A Mosca una folla anti-Putin

150mila manifestanti contro il presidente e le sue nuove leggi anti-protesta

13 / 6 / 2012

Se il Cremlino voleva spaventare i suoi avversari con le perquisizioni della vigilia nelle case dei nomi più in vista dell'opposizione, decisamente non c'è riuscito: e Vladimir Putin ha persino dovuto abbozzare un tentativo di dialogo. La giornata di ieri, festa nazionale (il 12 giugno 1991, data dell'elezione di Boris Eltsin a primo presidente della Russia, è considerata la data di nascita della nazione), ha visto a Mosca una delle manifestazioni anti-Putin più grandi che si ricordino, nonostante la nuovissima legge che impone multe pazzesche a chi partecipa a manifestazioni non autorizzate e nonostante le intimidazioni degli ultimi giorni. 

150 mila partecipanti secondo gli organizzatori, nella realtà probabilmente di meno ma comunque sempre tantissimi per gli standard moscoviti, hanno percorso i boulevard della capitale fino all'enorme via Sakharov, luogo del comizio conclusivo, con slogan molto semplici e duri («Putin vattene», «Putin ladro» e così via), sotto lo sguardo arcigno di 12.000 poliziotti mobilitati per l'occasione ma rimasti poi senza far nulla perché tutto si è svolto in modo pacifico. 

Alla fine, un temporale ha reso più rapido lo scioglimento della folla e più arduo il concerto previsto per il dopo-manifestazione. Visto che i nomi più noti dello schieramento di opposizione (il blogger Aleksei Navalny, la star televisiva Ksenia Sobchak, il leader liberale Ilya Yashin e altri) erano assenti perché convocati in procura dopo le perquisizioni di ieri nelle loro case, il ruolo di leader è rimasto sulle spalle dell'unico di loro che ha sfidato la procura ignorando la convocazione e presentandosi invece in piazza, il comunista Sergei Udaltsov - che ha indicato il 7 ottobre prossimo, 60mo compleanno di Putin, come data per la prossima maxi-manifestazione di protesta. Si temeva che per Udaltsov scattasse l'arresto, ma questo non è avvenuto e anzi la procura ha fatto sapere che i convocati non sono imputati ma soltanto «testimoni». Al fianco di Udaltsov, una ampia schiera di oratori mandati sul palco da ogni tipo di organismo - comitati locali, ambientalisti, movimenti lgbt, gruppi di estrema sinistra e di estrema destra - nonché alcuni vecchi navigatori della politica russa come gli ex premier e vicepremier Mikhail Kasyanov, peraltro fischiato dalla folla, e Boris Nemtsov. 

Moltissime bandiere rosse, a segnare una prevalenza della sinistra militante all'intero del composito schieramento sceso in piazza; lo slogan più importante è «Non ci spaventeranno, finché siamo uniti non possiamo essere sconfitti». Ma, a render chiaro che il problema principale è proprio quello dell'eterogeneità, ci sono anche moltissimi «neri» ultranazionalisti, con le loro bandiere, i loro emblemi fascisteggianti e le loro parole d'ordine anti-stranieri, anti-immigrati e anti-americani che contrastano radicalmente con le intonazioni «liberal» e filooccidentali di molti leader, oltre che con gli slogan «rossi» e sociali della maggioranza.Hanno sfilato in tronconi di corteo separati, comunisti di qua, nazionalisti di là, studenti universitari da un lato, gay e ambientalisti da un altro, convergendo alla fine nello stesso comizio - non senza qualche tensione interna, soprattutto fra i nazionalisti e i sostenitori dei movimenti lgbt e del gruppo punk-femminista Pussy Riot. 

Una rappresentante di quest'ultimo, tre componenti del quale sono in carcere da mesi per aver inscenato un brevissimo concerto-happening dentro la cattedrale del Cristo Salvatore, ha criticato da palco il patriarcato ortodosso per il suo totale sostegno a Putin: è la prima volta che la chiesa viene messa esplicitamente sotto accusa nel corso di queste manifestazioni antiregime. Nelle stesse ore in cui si svolgeva il raduno contro di lui, il presidente Putin ha tenuto un discorso per la festa nazionale in cui ha fatto un aperto cenno alla necessità di un dialogo politico: un «dialogo sul presente e sul futuro della Russia fra tutte le forze politiche presenti nel paese (...) come avviene di norma in una società democratica (...) È importante che ci ascoltiamo e ci rispettiamo reciprocamente, cercando una mutua comprensione e un compromesso...». 

Ancora, secondo Putin, «le manifestazioni e le discussioni accese (...) sono normali in un paese libero e il nostro popolo ha scelto questa strada. Quel che non è accettabile è che si danneggi e si divida il paese». Non che queste parole significhino qualcosa di preciso, naturalmente, ma un segnale di incertezza lo mandano comunque, e l'opposizione non dovrebbe mancare di coglierlo. Del resto, che a Mosca non ci siano solo botte e repressione è ovviamente ben testimoniato dal fatto che la manifestazione di ieri è stata autorizzata senza difficoltà e si è potuta svolgere tranquillamente.

** Di Astrit Dakli, tratto da ilmanifesto.