9 Gennaio: Spagna al centro (del futuro) dell'Europa

18 / 1 / 2016

In questi ultimi giorni le difficoltà spagnole di creare un governo e i recenti avvenimenti catalani hanno fatto passare sotto silenzio all'estero, ma non in Spagna, un importante evento accorso nel Nord della penisola iberica. Il 9 Gennaio a Bilbao, capoluogo della generalità autonoma basca, viene indetta da Sare (associazione che si occupa della situazione dei prigionieri baschi) insieme ad una vastissima coalizione di forze politiche e sociali, una manifestazione per richiedere il rispetto dei diritti umani dei membri dell'ETA incarcerati e considerati prigionieri politici, la fine della loro dispersione per il territorio spagnolo e francese, l'inizio di un un percorso di pace e di dialogo democratico tra baschi e spagnoli, che non può non iniziare con lo smantellamento di una politica penitenziaria vendicativa che viola i diritti dei prigionieri e delle loro famiglie. Nel comunicato con cui si convoca la manifestazione si legge che alla marcia “sono chiamati a partecipare tutte le persone con ideologie politiche, professioni, attività culturali e sociali differenti. Poiché tutti e tutte apparteniamo ad una sola società, quella basca, e non desideriamo che nel nostro nome si continuino a violare i diritti umani di qualcuno”.

Il dichiarato obbiettivo di mobilitare l'intera società basca e fare della manifestazione uno strumento di dichiarazione della sua volontà non si è rivelato velleitario, ma una realtà di fatto in termini quantitativi e qualitativi. La marcia ha visto, secondo le stime ufficiali citate dal quotidiano spagnolo El Mundo, 70 000 partecipanti a Bilbao, 10 000 a Bayonne nei paesi baschi francesi. La manifestazione ha coinvolto uomini e donne di differenti strati sociali e di tutte le età.

Hanno aderito e partecipato non solo associazioni a difesa dei diritti dei prigionieri baschi, i sindacati, le formazioni indipendentiste e il collettivo dei prigionieri dell'ETA, ma anche Rosa Rodero, vedova di un poliziotto della polizia regionale basca ucciso dall'ETA; o Idoia Muruaga sorella di un prigioniero membro dell'Euskadi Ta Askatasuna; così come molte personalità conosciute della società basca tra cui il cantante Kepa Junkera, politici indipendentisti ed il decano del collegio degli avvocati di Bizkaia.

Tutti uniti dal desiderio di iniziare un processo di pace, convivenza e dialogo con gli spagnoli nel rispetto delle aspirazioni basche. Un processo che l'ETA stesso ha voluto aprire nel 2011, dichiarando la fine della propria attività armata a favore dell'attività politica non violenta e democratica per raggiungere l'autodeterminazione e il socialismo per il popolo basco.

Eppure a 4 anni dallo storico annuncio, le autorità spagnole e francesi non hanno intrapreso alcuna azione a favore del ritorno ad una piena normalità o anche solo di dialogo con la società basca, ignorando completamente la volontà, manifestata moltissime volte da un'immensa maggioranza basca, di porre fine alla sofferenza e sottolineare la necessità di chiudere le ferite rimaste aperte.

Tutt'oggi sono 402 i prigionieri baschi nelle carceri francesi e spagnole, solo 2 si trovano nell'Euskadi, gli altri sono distribuiti in vari istituti penitenziari francesi e spagnoli, nel primo caso principalmente al Nord, nel secondo al Sud, tenuti il più lontano possibile dalla propria città di origine. La maggioranza dei baschi vede tale situazione come un vero e proprio esilio in terra straniera, un doppio castigo, uno per i prigionieri e l'altro per le loro famiglie e amici. Situazione inaccettabile per degli Stati democratici, che di fronte ad una simile manifestazione di volontà popolare, che ogni anno si ripete, non pongono in discussione la propria politica.

I baschi con questa manifestazione danno una grande lezione di partecipazione democratica e di politica popolare, dimostrando l'alto grado di mobilitazione gravitante attorno all'idea dell'identità basca, anche in contrapposizione a quella spagnola.

