Vicenza - Festival No Dal Molin

5 / 9 / 2011

Si apre l’ultima settimana di Festival NoDalMolin per i Beni Comuni; alle spalle abbiamo dieci giorni intensi, riempiti da una partecipazione ben oltre le nostre stesse aspettative, non soltanto durante gli spettacoli e nei momenti culturali, ma anche e soprattutto nei luoghi di dibattito e discussione, nei mille capannelli nei quali si divide, come sempre avviene nei momenti in cui le cose da dire diventano di più del tempo a disposizione, il confronto collettivo.

Perché il Festival, fino a ora, è stato soprattutto questo: una grande piazza attraversata da migliaia di persone che non vengono semplicemente a prendere lo spritz o la birra, ma che ci vogliono mettere voce e volto.

Tante donne e tanti uomini, seduti in cerchio, a discutere, condividere, approfondire; sullo sfondo, la crisi, contro la quale cresce la consapevolezza che siano i beni comuni la sfida attraverso la quale impedire che a pagare siano sempre i soliti. Perché la crisi non soltanto è il risultato di politiche economiche e sociali che hanno portato devastazione e militarizzazione, ma rappresenta oggi la nuova clava da utilizzare contro coloro che rivendicano partecipazione e democrazia.

Il Festival, in queste settimane, ha provato a intersecare queste contraddizioni; a partire dai primi di luglio, quando sotto i tendoni del Presidio Permanente si iniziava a discuterne il programma e gli obiettivi, partendo proprio da un altro grande momento di partecipazione, ovvero i referendum che, un mese prima, avevano messo nero su bianco la trasversalità e la portata maggioritaria dei beni comuni. E oggi, a una settimana dalla chiusura dei cancelli, ci accorgiamo che quel percorso è andato oltre le nostre stesse aspettative, radunando in un ex parcheggio persone, comitati, associazioni, pezzi del mondo sindacale che fino a un anno fa avevano percorsi propri e che, in questo momento, provano a camminare insieme.

La sfida, ora, è radicare questa costruzione sociale nelle nostre quotidianità, partendo dall’esperienza fatta in questi anni dalla mobilitazione vicentina per aprire un grande laboratorio di alternativa e pensare le nostre città e le nostra provincia come luoghi nei quali la normalità del potere – spesso, qui a nordest, rappresentata dalla Lega Nord – sia scardinata dalla straordinarietà della partecipazione. Significa ricostruire forme e relazioni sociali e dell’agire politico, mettendosi ancora una volta in discussione, come i vicentini hanno dimostrato di saper fare a partire dal 2006 a oggi.

Significa, soprattutto, guardare gli ultimi giorni di Festival con la consapevolezza che, l’11 settembre, chiuderanno soltanto i cancelli di Park Farini; gli spazi politici che saremo stati in grado di costruire, invece, continueranno a essere aperti perché ognuno di noi possa attraversarli.