La propaganda di guerra lascia migliaia di morti sul terreno. Ribelli divisi. Damasco si rafforza

Bombardamento al gas Nervino

Gli impianti chimici per la produzione dei gas sono stati forniti alla Siria dai paesi europei.

22 / 8 / 2013

Bombe al nervino. Attivisti siriani hanno accusato le forze del presidente Assad di averle usate nel pesante bombardamento del 21 agosto nelle aree vicine a Damasco sotto controllo dei ribelli.
Il Comitato locale di coordinamento dell'opposizione al regime ha riferito di corpi portati in un ospedale da campo a Kafr Batna, a Est della capitale.


«Circa 1.300 uccisi, tra cui donne e bambini, sono il risultato del barbaro uso di gas letali da parte del regime criminale nelle città dell'Est Ghouta», ha denunciato l'opposizione.
La denuncia, che non può essere verificata in maniera indipendente, è arrivata nel giorno della visita a Damasco di un team Onu di esperti di armi chimiche.


Fonti del governo siriano, citate dall'agenzia ufficiale Sana hanno però smentito l'uso di armi chimiche, affermando che si è trattato solo di «un tentativo di ostacolare il lavoro degli ispettori dell'Onu», attualmente in Siria.
Testimoni oculari hanno detto che l'attacco è cominciato intorno alle 7 ora locale (le 6 ora italiana) con bombardamenti aerei e lancio di razzi.

Il dato reale rimane l’incancrenirsi della guerra civile dove chi ci rimette maggiormente sono, appunto, i civili, in termine di massacri come quello di ieri, in termini di esodi di massa verso l’Iraq, verso l’Iran, verso la Turchia, verso il Libano e la Giordania ed infine verso l’Europa: gli ultimi sbarchi in Sicilia sono di barconi colmi di profughi siriani. Si calcolano siano circa 2 milioni gli esodati negli ultimi due anni: 1.200.000 all’interno ed 800.000 mila negli stati confinanti. Il dato politico-militare è il rafforzamento della posizione di Assad.

L’opposizione. L'opposizione militare al regime si è divisa in due tronconi. Da una parte il Free syrian army (Esercito libero siriano) pronto a creare una piattaforma di coordinamento anche con le potenze occidentali, a partire dagli Stati Uniti. Dall'altra le 13 sigle del Fronte islamico per la liberazione della Siria, uscite a fine anno dal fronte comune delle opposizioni per proclamare uno Stato islamico nel Nord e nell’Est del Paese.
Questo secondo fronte islamico, a sua volta, è frammentato. Da una parte i gruppi di tipo qaedista come la brigata al Tawheed e Jabhat al Nusra, quest'ultimo dichiarato illegale dagli Stati Uniti.
Dall'altra quelli legati alla Fratellanza musulmana (e quindi con forti con legami con il Qatar e la Turchia). Le differenze erano note, ora si sono trasformate in guerra tra milizie.
A maggio Al Nusra si è unita ai ribelli islamisti iracheni, dando vita al gruppo militare Stato Islamico di Siria e Iraq (Isis): il nome indica l'intenzione di creare una regione propria, contendendo il territorio agli stessi membri del Free syrian army.


Secondo quanto denunciato dai ribelli, l'11 luglio nella provincia settentrionale di Latakia i qaedisti hanno ammazzato Abu Bassir al-Ladkani, uno dei membri del consiglio supremo del Free syrian army. E i due gruppi hanno iniziato a contendersi due posti di frontiera a Bab El-Hawa e Harem: ovvero i punti di passaggio per le munizioni e il greggio. I ribelli islamici, impegnati a combattersi tra loro, hanno insomma lasciato spazio alla offensiva di Assad, che in pochi mesi ha ripreso forza sia ad Homs, storica roccaforte ribelle, sia ad Aleppo, seconda città della Siria, considerata per qualche tempo la città della battaglia finale che avrebbe messo fine alla guerra.

I curdi nel Nord. Dal luglio scorso, sempre nel Nord del Paese, al confine con Turchia e Iraq, si registrano scontri a fuoco tra i guerriglieri islamici di Jabhat al Nusra e i militanti siriani curdi, rappresentati dall'unione delle Unità di difesa del popolo curdo, del Partito dell'unione democratica e dei miliziani del partito curdo dei lavoratori (Pkk). L'obiettivo è ottenere prima un'amministrazione transitoria e poi un governo autonomo del Kurdistan siriano che vorrebbero istituire entro la fine del 2013. Sulla stessa area gli islamisti vorrebbero il loro emirato. Il risultato è un altro conflitto che per ora vede prevalere i curdi liberatori trionfanti della città di Ras al Ain.

La crisi dei Fratelli Musulmani. Con la destituzione armata – avvallata dagli USA - del presidente egiziano Morsi, esponente della Fratellanza musulmana e rappresentante del progetto di un nuovo islam politico, sunnita e popolare, il dittatore siriano ha rafforzato la sua immagine politica: Assad (e prima di lui il padre Hafez) hanno infatti sempre dichiarato illegale la Fratellanza, che, anche in Siria, è ora nuovamente isolata. Non solo,  ha anche convinto qualche osservatore, come sembra suggerire la cautela diplomatica, che non sempre la restaurazione è dannosa. Se l'Occidente vacilla e i Paesi del Golfo arretrano, gli unici fermi e granitici nelle loro posizioni restano gli alleati storici di Assad: Russia e di rimando Cina.