La decisione di Borissov apre la via a elezioni legislative anticipate, dal momento che il paese sarebbe dovuto andare alle urne il prossimo luglio.

Bulgaria: la piazza dimissiona il Governo

21 / 2 / 2013

Dopo 10 giorni di proteste di strada contro la povertà – a tratti caratterizzate da episodi violenti e scontri– il primo ministro della Bulgaria, Boiko Borisov ha consegnato ieri le proprie dimissioni al parlamento.

Negli ultimi giorni i manifestanti hanno organizzato proteste molto partecipate che in alcuni casi sono diventate violente. Alcune persone hanno lanciato pietre, bottiglie, uova e petardi contro la polizia che era di guardia al quartier generale della società elettrica ceca CEZ – una delle più grandi dell’Europa dell’est – e ai palazzi governativi. Martedì gli scontri hanno causato 25 feriti.

Il primo ministro Borisov, del partito di centrodestra GERB (in bulgaro, “Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria”), era sotto pressione da diversi giorni per le proteste di piazza contro l’aumento dei prezzi: la manifestazione più grande, che ha riunito diverse migliaia di persone, si è svolta domenica in diverse città del paese ed è stata tra le più partecipate dalla fine del comunismo.

I manifestanti accusano alcune società straniere (le ceche CEZ e Energo-Pro, l’austriaca EVN) di gonfiare i prezzi per aumentare i profitti dopo che hanno preso il controllo del mercato dell’energia bulgaro, in seguito alla liberalizzazione del settore nel 2004. Per cercare di calmare le proteste, Borisov ha tolto l’incarico al ministro delle finanze Simeon Dyankov e ha ordinato il pagamento urgente di milioni di euro di sussidi agli agricoltori, un’altra categoria che era a un passo dalla protesta di piazza.

La decisione di Borissov apre la via a elezioni legislative anticipate, dal momento che il paese sarebbe dovuto andare alle urne il prossimo luglio.

In una dichiarazione rilasciata dopo aver rassegnato le dimissioni, il premier, scrivono i media, ha rivendicato “dignità e onore”, aggiungendo “il popolo ci aveva dato il potere, oggi glielo abbiamo restituito”.

Secondo la Costituzione, il presidente bulgaro Rossen Plevneliev dovrà proporre a tre partiti parlamentari – l’attuale partito di governo di centro destra, la principale forza d’opposizione i socialisti e a una terza formazione scelta dal capo di Stato – di formare un governo ad-interim fino al nuovo voto.

Ma il caso bulgaro dimostra tutto il suo interesse se si vanno ad analizzare le motivazioni e le modalità che hanno portato alla caduta del governo.

Il paese più povero dell’Unione Europea (nella quale è entrata nel 2007) con i suoi 400 euro di salario medio mensile presenta dai macroeconomici invidiabili: il deficit pubblico è del 1,4%, il tasso di indebitamento è del 17%. Anche la disoccupazione, certo non bassa all’11,9%, è meno preoccupante di altri paesi europei.

Il problema della Bulgaria è la povertà dei lavoratori e il loro malcontento. Un malcontento che è esploso nelle scorse settimane dopo che a gennaio le bollette dell’elettricità sono letteralmente raddoppiate rispetto al mese precedente.

Un aumento che si è trasformato nella classica miccia che accende le polveri e che in pochi giorni ha provocato un’ondata di manifestazioni in tutto il paese contro le misure d’austerità e la povertà.

A niente è servito il tentativo del premier di stemperare le tensioni riducendo (dell’8%) i prezzi dell’elettricità o il sacrificio dell’impopolare ministro delle Finanze, licenziato per calmare le proteste.

Le manifestazioni sono proseguite. Solo a Sofia tra lunedi e martedi si sono contati 28 feriti, tra i quali cinque poliziotti. Tra martedi e mercoledi due uomini si sono dati fuoco in segno di protesta in provincia di Sofia. Uno è morto e l’altro è ricoverato in gravi condizioni.

Anche le dimissioni del premier rischiano di non bastare per calmare la situazione, visto che, almeno per ora, sembra confermata la grande manifestazione convocata per domenica prossima per manifestare contro tutta la classe politica nazionale.

Secondo sondaggisti e analisti politici locali e internazionali, comunque, non è chiaro che tipo di governo possa emergere da nuove elezioni. Il vantaggio dei socialisti viene indicato come limitato, ma soprattutto, spiegano gli esperti, il prossimo governo dovrà attuare una serie di riforme definite “indispensabili” ma fortemente impopolari.

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Tratto da: atlas