Betlemme - Una mattina al Check Point

25 / 8 / 2011

 

Ore 4.40, il sole che sorge ci coglie all'interno di una gabbia. Noi, gruppo di Pax Christi mescolati ai palestinesi. Benvenuti al check point che porta da Betlemme a Gerusalemme.

Noi, che di solito ci arrabbiamo quando il treno ritarda mezz'ora, siamo qui, ad ascoltare persone che si alzano alle 3 per cercare di arrivare al lavoro alle 8. Scene di ordinaria follia. Ma la follia non è in chi sta lì in fila che, anzi, è tranquillo, paziente e amichevole anche con noi che siamo lì per osservare ma che in qualsiasi momento possiamo passare nell'altra corsia, quella breve, dedicata agli internazionali.

La follia è in chi quella gabbia l'ha inventata. Un giocattolo non ancora sufficiente. Perché dopo la gabbia c'è il tornello, che apre e chiude a seconda della buona voglia del soldato, e poi c'è il controllo passaporti e poi l'impronta del dito e poi il metal detector. Giù le cinture. Attenzione. Sicurezza. La telecamera osserva uomini rassegnati, umiliati che si tengono i pantaloni con le mani, proprio loro, gente per la quale il pudore è tutto. Eppure sono pieni di dignità; ci sorridono e ci raccontano le loro storie.

Gli occhi lucidi sono i nostri. La rabbia è la nostra, soprattutto quando un bambino e la madre entrano nel tornello; lei passa, il bimbo no. La madre comincia a urlare, ma nessuno le dà retta. Eccole le scene di ordinaria follia. Intanto gli uomini riescono ad arrivare di là e corrono, corrono perché a Israele anche l'ora è nemica. Oltre la barriera, sono già le 9. Qui ogni giorno è così. Su tutto questo veglia il muro. Su tutto questo ogni giorno sorge il sole nell'indifferenza collettiva.

Il nostro viaggio è concluso. Ci salutiamo con un contributo dell'amico Flavio

ASPETTANDO PALESTINA

Una sera su una terrazza di Beit Jala,

fuori c'è la Palestina, la sua gente,

la luna rossa si affaccia sull'Oriente

sulle lontane luci delle case di Giordania

una sera di chiacchiere e caffè

aspettando che si compia un nuovo segno della storia.

Una sera con le parabole di Abuna Raed,

una sera tra amici nel giardino di Abud

una sera di frutta secca e fumo d'argilè

aspettando che si possa camminare

da questi oliveti fino al mare.

Una sera di zanzare

sotto il cielo circondato di At-Tuwani,

sulla terra benedetta di At-Tuwani,

aspettando di vedere un libero orizzonte

il giorno che tra Davide e Mohammed ci sia un ponte

aspettando che quel giorno sia domani

mentre resistiamo per restare umani.

Un gomitolo di lana nel salotto di casa di Abuna

per ricucire quello che ci piace

e che con ostinazione

continuiamo a chiamare pace.

una sera a Deisha liberata

Palestina non è morta,

Palestina vive,

Hebron ascolta:

tornerà la chiave per riaprire la tua porta.

Una giornata nella sabbia del deserto

aspettando una scossa della natura

aspettando l'onda del Giordano

che riporti acqua e frutta a tutta la pianura

e che trasformi tutti questi sassi in grano.

Una sera per le strade della vecchia Gerusalemme

una sera solo per esistere

una vita intera esistendo per resistere

aspettando la fine del maledetto impero

aspettando che cada anche l'ultimo pezzo di muro.

Tre bandiere sventolano a Ramallah, sopra la Muqata

dello stesso vento che passa sul deserto

e soffia fino a Gaza:

un giorno tutta questa terra la chiameremo casa.

Team di Ricucire la pace 2011

Betlemme 25 agosto 2011. Report n.4