Anche questa mattina una decina di attivisti della campagna Welcome (Associazione Razzismo Stop e Centro Sociale Rivolta) sono andati al porto commerciale di Marghera per denunciare l’ennesima violazione dei diritti umani.
Ieri abbiamo appreso dalla stampa la notizia di circa 60 persone a
bordo di un traghetto dalla Grecia che sarebbero arrivate a venezia.
Non appena ci
siamo recati al porto con un blitz che ha oltrepassato le sbarre della
dogana, per chiedere che queste persone avessero la possibilità di
venire informate della possibilità di richiedere asilo,
abbiamo scoperto che erano stati fatti scendere e accolti solo i minori e
che invece nessuno dei 48 adulti provenienti dall’Afganistan voleva
richiedere asilo (questo secondo la Polizia di Frontiera e la
cooperativa Cogess che lavora al porto), quindi sono stati respinti in
grecia.
Ci chiediamo quindi cosa ha spinto 48 persone ad imbarcarsi su un traghetto...
Quello che succede ogni giorno al porto di Venezia viola ogni norma giuridica (come potrete leggere in calce) in materia. La cosa più importante riguarda la sentenza della Corte europea che ha condannato la Grecia per il modo in cui tratta i migranti sulla base dell’art. 3 della Convenzione europea a salvaguardia dei diritti umani (è l’articolo utilizzato contro la tortura e i trattamenti inumani e degradanti) e il Belgio per avere rimandato in Grecia il migrante che è riuscito a fare ricorso.
Più di 40 persone respinte in poche ore. Appena sbarcate, esauste, dopo 30 ore di viaggio nascoste sotto un tir, è stato sufficiente dedicare loro pochi minuti per stabilire il loro destino appeso tra la vita e la morte (la loro vita e la loro morte) e dichiarare che "non volevano chiedere asilo".
L’unica cosa che conta, come sempre, è rimpacchettarle e rispedirle in Grecia "con affido al comandante", prima che la nave con cui sono arrivati riparta. Che importa se poi verranno chiuse in una stanza di ferro, quasi sempre senza bagno e senza cibo (come raccontano decine di testimonianze filmate) per un periodo che va da 25 a 37 ore ( a seconda dello scalo greco)...
Tanto più che il divieto di refoulement verso la Grecia dovrebbe essere generalizzato per chiunque chieda o meno asilo, sia o meno minorenne, visto che, come stabiliscono fonti più che autorevoli (vedi inn calce), in Grecia si sottopongono i migranti ad ogni sorta di trattamento inumano e degradante.
Vogliamo che venga fatta luce su quanto accade ogni giorno al porto, chiediamo che delle associazioni indipendenti abbiano la possibilità di vedere le persone che arrivano e verificare se vengono informate sulla procedura per la richiesta di protezione internazionale e vogliamo che vengano resi pubblici i dati su quante persone vengono respinte ogni anno e sulla base di quali valutazioni si stabilisca che queste persone non possono richiedere asilo e vengano rispedite in Grecia senza essere fatte scendere dai traghetti greci.
RAZZISMO STOP - WELCOME - CENTRO SOCIALE RIVOLTA
Quali norme vengono violate con i cosiddetti “respingimenti con affido al comandante” effettuati dai porti dell’Adriatico verso la Grecia sulla base di un accordo bilaterale del 1999 che è gerarchicamente inferiore alla normativa comunitaria e di tutela dei diritti umani:
1 – Quanto al diritto internazionale a tutela dei diritti umani:
Il
principio che vieta il respingimento in frontiera di quelle persone che
rischiano nel paese di transito, o nel paese di provenienza, in caso di
un successivo “refoulement”, trattamenti inumani e degradanti o minacce
alla vita e alla libertà. Tale principio è istituito dall’art. 33 della
Convenzione di Ginevra del 1951 e recepito nell’applicazione
dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo. La Grecia non è classificabile come un paese terzo sicuro per i migranti respinti;
A questo proposito si vedano le fonti ufficiali sui trattamenti riservati a migranti e richiedenti asilo in Grecia e nello spcifico:
Alto Commissariato Onu per i rifugiati, documento di raccomandazioni del 15 aprile 2008
“la propria preoccupazione per le difficoltà che i richiedenti asilo
incontrano nell’accesso e nel godimento di una protezione effettiva, in
linea con gli standard internazionali ed europei e raccomanda
espressamente i Governi di non rinviare in Grecia i richiedenti asilo in
applicazione del regolamento Dublino fino ad ulteriore avviso”.
Raccomandando invece, ai Governi, “l’applicazione dell’art. 3 (2) del
regolamento Dublino, che permette agli Stati di esaminare una richiesta
di asilo anche quando questo esame non sarebbe di propria competenza
secondo i criteri stabiliti dal regolamento stesso”.
Appello del Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa, Hammarberg
al governo greco “affinché
garantisca i diritti dei richiedenti asilo”, dopo avere definito nel
suo rapporto “alquanto critica” la situazione di migranti e richiedenti
asilo nel paese1. Il Commissario dichiarava la necessità di “apportare
miglioramenti alla protezione dei rifugiati e all’accesso alla procedura
di richiesta di asilo”, e di “applicare le norme internazionali in
materia di detenzione di stranieri e di rimpatrio forzato, nonché
riesaminare l’accordo di riammissione, attualmente in vigore, stipulato
con la Turchia”. Preoccupante la scarsa capacità di accoglienza dei
minori non accompagnati che, osserva, “devono poter vivere in condizioni
umane appropriate e ricevere attenzioni particolari”.
Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che, il 21 gennaio 2011,
che ha condannato il Belgio e la Grecia per l’espulsione di un
richiedente asilo afgano effettuata nel 2009 in applicazione del
Regolamento cosiddetto di “Dublino II”.
La Corte ha ritenuto che il Belgio, decidendo di consegnare un cittadino
afghano alla Grecia, primo stato di ingresso nell’area Dublino, ha violato l’articolo 3 della Convenzione che vieta i trattamenti disumani e degradanti,
nonché gli articoli 13 ( diritto ad un ricorso effettivo) e 46 (forza
vincolante ed esecuzione delle sentenze CEDU) della stessa Convenzione. La
Corte ha anche condannato la Grecia per le gravi violazioni relative al
trattamento dei richiedenti asilo e ha stabilito misure per
indennizzare il ricorrente.
Ma né tutti i documenti sopra elencati né Il fatto che la Grecia sia stata formalmente definita dalla Corte di Strasburgo come un paese che viola i più fondamentali diritti umani dei migranti sembrano però avere in alcun modo scoraggiato i respingimenti informali dalle frontiere italiane dell’Adriatico verso le coste elleniche.
Il
diritto alla difesa e il diritto di ricorso individuale tutelati dagli
articoli 13 e 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo, che si declinano nell’effettiva possibilità
dei migranti di entrare in contatto con un avvocato e di avvalersi
efficacemente delle procedure previste dal diritto interno per
contestare la legittimità dei provvedimenti cui possono eventualmente
venire soggetti;
Il divieto di espulsioni collettive (nelle quali vanno ricomprese anche i casi di respingimento) sancito dall’art.
4 del protocollo 4 allegato alla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo, oltre che dall’art. 19 della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
Gli standard generali dettati dal Comitato Prevenzione Tortura del Consiglio d’Europa,
che prevedono ad esempio che il personale che si occupa di
trattenimento ed espulsione dei migranti sia selezionato con cura e
abbia formazione adeguata, che ogni persona sia informata dei propri
diritti senza ritardo e in una lingua comprensibile, che abbia accesso a
un avvocato e a un medico e sia posta nella condizione di informare una
persona di loro scelta, che vi siano dei sistemi di controllo interni
ed esterni e che ogni operazione di allontanamento ed espulsione sia
documentato in modo accurato e vi sia un fascicolo completo per
ciascuna.
2 - Rispetto alla normativa Ue:
L’art.
13 del Regolamento n. 562 del 15 marzo 2006 (codice frontiere Schengen)
che pretende che ogni respingimento sia disposto con provvedimento
scritto e motivato, avverso il quale sia possibile proporre ricorso
secondo il modello allegato al Regolamento stesso. Secondo il
Regolamento Schengen, infatti, i porti di Venezia, Bari, Brindisi e
Ancona, nel momento in cui vi sbarca una nave proveniente dalla Grecia,
sono frontiere interne dell’Unione europea.
Le garanzie poste dai parametri del Regolamento CE 343/2003 (cosiddetta Convenzione di Dublino II)
secondo la quale, anche laddove fosse la Grecia lo stato competente
all’analisi di una eventuale richiesta di asilo, il richiedente dovrebbe
comunque inoltrare tale richiesta in Italia e solo in un secondo
momento l’unità Dublino dovrebbe valutare l’eventualità del suo
trasferimento.
La
direttiva Ue 2005/85/CE sulle procedure per il riconoscimento dello
status di rifugiato che impone il diritto a un accesso effettivo alle
procedure d’asilo ed esclude qualunque potere discrezionale degli
operatori di polizia nel valutare la di una richiesta di asilo presentata da un immigrato giunto irregolarmente in frontiera.
3 - Rispetto alla normativa italiana:
il
decreto legislativo 25 del 2008 che attua la direttiva 2005/85/CE e che
abroga quindi quella residua parte dell’art. 1 della legge 39 del 1990
(Legge Martelli) ancora in vigore, che consentiva all’autorità di
polizia di ritenere manifestamente infondata una richiesta di asilo.
Tale decreto stabilisce una serie di rigide garanzie per i minori non accompagnati.
Nonostante
le modifiche imposte dal successivo decreto legislativo n. 159 del 2008
resta l’imposizione per le autorità di frontiera di trasmettere
immediatamente qualsiasi domanda di asilo o di protezione sussidiaria
alla competente Commissione territoriale.
Lo stesso Testo Unico sull’immigrazione n. 286 del 1998
e successive modifiche, laddove l’art. 10 stabilisce al quarto comma
che le procedure di respingimento in frontiera non si applicano “nei
casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l’asilo
politico, il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero l’adozione
di misure di protezione temporanea per motivi umanitari”.
Posto che i respingimenti semplicemente non dovrebbero avere luogo in quanto apertamente in contrasto con la tutela dei diritti umani fondamentali, il minimo indispensabile sarebbe almeno che si rendessero pubblici:
i
dati relativi agli arrivi di cittadini di origine straniera al porto di
Venezia e dati precisi rispetto ad eventuali respingimenti effettuati
“con affido al comandante” dei suddetti cittadini verso la Grecia;
informazioni
puntuali relative al contesto del porto di Venezia circa il rispetto
della normativa internazionale, Ue e nazionale sopra citata e dei
diritti fondamentali da esse tutelati;
precise
informazioni rispetto al trattamento e ai procedimenti applicati ai
suddetti cittadini da parte della polizia di frontiera italiana, nonché
precise garanzie rispetto al fatto che per ciascuno di essi sia stato
redatto e conservato un apposito fascicolo.