioni dei metodi agricoli tradizionali.“I tratti di resistenza al clima che i giganti
della biotecnologia agricola hanno brevettato sono il risultato di
evoluzioni secolari nelle tecniche agricole dei contadini”, osserva
Vandana Shiva, attivista per la difesa della sicurezza alimentare di
fama internazionale di Nuova Delhi.
Shiva ha spiegato che i
“giganti del gene” stanno accumulando “un disastro dopo l’altro”, nel
guardare al cambiamento climatico come un’opportunità di profitto
economico.
“Basandosi su questa nuova forma di biopirateria,
l’industria biotech si presenta come il ‘salvatore del clima’, facendo
credere a governi e popolazioni che, se non fosse per loro, non
esisterebbero semi con capacità di resistenza al clima”, sostiene
Shiva. “Con le loro vaste pretese su tutte le colture e tutti i tratti
di resistenza, l’industria sta chiudendo ogni possibilità di futuro
adattamento al cambio climatico”, ha aggiunto.
Shiva ha fatto
il nome di quattro imprese - BASF Bayer in Germania, Syngenta in
Svizzera e Monsanto e Dupont negli Usa, leader nel tentativo di
accaparrarsi i geni “climate-ready”, che permettono alle colture di
sopportare alluvioni, siccità, ingresso di acqua salata, temperature
più calde, radiazioni ultraviolette e altri effetti previsti del
cambiamento climatico.
Nel 2001, il gruppo creato da Shiva, la
banca di semi di ‘Navdanya’, ha riportato un successo contro la
multinazionale Usa RiceTec, che reclamava la proprietà sui tratti dei
semi della sua varietà di riso basmati a chicco lungo. Dopo aver
dimostrato che la varietà di RiceTec conteneva materiale genetico
sviluppato dalle varietà degli agricoltori, l’Ufficio brevetti e marchi
americano ha bocciato le richieste della società Usa.
Navdanya,
inoltre, insieme a Greenpeace e al gruppo di agricoltori indiano Bharat
Krishak Samaj (BKS), ha fatto ricorso e fatto revocare, nell’ottobre
2004, i brevetti ottenuti sulla varietà indiana di grano “Nap Hal”
della Monsanto, leader mondiale dei semi GM. Un annuncio pubblicitario della Monsanto recita:
“Nove miliardi di persone da sfamare. Cambiamento climatico. Come
faremo?”, per poi indicare le colture GM come la risposta. Molti paesi
in via di sviluppo però hanno rifiutato sementi e colture geneticamente
modificate in favore delle pratiche agricoli tradizionali, basate sulla
conservazione dei semi dopo il raccolto, invece che sull’acquisto di
sementi modificate dalle multinazionali.
Il mese scorso,
Navdanya ha pubblicato una lista di centinaia di colture resistenti al
cambio climatico salvate dalla popolazione in diversi stati dell’India,
ma i cui brevetti sono stati acquisiti dalle multinazionali del gene.
L’idea di diffondere la lista, come parte del rapporto “Biopirateria
delle colture resistenti al clima”, era per spingere i policy-maker
indiani ad includere le possibilità di tecniche agricole innovative e
partecipative nel piano d’azione nazionale dell’India sul cambiamento
climatico, incentrato sulla biotecnologia.
Shiva
vede aprirsi qualche speranza nel fatto che i governi, a cominciare da
quelli dei paesi del G77 e la Cina, abbiano cominciato a capire
l’importanza di escludere le tecnologie climate-friendly dai brevetti,
nei negoziati sul cambio climatico di Bonn del 1-12 giugno scorso.
La
Cina e il G77 hanno proposto che “vengano immediatamente intrapresi
tutti i passi necessari per escludere per legge i brevetti sulle
tecnologie climate-friendly detenuti dai paesi elencati nell’Allegato
II, che possono essere utilizzate per la mitigazione e l’adattamento al
cambiamento climatico”.
L’Allegato II della Convenzione contiene
una lista di 24 paesi sviluppati con obblighi finanziari. La proposta
“no ai brevetti” è una delle tante proposte ambiziose avanzate dai
paesi in via di sviluppo per superare le barriere della proprietà
intellettuale per il trasferimento e l’accesso alle tecnologie
compatibili con l’ambiente - environmentally-sound technologies (ESTs)
- per la mitigazione e l’adattamento al clima.
Le proposte
sono state presentate nel quadro di "accelerare l’innovazione nello
sviluppo e trasferimento di tecnologie", uno degli elementi costitutivi
del Piano d’azione di Bali (BAP) adottato dalle Parti alla Convenzione
quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC) nel dicembre 2007.
I
paesi sviluppati, in particolare Giappone, Canada, Australia, Svizzera
e Stati Uniti hanno insistito per avere un forte regime di diritti di
proprietà intellettuale, anche opponendosi all’utilizzo di licenze
obbligatorie, previste dall’Accordo TRIPS.
Le Filippine hanno
proposto che: “Vengano immediatamente intrapresi tutti i passi
necessari in tutti i forum di maggiore rilevanza per escludere per
legge i brevetti sulle tecnologie compatibili con l’ambiente che
possano essere utilizzate per la mitigazione e l’adattamento al
cambiamento climatico”.
La Bolivia ha proposto che le Parti
“intraprendano tutti i passi necessari in ogni paese per escludere per
legge nei paesi in via di sviluppo i brevetti sulle tecnologie
compatibili con l’ambiente per la mitigazione e l’adattamento al
cambiamento climatico, incluso nei paesi sviluppati, attraverso
finanziamenti da parte di governi o agenzie internazionali” e “revocare
nei paesi in via di sviluppo tutti i brevetti già esistenti sulle
tecnologie compatibili con l’ambiente essenziali/urgenti per la
mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico”.
La
proposta boliviana prevede anche di creare immediatamente e fornire
“nuovi e ulteriori fondi che siano adeguati, prevedibili e sostenibili
per centri tecnologici d’eccellenza nei paesi in via di sviluppo per la
ricerca e lo sviluppo soprattutto sulle tecnologie per la mitigazione e
l’adattamento [al clima]”.
L’anno scorso, il Gruppo ETC di
Ottava, un’organizzazione per la difesa dell’agricoltura di
sussistenza, ha pubblicato un rapporto da cui emergeva che le major
della biotecnologia stavano sfruttando il cambiamento climatico per
potersi affermare sui mercati delle sementi.
L’ETC avvertiva,
nel rapporto “Brevettare i ‘geni climatici’… e prendere in mano
l’agenda del clima”, dei pericoli delle tecniche agricole nel settore
pubblico attraverso l’affermazione delle corporation sul mercato dei
semi, documentando circa 530 richieste per geni di piante legate al
clima.
Ai negoziati di Bonn, erano evidenti i timori del suo
presidente, che ha infatti proposto di creare una commissione di
consulenza o ente designato per “risolvere in modo proattivo il
problema dei brevetti e dei diritti di proprietà intellettuale per
assicurare sia migliori innovazioni che un migliore accesso alle
tecnologie per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento
climatico”. ©IPS(FINE/2009)
Cambiamento climatico: un’opportunità per la biopirateria?
Colture e clima: dove vanno le multinazionali
3 / 11 / 2009
