Brasile - La corruzione della lotta alla corruzione

12 / 6 / 2019

Il golpe suave a Dilma nel 2016, l’incriminazione a Lula nel 2017, la sua successiva incarcerazione nel 2018 a pochi mesi dalle elezioni e l’intera inchiesta “lava jato” (autolavaggio), sarebbero stati influenzati dal giudice Sergio Moro - ora “superministro” della giustizia e della sicurezza pubblica -assieme al pubblico ministero Deltan Dallagnol con l’obiettivo, poi raggiunto, di ostacolare la possibile rielezione di Lula e favorire l’ascesa del governo di ultradestra di Bolsonaro.

Lo scandalo che ha investito in queste ore Sergio Moro e l’esecutivo è partito da un’inchiesta giornalistica del sito giornalistico The Intercept [1], fondato e diretto dal giornalista Glenn Greenwald, già vincitore del Premio Pulitzer e colui che aveva aiutato Edward Snowden a svelare i segretissimi programmi di sorveglianza del governo statunitense. I materiali pubblicati mostrano come il giudice Sergio Moro istruiva e consigliava il pubblico ministero Deltan Dallagnol sulle indagini, con il chiaro obiettivo di arrivare all’incriminazione di Lula.

Secondo lo stesso Greenwald «Sergio Moro, allora giudice, ma ora ministro della giustizia di Bolsonaro, complottò segretamente con i pubblici ministeri per costruire l'esatto procedimento penale contro Lula che giudicò poi: una palese violazione dell'etica giudiziaria e della giustizia di base». E ancora, «in sintesi, il processo che ha imprigionato Lula e lo ha reso non idoneo alla corsa presidenziale - aprendo la strada all'ascesa al potere di Bolsonaro - è stato alimentato da illeciti, abusi di potere e inganni politicizzati».

Il #MoroGate, come è stato prontamente ribattezzato, non dovrebbe però suscitare troppo stupore: chi non ha la memoria corta dovrebbe ricordare come, già dall’impeachment di Dilma, si palesasse un evidente accanimento giudiziario ai danni dei dirigenti del PT, mentre dall’altro lato si cercava di insabbiare le stesse e forse più pesanti responsabilità di chi allora “guidava” la restaurazione conservatrice, ovvero quel Michel Temer che sostituì la presidente deposta e che solo dopo l’insediamento di Bolsonaro finì dietro le sbarre.

Caduta Dilma, l’obiettivo del giudice Moro e della destra brasiliana è diventato Lula. Infatti, nonostante le accuse di corruzione, nonostante tutti gli errori e i limiti dei suoi governi e nonostante alla fine fosse finito in carcere, l’ex presidente godeva ancora di un grande appoggio popolare, tanto da rimanere in testa ai sondaggi fino al definitivo divieto dei giudici di candidarsi, appena un mese prima delle elezioni. Il giudice Sergio Moro ha avuto quindi un ruolo centrale nelle dinamiche che hanno portato Bolsonaro a vincere le elezioni: con l’inchiesta “lava jato” e con una astuta propaganda aveva assunto il ruolo di giustiziere dei corrotti dell’establishment, che agli occhi dell’opinione pubblica erano rappresentati dai dirigenti del PT. In realtà la corruzione in Brasile è a livello sistemico: nella precedente legislatura, quella che ha deciso di incriminare Dilma e Lula e di “salvare” Temer, oltre i due terzi dei parlamentari avevano procedimenti giudiziari per corruzione aperti. Le notizie di queste ore dimostrano che anche chi indagava sui politici corrotti era corrotto e ha utilizzato le indagini per fini politici.

Le intercettazioni di The Intercept hanno di fatto messo in luce il modus operandi di questa ultradestra che ha aperto un nuovo ciclo conservatore nel continente latinoamericano ed è rappresentata da presidenti come Bolsonaro appunto, Macri, Duque e Piñera. Sono destre che giocano sporco, che non hanno limiti etici, che usano la violenza contro i nemici politici, che utilizzano mezzi leciti e non leciti per raggiungere i loro obiettivi. Proprio per questi motivi non è scontato che le rivelazioni di The Intercept avranno delle ripercussioni sull’esecutivo, tenuto conto anche dell’appoggio incondizionato che gode dagli altri apparati di potere come l’esercito. 

Dall’altra parte invece è proprio il superamento dei limiti etici ad aver indebolito le forze progressiste del continente: se queste rivelazioni hanno messo in dubbio la colpevolezza di Lula per come è stato pilotato il processo e spinto gli avvocati a chiedere l’immediata scarcerazione, è anche vero che molti altri dirigenti del PT sono finiti nelle maglie della corruzione. Inoltre, non è solo una questione di reati: se da un lato va riconosciuto a Lula il merito di aver sottratto alla povertà estrema milioni di brasiliani, dall’altra parte va ricordato che le sue politiche non hanno però ridistribuito le ricchezze o diminuito le disuguaglianze ma anzi hanno favorito le grandi multinazionali brasiliane tra le quali anche Odebrecht, al centro dello scandalo lava jato, come spiega bene in questo articolo Raúl Zibechi [2], politiche che sono state alla base della perdita di consenso popolare e alla conseguente perdita di potere reale.

Dal sito The Intercept intanto assicurano che queste sono solo le prime rivelazioni di cui sono in possesso e che nei prossimi giorni ne verranno pubblicate altre. Non resta che attendere, non tanto per capire in quali altri scandali Moro e la nuova destra brasiliana sono implicati, quanto piuttosto se queste rivelazioni avranno la forza di avere ripercussioni su uno dei governi più temuti e pericolosi dell’intero continente.

[1] https://theintercept.com/2019/06/09/chat-moro-deltan-telegram-lava-jato/

[2] https://brecha.com.uy/inocente-o-culpable/