"Viva l'indipendenza": la decolonizzazione tra retaggi storici e tensioni odierne

11 / 10 / 2022

Il 1° ottobre si è tenuto il talk “Viva l’indipendenza”, nel contesto del Festival di Internazionale a Ferrara. Il dibattito ha visto la partecipazione di Francesca Sibani, editor per Internazionale per la sezione Africa, e Pierre Haski, giornalista francese di origini tunisine ed esperto della questione coloniale. 

Il talk si è basato interamente sul numero di Internazionale dello scorso luglio “Viva l’indipendenza”, che ha trattato il tema della decolonizzazione.

Partendo dalla cinematografia, Haski inizia spiegandoci l’enorme differenza che si creò tra la prima generazione, cresciuta dopo la fine dei governi coloniali e ricca di cultura giovanile, e l’austerità di chi invece crebbe in un contesto di colonizzazione. Per questo il giornalista ci ribadisce l’importanza di conoscere questa prima generazione, compresa quella della classe dirigente autoctona che si ritrovò il potere in mano senza forse esser pronta a gestirlo nel modo migliore. In questo caso è necessario, anche attraverso un lavoro di archivio, raccontare la cultura, raccontare il divario tra queste due anime dei paesi ex colonie e anche le difficoltà ad autogestirsi, dovute specialmente alla reticenza delle ex potenze coloniali nello smettere di voler influenzare la politica interna degli ex possedimenti.

Francesca Sibani, curatrice del volume “Viva l’indipendenza”, prende parola lamentandosi dell’uso smodato dell’espressione “decolonizzazione”. Portandoci alcuni esempi concreti (decolonizzazione dell’accademia, addirittura decolonizzazione dell’astrologia) critica l’uso dell’espressione fatto da molti colleghi e colleghe soprattutto nella stampa estera.

La decolonizzazione è un processo complesso dice, iniziato alla fine del secondo conflitto mondiale e della presa di coscienza da parte dei popoli colonizzati, causata anche dal fatto di aver spesso combattuto e contributo alla sconfitta del nazifascismo nei ranghi degli eserciti francese e britannico.

Tuttora risulta un tema molto caldo; si pensi alle recenti polemiche sulle opere d’arte trafugate e ancora adesso nei musei di potenze ex colonizzatrici. Un nuovo tentativo di aumentare la consapevolezza del retaggio coloniale che ancora oggi aleggia in molti stati occidentali si è avuto nell’ambito delle proteste da parte di Black Lives Matter, culminato poi con l’abbattimento di diverse statue di personaggi che in qualche maniera rappresentavano quel controverso passato.

Pierre ci racconta poi di come ci sia ancora oggi nella cultura delle ex colonie una tendenza alla nostalgia della prima generazione di presidenti post-coloniali: grandi nomi, controversi, ma che hanno guidato le nazioni verso l’indipendenza e oltre.

Al netto di alcuni errori (si cita ad esempio la tendenza a uscire dal franco, decisione economicamente molto difficile e controversa) non bisogna dimenticare, spiega il giornalista, le continue ingerenze delle potenze coloniali che, per perseguire i loro scopi, non si sono fatte scrupoli nell’usare anche l’assassinio politico.

Il continente africano è stato così in mezzo a due ingombranti potenze, da un lato gli interessi ex coloniali rappresentati dall’Occidente e dall’altro il tentativo dell’URSS di influenzare la politica dei paesi, anche tramite il supporto a gruppi di guerriglia armata. Situazione che, tra l’altro, è difficile non paragonare a quello che accade ancora oggi, con gli interessi delle grandi compagnie europee, nordamericane e, come per il gruppo Wagner, anche della Russia, scontrarsi con gli enormi investimenti cinesi nell’area.

Il dibattito si conclude commentato la visione storica del volume, che è infatti composto da una raccolta di articoli proprio di quegli anni. Colpisce moltissimo il fermento intellettuale che dagli anni 60’ ha contribuito alle discussioni sul tema della decolonizzazione, animate anche da intellettuali dal calibro di Camus e Sartre.