Bosnia, sei mesi dopo la grande rivolta

Dopo le manifestazioni di febbraio ora tutto tace ma le proteste hanno cambiato la coscienza dei cittadini

19 / 9 / 2014

Sono passati sei mesi dalle grandi manifestazioni di piazza che per settimane hanno attraversato le più importanti città della Bosnia-Erzegovina. Le immagini degli scontri nelle strade di Tuzla oppure dei palazzi governativi e cantonali in fiamme hanno fatto il giro del mondo. Sembrava fosse l'inizio di una primavera bosniaca, di una nuova stagione di lotte contro la classe politica del paese balcanico. Le proteste hanno portato alla costruzione dei “plenum”, le assemblee di cittadini, che inizialmente hanno vissuto una grande partecipazione. Infatti i protagonisti di quelle giornate di febbraio ritengono l'esperienza dei “plenum” fondamentale, in quanto hanno permesso di riunire i cittadini, di cercare di renderli nuovamente attivi in politica, di far sentire la loro voce. Per la prima volta dopo la fine della guerra i bosniaci hanno manifestato tutti uniti senza distinzioni tra croati, serbi e musulmani. Questo è sicuramente il più grande lascito del movimento di febbraio oltre alla riscoperta della partecipazione attiva alla vita politica del paese.

La situazione che si presenta ora è di calma assoluta. Solo negli ambienti accademici si parla ancora ogni tanto di democrazia diretta, movimenti sociali ecc. L'ultimo sussulto significativo del movimento dei “plenum” risale al 9 maggio scorso durante l'inaugurazione della “Vijecnica”, la grande biblioteca di Sarajevo distrutta durante la guerra dei Balcani. In quella giornata centinaia di persone provenienti da tutta la Bosnia si ritrovarono a contestare le massime autorità del paese, presenti al taglio del nastro, con le solite richieste; dimissioni del governo della Federazione, stop alla corruzione e al nepotismo, sostegno alle politiche sociali, lotta alla disoccupazione.

Da allora tutto tace. I media non parlano più e i cittadini sono tornati alla loro quotidiana lotta per la sopravvivenza. I plenum non ci sono più, quello di Sarajevo si è addirittura scisso in due gruppi. Uno di loro, quello più “massimalista”, caratterizzato da una più spiccata coloritura pro-bosgnacca e anti-Dayton, ha continuato a presidiare giornalmente, in gruppetti di mezza dozzina di persone, il marciapiede davanti alla presidenza.

Molti attivisti ritengono che il momento di stasi sia dovuto all'avvicinarsi delle elezioni politiche previste per Ottobre. Non è chiaro quale potrà essere l'effetto delle manifestazioni sulle elezioni visto che il movimento è sempre stato scrupoloso nell'evitare i contatti con i partiti politici e non ha voluto crearne uno proprio. Gli attivisti sostengono che il valore della rivolta cittadina vada ricercato nei plenum e non nelle imminenti elezioni.

Se è vero che i plenum ormai sono finiti e la gente non scende nelle strade è altrettanto vero però che il malcontento della popolazione non si è affatto indebolito. A Tuzla di recente alcuni lavoratori riuniti attorno al sindacato indipendente “Solidarnosti”, soprattutto quelli delle aziende che si trovano in enormi difficoltà dopo processi di privatizzazione finiti malissimo, hanno manifestato per rivendicare i loro diritti. Si tratta di un sindacato nato dopo le manifestazioni dell'inverno scorso, creato da un gruppo di lavoratori insoddisfatti del lavoro dei sindacati ufficiali, che non sono altro che un'emanazione dei partiti politici. Il suo obiettivo è di espandersi in tutto il paese nonostante le autorità stiano ostacolando in tutti i modi le procedure di registrazione perché evidentemente temono la rabbia dei lavoratori.

Un altro fatto accaduto una decina di giorni fa ha inoltre sconvolto tutta la Bosnia; la morte di 5 lavoratori di una miniera di carbone a Zenica, in seguito a una scossa di terremoto di magnitudo 3,5. Una tragedia annunciata visto il pessimo livello di sicurezza in cui sono costretti a lavorare i minatori bosniaci. Tutto il paese si è stretto intorno alle vittime, la cui morte rappresenta agli occhi di molti il simbolo dell'ingiustizia e dell'indifferenza nei confronti delle condizioni dei lavoratori in Bosnia Erzegovina.

La corruzione continua a pervadere il paese, la povertà e la disoccupazione non diminuiscono ed è solo questione di tempo perché la gente scenda nuovamente nelle piazze. Sarà difficile fermare un popolo che dopo aver vissuto per molto tempo senza coscienza civica, prima sotto gli imperi, poi sotto un sistema monopartitico, ora si è reso conto che ha dei diritti, che può alzare la voce ed usare il proprio tempo per cambiare lo stato di cose presenti. E' un cambiamento che certamente non può avvenire da un giorno all'altro ma lentamente, passo dopo passo, non tarderà ad arrivare.