Acte XVIII: l'assalto al cielo dei gilet gialli

17 / 3 / 2019

«Il 16 marzo è l'inizio della primavera» si legge nell’appello del XVIII atto dei gilet gialli. Per la prima volta viene chiamata a raccolta tutta la popolazione francese: precari, disoccupati, sottopagati, mendicanti, donne vittime della violenza patriarcale, migranti. Tutta la moltitudine che si è mobilitata in questi tre mesi nel territorio nazionale ha invaso le strade di Parigi. L'obiettivo? È semplice. Andare da Macron e costringerlo alle dimissioni.

gilet gialli

La fase di dialogo aperta da Emmanuel Macron non sembra aver convinto le piazze francesi. Il giorno della chiusura della prima fase gran débat, si capisce fin da subito che non sarà un sabato come gli altri. Da un mese ormai il «16 marzo» echeggia ovunque, «l’assalto al cielo» è la nuova parola d’ordine di un movimento che tiene sotto scacco il governo da quattro mesi. Negli ultimi giorni si sono moltiplicate iniziative, appelli e assemblee che hanno chiesto uno sforzo a tutti i gilet gialli di Francia: convergere massivamente a Parigi per dare un Ultimatum al governo e destituire Macron. E di farlo in un giorno che vede sfilare nella capitale due grandi cortei nazionali, per la giustizia climatica e contro le violenze poliziesche e il razzismo di Stato. Organizzate da più di cento organizzazioni ecologiste da un lato e dalle famiglie vittime di violenze poliziesche e collettivi di migranti dall’altro, le due manifestazioni avevano come obiettivo dichiarato quello di convergere nel corteo fluo, per unire tutte le rivendicazioni

I gilet gialli, discreditati da mesi di campagna mediatica, sono stati accusati di razzismo e antisemitismo, ritenuti colpevoli inoltre di coltivare un’opposizione silenziosa alla transizione energetica. Nelle ultime settimane diversi volti pubblici del movimento e tante assemblee locali hanno "chiamato" a unire le forze per costruire un fronte antirazzista e ecologista contro il governo Macron, appoggiando i due cortei della capitale.

Gli scontri sono stati violentissimi fin dalle prime ore. Decine di migliaia di manifestanti si sono riversati sugli Champs-Élysées da i quattro rendez vous: Gare du Nord, Gare de St Lazare, Châtelet e Montparnasse. Per tutto il giorno manifestanti e polizia si sono fronteggiati in diversi punti del centro. La polizia è stata messa completamente sotto scacco: incapace di intervenire si è tenuta ai margini degli Champs lanciando lacrimogeni ed è stata più volte respinta nelle strade laterali. Il grido di battaglia è «rivoluzione oggi».

Per ore ci sono stati tantissimi saccheggi, mai come oggi (Nike, due ristoranti di lusso di cui uno usuale per molti politici, Fouquet's, Swarovski, banche). Alcune banche sono state date alle fiamme, mentre si sono intensificati a metà pomeriggio gli scontri con i Crs, posizionati ai lati delle strade, che hanno usato idranti, lacrimogeni, granate e flashball. In serata, mentre la polizia recuperava metri, diverse manifestazioni sauvages sono partite nelle strade adiacenti, con manifestanti che continuavano a spuntare ovunque. Il bilancio è di circa duecento fermi e decine di feriti. Ma ancora più importante è il bilancio politico della giornata, che è stata concepita e si è realizzata nel segno di nuove alleanze, allo scopo di sferrare un attacco finale a Macron e al suo governo.