Sono tredici anni e mezzo che gli Stati Uniti col supporto della NATO e quindi dell’Italia hanno invaso, combattono, vigilano, controllano l’Afghanistan; solo a dieci anni dall'invasione, il 2 maggio 2011 le forze speciali statunitensi hanno condotto un'azione ad Abbottabad, vicino ad Islamabad, uccidendo Osama Bin Laden. Per l’amministrazione Obama è stata l’occasione per definire un piano di rientro da quel Paese, affidando le sorti civili all’infido Karzai.
L’occupazione del Afghanistan è stata motivata come offensiva contro il terrorismo internazionale dei Talebani dopo l’attacco agli Usa, quali centrale del capitalismo mondiale, l’11 settembre 2001, ma seguitata anche con il pretesto di ristabilire il rispetto dei diritti umani e civili nella società di quel paese.
La realtà dei fatti che ci viene consegnata oggi è ben lontana da quelle pretese motivazioni e giustificazioni di quella guerra, della guerra ancora in corso. Gli strateghi militari NATO da tempo conducono una trattativa con rappresentanti della guerriglia che controlla militarmente oltre metà dello stato, nel mentre procedono all’eliminazione dei leader qaedisti con i droni. Lo stesso presidente Karzai, spesso, se ne esce con indignate affermazioni circa la contraddittorietà dell’azione militare e di intelligence degli Usa e nel frattempo concede sempre maggior spazio all’affermazione dei principi islamici e della sharia nella strutturazione formale della società afghana, producendo un ritorno ad un passato che non passa, ne è esempio l’ultima perla passata in parlamento che, di fatto, reintroduce il delitto d’onore.
Una nuova legge
approvata dal parlamento e in attesa di ratifica da parte del presidente Hamid
Karzai fa ripiombare l'Afghanistan nell'incubo della violenza sulle donne.
Se l'iter istituzionale dovesse andare a buon fine, sarebbe infatti molto più
semplice per gli uomini afgani malmenare le proprie mogli e farla franca. Allo
stesso tempo, sarebbe molto più difficile contrastare il fenomeno delle spose
bambine e impedire qualsiasi tipo di violenza nei confronti di donne o minori.
Tutto grazie a una piccola modifica del codice di procedura penale nazionale,
che impedisce ai parenti delle persone accusate di testimoniare nei processi a
loro carico. Una misura altamente significativa nel momento in cui la maggior
parte delle violenze in Afghanistan, come in Italia, si consumano tra le mura
domestiche.
Per chi, come Manizha
Naderi, direttore di un gruppo di tutela delle donne afgane, si è battuto per
anni per arginare le violenze lasciate in eredità dal regime degli integralisti
islamici, si tratta di un provvedimento gravissimo.
I delitti d'onore, un'abitudine tristemente consolidata, potrebbero diventare
impossibili da perseguire, così come i matrimoni forzati o il commercio di
spose bambine.