Vertice NATO: l'infamia è compiuta

30 / 6 / 2022

In nome dell’“autodeterminazione” del popolo ucraino si consegna quello curdo e gli altri popoli del Rojava al tiranno turco, al mandante di Daesh.

Sapremo poi quali altre brillanti idee usciranno dal vertice NATO di Madrid, se dovremo aspettarci nuove guerre coloniali in Africa o se la sedicente Unione Europea dovrà impegnarsi maggiormente nella lotta per gli interessi americani minacciati dalla Cina in Asia. Per ora abbiamo la certificazione nero su bianco che per i capi di stato del cosiddetto “Occidente” il mondo è tornato al 1914, quando la propaganda strombazzava il sacro principio di “Autodeterminazione dei popoli!”, purché bianchi e possibilmente con gli occhi azzurri e i capelli biondi. La stessa selezione razziale che abbiamo già visto alla frontiera tra Ucraina e Polonia, quella che colpisce i rifugiati di origine africana e asiatica, negando loro di poter fuggire dalle bombe insieme ai profughi considerati abbastanza “bianchi”.

L’Ucraina è il nuovo utile “Cristo delle nazioni”, come durante la Grande guerra lo furono altrettanto utilmente il Belgio (per la propaganda dell’Intesa) e la Polonia (per la propaganda degli imperi centrali e poi anche per l’Intesa in funzione anti-bolscevica). Cristo, si sa, nelle chiese della buona società non puoi certo avere i tratti mediorientali.

L'Ucraina è un paese aggredito, su questo non ci piove, il punto è che il blocco NATO che dice di difenderla è egualmente aggressore e dittatoriale. Se, come si può ancora sperare, Erdogan non avrà completamente campo libero lo si dovrà solo alla presenza in Rojava di truppe russe. Gli aggressori di un popolo diventano il sostegno di un altro. Del resto negli scontri tra imperi è sempre stato così. Solo dei perfetti imbecilli possono credere che esistano imperi “buoni” o “cattivi”.

In questa guerra ormai è chiaro che si scontrano due tipi di “fascismo”: un razzismo appena verniciato di liberalismo (con al proprio fianco un regime islamista) da un lato e dall’altro un nazionalismo imperiale, sostenuto dal peggior fanatismo religioso.

Insomma propaganda tanta, ma differenze reali tra i due schieramenti poche, pochissime. A cominciare dal sistema sociale (con Putin che giura la propria fedeltà all’“economia di mercato” a discapito di qualunque sanzione), proseguendo con il comune palese disprezzo per ogni effettiva democrazia (di fatto ora l’intera NATO si è inchinata al modello turco) e concludendo con la comune negazione del diritto all’auto determinazione del proprio corpo (non c’è da dubitare che la maggioranza della Corte Suprema USA farebbe la felicità del putiniano patriarca Kiril).

La cosa è così chiara che il resto del mondo guarda con palese sufficienza entrambi i "contendenti" cercando di portare a casa più vantaggi e meno rotture di scatole possibili. Cosa del resto più che comprensibile visto che parliamo di popoli che conoscono fin troppo bene cosa si nasconda dietro i grandi discorsi sulla “Civiltà occidentale” o “la Santa Madre Russia”.

Naturalmente anche i governanti del resto del mondo sono un insieme di dittatori e criminali di vario tipo, ma sanno benissimo che non devono prendere sul serio nessuna delle frasette propagandistiche delle due fazioni. Cina e India pensano a massimizzare gli affari, mentre i vari regimi africani sostituiscono le truppe francesi con mercenari russi. In America Latina Bolsonaro è ben lieto di stringere la mano a Putin e Maduro di vendere petrolio agli odiati yankee. Signora mia che tempi! Neanche i dittatori sud-americani prendono più sul serio la buona, vecchia favola dei blocchi “democratici” e “autocratici” o “imperialisti” e “anti-imperialisti”.

Anche la Chiesa cattolica, l’unica istituzione sorta dalla cultura europea ad aver conservato uno sguardo globale e obiettivi universali, fa sapere per bocca del suo massimo dirigente che considera i due schieramenti a pari merito una massa di pericolosi attaccabrighe.

E noi europei? Pare non ci siamo ancora accorti che ora la carogna contesa dai due branchi di sciacalli è proprio il continente in cui viviamo. Sarebbe ora di darsene per inteso.

Oggi dobbiamo scappellarci ad un regime di tagliagole islamisti, fare sanzioni, inviare armi e subire le conseguenze economiche della guerra a comando del padrone d’oltreoceano.

Fino a quando? Non si sa! La pace, se mai arriverà, la negozieranno i turchi, gli israeliani, gli americani, i russi, i cinesi, Zelensky… insomma tutti tranne che noi.

Per noi valgono le vecchie parole di Manzoni:

«L’altrui voglia era legge per lui,
il suo fato un segreto d’altrui,
la sua parte servire e tacere».

Sull'informazione mainstream, sui giornali e in Tv, l'unica alternativa a tutto questo sembra essere un realpoliticismo deteriore. Sacrificare gli ucraini come ora vengono sacrificati i curdi, tornare a scodinzolare alla corte dello Zar per tornare agli affari di prima (mai davvero interrotti, del resto), far vivere tutta la parte orientale del continente sotto l’incubo di una sua invasione.

Nessuno discute davvero il nostro destino di prigionieri nelle gabbie degli staterelli nazionali, patetici ormai quanto lo erano gli staterelli dinastici in cui era divisa l’Italia a metà dell’Ottocento.
Sarebbe ora di liberarci di tutto questo e di fare ciò che andava fatto molto tempo fa: un’Europa davvero unita che liquidi gli stati nazione, si regga in maniera realmente democratica, sappia difendersi da sola, persegua la giustizia sociale e climatica.
Utopia? Un inverno di miseria presto busserà alla porta, la credibilità dei governi europei e delle rispettive ideologie è destinata ad ulteriori ribassi. Con l'ingresso di Svezia e Finlandia, la NATO si è rafforzata militarmente ma le sue classi dirigenti hanno gettato ogni maschera. Impegnarsi in una «guerra per la democrazia» che richiede sacrifici alla popolazione incarnando un sistema identico a quello del “nemico” non è qualcosa che resta senza conseguenze nella società, nella cultura, nella percezione collettiva. Non occorre conoscere i diversi crimini dei due blocchi o essere internazionalisti per capire che di queste classi dirigenti nessuno si può fidare, che delle persone comuni in Ucraina, in Rojava, negli USA, in Europa o in Russia non gliene frega nulla.

Di questo possono approfittarne i fascisti di vario tipo. Ma, oltre ai rischi, in momenti storici simili ci sono anche le opportunità. Come andranno le cose dipenderà anche dalla nostra capacità di offrire un'alternativa al vuoto, in primo luogo etico, che rischia di travolgere l'Europa. Solo attraverso concrete lotte dal basso si può ricostruire davvero la tenuta di una società disgregata, solo fornendo a queste lotte una prospettiva strategica di cambio di sistema economico, valoriale e politico si può superare il fallimento della pretesa «superiore morale occidentale». Solo la prospettiva di una rivoluzione europea può darci un futuro.