Ore 4.40, il sole che sorge ci coglie
all'interno di una gabbia. Noi, gruppo di Pax Christi mescolati ai
palestinesi. Benvenuti al check point che porta da Betlemme a
Gerusalemme.
Noi, che di solito ci arrabbiamo quando il treno ritarda
mezz'ora, siamo qui, ad ascoltare persone che si alzano alle 3 per
cercare di arrivare al lavoro alle 8. Scene di ordinaria follia. Ma la
follia non è in chi sta lì in fila che, anzi, è tranquillo, paziente e
amichevole anche con noi che siamo lì per osservare ma che in qualsiasi
momento possiamo passare nell'altra corsia, quella breve, dedicata agli
internazionali.
La follia è in chi quella gabbia l'ha inventata. Un
giocattolo non ancora sufficiente. Perché dopo la gabbia c'è il
tornello, che apre e chiude a seconda della buona voglia del soldato, e
poi c'è il controllo passaporti e poi l'impronta del dito e poi il metal
detector. Giù le cinture. Attenzione. Sicurezza. La telecamera osserva
uomini rassegnati, umiliati che si tengono i pantaloni con le mani,
proprio loro, gente per la quale il pudore è tutto. Eppure sono pieni di
dignità; ci sorridono e ci raccontano le loro storie.
Gli occhi lucidi
sono i nostri. La rabbia è la nostra, soprattutto quando un bambino e la
madre entrano nel tornello; lei passa, il bimbo no. La madre comincia a
urlare, ma nessuno le dà retta. Eccole le scene di ordinaria follia.
Intanto gli uomini riescono ad arrivare di là e corrono, corrono perché a
Israele anche l'ora è nemica. Oltre la barriera, sono già le 9. Qui
ogni giorno è così. Su tutto questo veglia il muro. Su tutto questo ogni
giorno sorge il sole nell'indifferenza collettiva.
Il nostro viaggio è concluso. Ci salutiamo con un contributo dell'amico Flavio
ASPETTANDO PALESTINA
Una sera su una terrazza di Beit Jala,
fuori c'è la Palestina, la sua gente,
la luna rossa si affaccia sull'Oriente
sulle lontane luci delle case di Giordania
una sera di chiacchiere e caffè
aspettando che si compia un nuovo segno della storia.
Una sera con le parabole di Abuna Raed,
una sera tra amici nel giardino di Abud
una sera di frutta secca e fumo d'argilè
aspettando che si possa camminare
da questi oliveti fino al mare.
Una sera di zanzare
sotto il cielo circondato di At-Tuwani,
sulla terra benedetta di At-Tuwani,
aspettando di vedere un libero orizzonte
il giorno che tra Davide e Mohammed ci sia un ponte
aspettando che quel giorno sia domani
mentre resistiamo per restare umani.
Un gomitolo di lana nel salotto di casa di Abuna
per ricucire quello che ci piace
e che con ostinazione
continuiamo a chiamare pace.
una sera a Deisha liberata
Palestina non è morta,
Palestina vive,
Hebron ascolta:
tornerà la chiave per riaprire la tua porta.
Una giornata nella sabbia del deserto
aspettando una scossa della natura
aspettando l'onda del Giordano
che riporti acqua e frutta a tutta la pianura
e che trasformi tutti questi sassi in grano.
Una sera per le strade della vecchia Gerusalemme
una sera solo per esistere
una vita intera esistendo per resistere
aspettando la fine del maledetto impero
aspettando che cada anche l'ultimo pezzo di muro.
Tre bandiere sventolano a Ramallah, sopra la Muqata
dello stesso vento che passa sul deserto
e soffia fino a Gaza:
un giorno tutta questa terra la chiameremo casa.
Team di Ricucire la pace 2011
Betlemme 25 agosto 2011. Report n.4