Partecipando alla manifestazione sono rimasto colpito dalla moltitudine di bandiere, non solo basche, ma Catalane, precisamente quelle con la stella rossa degli indipendentisti anticapitalisti. Queste bandiere erano il simbolo della vicinanza basca al popolo catalano in un momento a dir poco fondamentale per la storia d'Europa, della Catalogna. Un momento di autodeterminazione popolare e di scelta del modello stesso di sviluppo sociale ed economico.

La marcia del 9 Gennaio, come già detto, giunge infatti in un momento critico per la Spagna, che monopolizza i riflettori della stampa internazionale. Per la prima volta dall'inizio della transizione democratica iniziata nel 1975 con la fine del franchismo, il Paese iberico si trova senza governo a causa dei risultati elettorali che vedono il Partito Popolare primo partito senza maggioranza assoluta e con poche possibilità di creare una coalizione che gliela possa garantire. Infatti l'unica possibilità - appoggiata dalle élite del Partido Popular - è quella di una grande alleanza sul modello tedesco con il PSOE, integrando anche la nuova piattaforma conservatrice Ciudadanos arrivata quarta alle elezioni, che ha già dichiarato di essere disponibile a qualsiasi coalizione purché essa non comprenda Podemos, divenuto ormai terzo partito spagnolo col 20% dei voti e scardinatore del bipolarismo madrileno.

Questo progetto è ostacolato però dalla volontà di Pedro Sanchez, nuovo segretario socialista, di seguire l'esempio portoghese e guardare quindi alla sinistra radicale rappresentata da Podemos ed agli autonomisti catalani, galiziani e baschi, per diventare alfiere di una politica alternativa, contro l'austerità, facendo fronte alle crescenti emergenze sociali spagnole come la disoccupazione al 22% o la situazione abitativa. Tuttavia questo accordo è minato dalla radicale contrapposizione delle due forze politiche, Podemos e il PSOE, su due punti: il referendum sull'abolizione della monarchia e la riforma costituzionale. La riforma è strettamente legata al destino della Catalogna, la cui autorità regionale ha iniziato un percorso che entro 18 mesi dovrebbe portare all'unilaterale dichiarazione dell'indipendenza catalana, dal momento che il governo centrale, facendo leva sulla costituzione che lo vieta, non permette lo svolgimento di un referendum riconosciuto sul modello di quanto accaduto in Scozia. Podemos è favorevole ad una riforma costituzionale che permetta di svolgere un referendum riconosciuto dallo Stato spagnolo, dando ai Catalani la possibilità di esprimere la propria volontà; il PSOE rifiuta qualsiasi ipotesi che possa contemplare anche solo la possibilità di un parziale smembramento dell'unità del Regno di Spagna. Il ruolo chiave di Podemos nelle consultazioni per il nuovo governo, è dovuto ad un risultato elettorale non derivato da una cavalcata populistica del diffuso, generale e bipartisan malcontento popolare dovuto alla crisi, ma ad una precisa strategia e visione politica.

Per comprenderle tornano in aiuto i Paesi Baschi, infatti se a livello nazionale la formazione di Iglesias si pone come terza forza politica, qui è la prima - per percentuale di voti, ma non di seggi -, grazie all'enorme afflusso ottenuto da chi poco tempo prima votava EH Bildu, la coalizione delle formazioni indipendentiste basche di sinistra, passata dal 24,39% delle consultazioni del 2011 al 15,02% di questo dicembre. Parallelamente Podemos è passato dal 13.93% al 26%. Tale spettacolare aumento però non è dovuto esclusivamente al dissanguamento della sinistra indipendentista basca, ma anche ad una sorprendente affluenza ai seggi, attestatasi al 71,45% degli aventi diritto. La forza nata dal movimento degli idignati non è la prima solo nei Paesi Baschi, ma anche in Catalogna e in Galizia, due regioni con forti tensioni autonomiste ed indipendentiste. Dato interessante è che in entrambe non si è presentata col proprio simbolo, ma in coalizione in entrambi i casi con Izquierda Unida (iU) e varie formazioni locali. In Catalogna questi sono i partiti verdi ed ecosocialisti “Iniziativa per i Catalani Verdi”, “Equo” e la piattaforma Barcelona en comùn in cui confluiscono tutti i precedentemente citati partiti ecologisti, più la formazione cittadina di Podemos e “Processo Costituente”, soggetto che si definisce movimento sociale indipendentista che si batte per l'affermazione di un nuovo modello sociale che comporti la fine del capitalismo. Questo movimento secondo diverse indiscrezioni è ritenuto vicino alle posizioni del CUP, con cui condivide praticamente il progetto politico e in cui sembrano essere confluiti numerosi voti.

