Il treno del mattino che parte da Il Cairo e arriva ad Alessandria è cambiato: da mercoledì 13 febbraio, un nuovo scompartimento è riservato solamente alle viaggiatrici. Nelle prossime settimane, altri due convogli - quelli per Zagazig (Sharqeya, nel Nord-Est della regione del Delta) e al Qanater al-Khaireyah (40 chilometri a Nord-Ovest della capitale) - verranno forniti di carrozze per signore.
Il provvedimento amministrativo è stato adottato dal Governo Morsi a seguito di una escalation di violenze sulle donne, in particolare sulle donne che manifestano o che presenziano ad iniziative di piazza antigovernative o antislamiche, andando così a creare i presupposti normativi per l’introduzione di un sistema di apartheid sessuale in Egitto.
Dagli attivisti blogger la misura è stata percepita e raccontata come un primo passo verso l’islamizzazione del Paese, l’introduzione della sharia, dopo il travagliato arrivo al potere di Mohamed Morsi e dei Fratelli musulmani.
Il fenomeno delle violenze sessuali durante le manifestazioni sta crescendo in modo allarmante in Egitto, facendo nascere in pochi mesi numerose organizzazioni per difendere le manifestanti durante la proteste e per organizzare corsi di autodifesa, come ha fatto Tahrir body guard.
In
una conferenza stampa anche il presidente del Consiglio nazionale della donna,
Mervat Tellawi, ha attaccato i partiti e i movimenti islamici, accusandoli di
dichiarazioni ostili alle donne. «Bisogna smettere con queste dichiarazioni»,
ha affermato Tellawi, che ha denunciato l'esistenza di «bande organizzate che
praticano le molestie e le violenze sessuali durante la manifestazioni».
«È ora che tutti lavorino per affrontare questo fenomeno», ha detto, invocando
una legge che consenta di intervenire con severità. «Tutti i responsabili
politici devono prendere questo problema molto seriamente», ha sottolineato.
Intanto
un telepredicatore salafita egiziano intanto ha accusato i manifestanti di
essere «al 90%» donne copte o vedove che vanno in piazza «per essere
violentate» ed è stato denunciato da attivisti copti, fra i quali Naguib
Gobrail, capo dell'Unione egiziana per i diritti umani, per blasfemia e
diffamazione, incitamento alle molestie sessuali e attacco alla pace sociale.
Durante una trasmissione della sua catena tivù Umma Ahmed Abdallah,
conosciuto come Abu Islam, ha affermato che le manifestanti sono «puttane e
senza morale», e che quelle non velate sono diavolesse.
Ma, quella degli scompartimenti riservati
alle donne, non è una novità assoluta: nei vagoni della metro del Cairo già dal 2008 esisteva una separazione
tra uomini e donne. Non imperativa per queste ultime, la suddivisione del
tragitto per sessi doveva essere tassativamente rispettata dagli uomini. Pena
la sollevazione femminile di tutto il vagone e una valanga di insulti che
ricoprivano il malcapitato fino al momento della sua uscita (fatto salvo per i
venditori ambulanti carichi di fazzoletti, biro colorate e specchietti).
Un provvedimento antipalpeggiamenti efficace, ma non certo la risoluzione al
problema delle molestie sessuali, che funesta la città sovrappopolata. Tant’è
che la separazione dei viaggiatori vale solo nelle ore di punta: dopo le 21 la
quarta e la quinta carrozza rosa della metro, si ripopolano di uomini e
ragazzi, senza sollevare alcun reclamo dalle donne presenti.
La ressa e la calca sono infatti due fattori
chiave delle molestie e degli stupri. E le proteste di piazza sono – loro
malgrado - un incubatore di violenza: dal 25 gennaio ci sono stati quasi 30
stupri a Tahrir.
In piazza la violenza segue un rituale preciso. Una volta individuata la
ragazza, il baltagheya (ovvero il teppista) si incarica di far scoppiare
una rissa non lontano dall’obiettivo. Contemporaneamente un altro gruppo di
almeno cinque uomini si lancia sulla ragazza. Alla “prima cerchia”, seguono
altri 10, 20 uomini. In alcuni casi possono diventare anche 100. Intorno alla
ragazza si formano così circoli di uomini ammassati, mentre le cerchie esterne
li proteggono da chiunque cerchi di intervenire. Questi stupri pubblici sono avvenuti,
con più frequenza, quando in piazza Tahrir sono presenti in massa gli
attivisti, i simpatizzanti dei Fratelli Mussulmani e dei salafiti, tanto da
indurre le manifestanti donne a radunarsi solo in una specifica area della
grande piazza. Le proteste e le iniziative non finiscono qui e le donne della
‘primavera araba’ non si lasciano intimidire e rilanciano: per salvaguardarsi
dall’insabbiamento delle inchieste sugli stupri e stimolare la società civile,
alcune ragazze e ragazzi in piazza si
sono organizzate in gruppi di pattuglia volontari, come Tahrir Bodyguard e
Operation Anti-Sexual Harassment. E avnzano la richiesta di sopprimere la
divisione per sesso delle classi alle scuole primarie, mentre nelle ultime
marce anti-harassment si sente urlare: «Invece di controllare le vostre figlie,
educate i vostri figli».