«Via i brevetti dai vaccini, presidi di cura diffusi nei territori», la ricetta dei movimenti oltre la sanità-business voluta da Zaia

Nuovamente contestata Azienda Zero: ieri a Padova centinaia in presidio in Corso del Popolo.

21 / 2 / 2021

"Salute pubblica e bisogni delle persone al tempo della sindemia": questo il nome della manifestazione di ieri sabato 20 febbraio che ha riportato la sede padovana di Azienda Zero al centro della critica dei movimenti per la salute nati nel tempo della pandemia. Azienda Zero, già sanzionata lo scorso 13 novembre da un'azione soggettiva dei Centri Sociali del Nord-Est, è la longa mano del “presidentissimo” Luca Zaia sul sistema sanitario regionale.

Ben lungi dall'essere quel modello esemplare di gestione contabile centralizzata come è stata presentata ed imposta dal 2017 in poi, questa agenzia regionale è il connubio della concentrazione di potere verso l'alto - ogni cosa dipende dal Direttore Generale - e dello speculare sradicamento dei presidi di cura dai territori, per centralizzarli in inefficaci mega-plessi ospedalieri.

La manifestazione è il traguardo di un percorso regionale aperto con l'assemblea del 31 gennaio e proseguito con i presidi provinciali nei 7 capoluoghi tenutisi lo scorso 6 febbraio, e cade proprio nel giorno in cui su Azienda Zero ed sul suo direttore generale, Luciano Flor, si accendono i riflettori dell'inchiesta sugli approvvigionamenti paralleli di vaccini anti-COVID, tanto cari a Luca Zaia. Il sistema di governance di matrice aziendalistica, vero principio attivo della pandemia e dell'incapacità di reggere da parte del sistema sanitario regionale, si trova così inconfutabilmente alla corda, e la grande scritta "vergogna" composta dai manifestanti reca il messaggio più chiaro ed incontrovertibile diretto ai decisori politici che hanno tra le mani le vite di milioni di persone.

La dura critica, palpabile in tutti gli interventi, ha evidenziato quanto fallimentare sia il “modello veneto” incarnato da Azienda Zero, orientato al profitto ed alla riduzione della spesa a discapito della funzionalità e della prossimità, e proprio questi due elementi sono invece stati indicati come basilari per un sistema di welfare centrato sui bisogni delle persone e delle comunità. Forte la rivendicazione di mantenere in funzione l'Ospedale S. Antonio in Padova e di riaprire i cinque plessi chiusi nel resto della regione: e per questo servono migliaia di nuove assunzioni, che però il piano sanitario regionale 2019-2023 non contempla. La riscrittura di questa programmazione è stato un punto centrale delle rivendicazioni espresse.

È stata ribadita con forza la richiesta di togliere il copyright ed il segreto industriale dai vaccini, ricordando come siano stati sviluppati grazie a imponenti finanziamenti pubblici e dell'UE, così come l'introduzione di una tassa patrimoniale per finanziare il welfare. Tutti i servizi di medicina generale non legati strettamente al Covid sono stati sospesi, come molti interventi chirurgici programmabili, e la stessa attività di prevenzione e screening; in particolare i consultori, i reparti maternità e post-nascita sono attivi a servizio ridotto mentre per quanto riguarda alcuni elementi della salute sessuale e riproduttiva come le IVG ed i servizi endocrinologici per la transizione di genere hanno subito dei rallentamenti, dato che in un primo momento - durante il primo lockdown - erano stai ritenuti servizi non essenziali: è stato solo grazie a svariate prese di parole in tutto il Paese che si riusciti a tenerli attivi. 

A questo va aggiunto un evidente ostruzionismo di moltissime amministrazioni locali contro contro l'applicazione delle linee guida di Speranza in merito alla Ru486, metodo abortivo non invasivo che permetterebbe di accedere all'IVG anche all'esterno degli ospedali, e che in molti paesi europei già si effettua in telemedicina. Una posizione ideologica e oscurantista, che si accompagna a leggi e delibere che convogliano fondi alle associazioni no-choice e antiabortiste

Negli interventi viene ricordato come "l'OMS definisce la salute come uno stato dinamico di completo benessere fisico, mentale, sociale e spirituale e non la mera assenza di malattia". "La salute non può essere elemento di profitto nel quadro di una sanità aziendalizzata, anzi servono capillarizzazione e presenza di prossimità", presidi di cura oltre alla prestazione sanitaria medicalmente intesa. Le esperienze locali non mancano, il Carcol Olol Jackson a Vicenza è forse l'esempio più vistoso, la neonata rete All You Can Care a Padova è un esperimento che prova a superare la frammentazione delle iniziative solidali per assemblare in chiave mutualistica e rivendicativa anche chi fruisce dei servizi messi in comune.

La lotta al definanziamento e dismissione della sanità pubblica è quindi compresa in uno scenario più ampio, dove il concetto di "cura" significa "prendersi cura" in senso lato, oltrepassando il significato dal punto di vista strettamente medico ed abbracciando una visione olistica. L'emancipazione della "cura" dal giogo del profitto è dunque il nodo fondante di un processo di organizzazione dal basso che guarda a nuove istituzioni mutualistiche, in grado anche di confliggere per difendere come bene comune un sistema sanitario dalle grinfie del business.