Zio, com'è che la tratti così?

Riflessioni a stomaco pieno: il natale in famiglia che insegna quanto c'è da imparare

Utente: saraeva
30 / 12 / 2012

Per anni mi è sembrato assolutamente naturale vedere i miei zii che dicevano: “Andiamo a letto, che mi è venuto sonno”, e si alzavano per uscire dalla casa in cui si svolgeva la cena di famiglia seguiti da una moglie fedele, abituata, magari ironica ma tutto sommato effettivamente facente le funzioni del cagnolino.

Oppure vedere i cuginetti maschi che si sedevano sul sedile davanti in macchina: papà al volante e mamma dietro, anche se loro avevano magari solo nove anni. Tutto normale, neanche me ne sono mai accorta che qualcosa non quadrava.

Eppure è li che mi soffermo ogni volta, adesso che sono “grande”, su questi dettagli che dettagli non sono. Avrò anche avuto la sfiga di avere una cerchia famigliare non particolarmente colta e urbana ma temo che la mia non rappresenti una situazione parentale così fuori dalla media, anzi. E così, ogni volta, finisco per fare battute o chiedere ironiche spiegazioni sui comportamenti maschilisti che mi trovo a vivere, e solo perché più dell’ironia non so cosa inventarmi visto che ho due opzioni soltanto: ricoprire il ruolo della post-femminista rompicoglioni (così rischio di essere vissuta se insisto, per quanto sorridendo) o stare zitta e portare avanti la tradizione famigliare che vede i maschi non far nulla di nulla quando si tratta di cucinare, lavare, sparecchiare (anche se si lavora tutti e tutte, durante la giornata) e invece ricoprirti di insulti (affettuosi ma in fondo sinceri) perché è dato dal tuo genere il fatto che sicuramente non sai fare manovra quando ci sono neve e ghiaccio.

È su queste apparenti piccolezze che mi soffermo, perché mi fa bollire il sangue vedere i bambini che senza saperlo e senza colpa introiettano l’idea dell’inferiorità e dell’incapacità femminile, che io con fatica mi strappo di dosso pezzo per pezzo rovistando ogni giorno dentro e fuori di me. E perché, per quanto nessuno dei miei famigliari resti insensibile alla notizia di un omicidio e nessuno dei miei zii abbia mai picchiato la moglie, nessuno di loro è in grado di recepire il concetto di femminicidio per quello che davvero significa. Sentire al telegiornale che la 122esima donna è stata ammazzata dall’ex marito non li smuove di una virgola: non sono cattivi, no, ma se per me è stato naturale per anni sentirli dire “andiamo a letto che ho sonno” per loro è naturale sentir dire a un giornalista “ennesima donna uccisa dal suo ex compagno, che aveva già denunciato più volte per violenze”.

Ci sono tante cose di cui ci dobbiamo occupare quando si parla di diritti delle donne: salute, sicurezza (nell’accezione inglese di safety, ben diversa da security), libertà di scelta, autodeterminazione, giusta retribuzione al lavoro, maternità consapevole, soldi per i centri antiviolenza ecc. ecc. ecc., e le recenti colossali proteste che si sono scatenate in Irlanda (dopo la morte di una donna a causa del rifiuto dei medici di farla abortire) e in India (dove migliaia di persone stanno lottando per dire basta alla violenza e allo stupro, anche se con toni a volte forcaioli) raccontano di un intero mondo che su questi temi ha davvero moltissimo da imparare e migliorare.

C’è però anche la battaglia culturale che dobbiamo sempre tenere presente: il linguaggio nella comunicazione quotidiana e non, la rappresentazione del femminile nel pubblico e nel privato, l’educazione e la formazione di bambini e adulti ecc. ecc. ecc. E in tutto questo ci stanno anche i miei zii, e quelli di tutti e tutte noi, che non sono troppo vecchi per imparare a rispettare le loro mogli e le loro figlie, per scoprire che possono contribuire ai lavori domestici senza dare per scontato che ci sia la serva, per sorprendersi del fatto che magari la retro la facciamo come o anche meglio di loro (perché in fondo è cosa che non dipende dal genere ma dalle capacità motorie e di coordinazione del singolo essere umano). E non bisogna mollare neanche un centimetro, meglio se con la complicità di quegli uomini che invece hanno scoperto che la parità è bella da vivere, oltre che da rispettare.   

Chissà che un giorno, finalmente, io non possa scorgere l’indignazione negli sguardi di questi uomini con cui sono cresciuta, quando tra un pranzo e una cena di famiglia sentono raccontare che un prete assetato di fama cerca di convincere i suoi fedeli che certe donne muoiono ammazzate dagli uomini perché provocano.