In Galizia la lista comune è stata chiamata “En Marea” ed oltre iU, ha coinvolto Anova, formazione indipendentista ed anticapitalista. Da non dimenticare nemmeno il risultato positivo ottenuto nella Generalità Valenciana, dove Podemos è arrivata seconda con il 25,09% dei voti, grazie ad una lista, Compromís-Podemos-És el momento, presentatasi nei tre collegi Valenciani, comprendente oltre Podemos, la piattaforma “Compromis” formata da Bloc Nacionalista Valencià, Iniciativa del Poble Valencià, Verds-Equo del País Valencià e Gent de Compromís. Nel complesso queste tre coalizioni territoriali hanno garantito a Podemos un terzo dei suoi seggi in Parlamento. Esse sono il risultato della nuova linea intrapresa da Podemos a partire da due anni fa, che l'ha portata ad una maggiore attenzione circa le questioni regionali ed a parlare di una Spagna Plurinazionale. Podemos è oggi non “solo” il movimento degli indignati, è il partito della democratizzazione del centralismo spagnolo, da secoli influenzato da un castigliocentrismo che ha posto ai margini della vita politica e sociale della Spagna le minoranze nazionali e i loro specifici interessi e diritti, diventando di fatto politica oppressiva ed antidemocratica. Il movimento di Iglesias riesce a portare all'attenzione – ed all'interno della rappresentanza nazionale a Madrid – le istanze locali, riconoscendo il diritto di autodeterminazione dei territori e delle genti, che non possono non venire insieme alle rivendicazioni circa nuovi modelli economici, sociali e la lotta per i diritti dei lavoratori, tutte battaglie che non possono essere viste come compartimenti stagni, alternative le une alle altre, ma necessariamente unite come componenti di una coerente lotta per una Spagna in cui vengano garantiti benessere e giustizia sociale per tutti.

In poche parole parole Podemos è la forza politica che per la prima volta in Spagna può e vuole portare a compimento quella transizione postfranchista lasciata a metà che al posto della sovranità popolare ha visto sostituirsi quella di un monarca e delle oligarchie di partito al servizio degli interessi delle classi più agiate.

Gli ultimi avvenimenti in Catalogna lasciano presagire l'inizio di un percorso verso l'indipendenza per Barcellona, che da una parte può essere un esempio per altre nazionalità minoritarie nella battaglia per ottenere maggiori diritti ed una riforma costituzionale, ma dall'altra rischia di allontanare il PSOE e l'elettorato stesso da Podemos, per finire tra le braccia del PP in nome dell'esistenza stessa della Spagna come oggi la conosciamo. Questo vorrebbe dire la sopravvivenza del centralismo spagnolo, la perseveranza di una politica reazionaria erede del franchismo incapace di ascoltare aspirazioni periferiche in grado di mobilitare intere popolazioni come quelle basche, portando forse ad una radicalizzazione ulteriore dello scontro. Ci troviamo di fronte a giorni decisivi per la Spagna, l'Europa stessa, in cui le tensioni tra stati centrali e minoranze alimentate dalla crisi si fanno sempre più forti. In giorni in cui le onde catalane, basche e la reazione di Madrid si rivelano come momenti decisivi circa l'Europa in cui si vuole vivere, facendoci domandare se superare definitivamente il modello degli Stati-nazione tradizionali e dare voce all'autodeterminazione territoriale, nonché aprendo la via, forse, alla teorizzazione – e alla pratica - di una federazione dei territori europei attraverso cui dare vita ad un'Europa di eguali.

Non ci resta che seguire attentamente la situazione dall'altra parte del Tirreno e sostenere i militanti di Podemos affinché la loro visione d'una nuova Spagna, plurinazionale, repubblicana, possa diventare una realtà concreta.