L’INVALSI SALE IN CATTEDRA
L’8 marzo 2013 il governo Monti ha dato vita al SVN (Sistema Nazionale di Valutazione), un sistema mai discusso all’interno delle scuole e anzi bocciato da moltissimi collegi docenti quando fu proposto sotto forma di sperimentazione; lo stesso Consiglio di Stato aveva dato un parere fortemente critico, così come aveva fatto il CNPI.
Ciò non ostante il Governo ha proceduto e il SVN è divenuto legge dello Stato, strumento costitutivo del processo educativo italiano: un Governo dimissionario, in carica per l’ordinaria amministrazione non ne dovrebbe avere l’autorità, qualcuno solleverà il dubbio di legittimità: staremo a vedere, intanto noi ci troviamo di fronte al fatto compiuto, ad uno strumento coercitivo che diventerà centrale nella vita delle scuole italiane, piegandole alla logica della privatizzazione, della scuola azienda. La logica della Qualità Totale (TQM) applicata alla scuola, come se la didattica fosse il modello produttivo di una fabbrica Toyota, con tempi e metodi atti a misurare quegli elementi (sempre che essi si configurino come misurabili) quali gli apprendimenti, le conoscenze, le abilità, le applicazioni, gli interessi, le capacità. Con quali innovativi strumenti sarà fattibile tutto ciò: si mette in mano all’INVALSI l’individuazione dei criteri valoriali che orienteranno l’azione quotidiana delle nostre scuole.
A questo, va sommato, sul piano più specificatamente studentesco l’introduzione
di uno strisciante e subdolo criterio selettivo per poter accedere al sistema
dei Licei, un anticipo dei test per l’ingresso alle facoltà universitarie, che
allude alla strutturazione di sistemi scolastici sempre più chiusi,
compartimentati, selettivi: esattamente il contrario di quello che è emerso dal
pensiero comune di studenti e genitori, da quello che statuisce quella carta
straccia della nostra Costituzione ma è anche l’opposto di quanto sembrava
utile predisporre per sanare la divaricazione emersa con il calo dei diplomati
e degli iscritti e laureati italiani, rispetto agli altri paesi europei; a
tutti gli effetti, un controsenso, che ci porta sempre più lontano dai
parametri europei, dagli standard dei paesi più avanzati sul piano economico.
Vediamo sinteticamente cosa prevede
il provvedimento sul Sistema di Valutazione:
1) “Autovalutazione”: la scuola si "autovaluta" sulla
base dei risultati dei quiz INVALSI e dei
parametri strutturali forniti dal MIUR e, se vuole, in base ad altri indicatori
scelti autonomamente. Poi redige un rapporto su un modello in formato
elettronico che arriverà direttamente dall’Invalsi ed elabora un piano di
miglioramento. È l’Invalsi che valuta e insieme decide cosa valutare; è chiaro
che le scuole correranno ad allinearsi ai parametri di qualità indicati,
trascurando tutto ciò che non sarà oggetto di rilevazione e valutazione, anche
perché la legge di stabilità ha stabilito che dal prossimo anno i fondi alle
scuole saranno quantificati in base ai risultati di qualità.
2) Valutazione esterna: in base ai risultati forniti dai rapporti, si individueranno
le scuole da sottoporre a vrifica: ci saranno visite dei nuclei di valutazione
esterni costituiti da ispettori e "esperti" formati e selezionati
dall’Invalsi; essi riformuleranno il piano di miglioramento a cui la scuola
dovrà attenersi: di fatto viene compressa la libertà d’insegnamento.
3) Azioni di miglioramento: entra in campo l’INDIRE che supporta le scuole
nella definizione dei piani di miglioramento attraverso l’utilizzo di nuove
tecnologie, di progetti di “miglioramento della didattica”, di corsi di
formazione in servizio per docenti, ATA e DS; il tutto potendo avvalersi anche
di privati.
4) Valutazione dei DS: anche i presidi, tramite gli USR, saranno sottoposti a
valutazione.
Nessuno dice cosa succederà alla scuole che, nonostante la cura, non riusciranno a raggiungere gli standard previsti, ma la realtà degli USA ci dice che queste scuole vengono chiuse e i docenti licenziati (d’altra parte la legge Brunetta prevede il licenziamento dei dipendenti pubblici a fronte di performance ripetutamente negative).
Parlano di innalzamento della qualità, mentre la drammatica realtà è che questo sistema di valutazione abbasserà rapidamente e con danni irreparabili la qualità della scuola pubblica a tutto vantaggio di quella privata, come già accaduto nella scuola inglese e statunitense, da dove arrivano forti critiche al modello di didattica che – ora – ci vogliono imporre. Una quantità enorme di risorse sarà ulteriormente dirottata nella burocrazia (già immaginiamo i moduli e i modelli da riempire) e sottratta al lavoro concreto della classe e della didattica, ma ancor più pericoloso sarà il potere retroattivo dei piani di "miglioramento": ci verrà chiesto di adeguare le nostre programmazioni e gran parte della nostra attività in base agli indicatori stabiliti dall’Invalsi, pena la "cura" a suon di ispettori e di corsi di "miglioramento". I docenti italiani devono saper reagire ed essere in prima fila nella difesa della libertà d’insegnamento e della qualità della scuola pubblica italiana: solo una scuola pubblica di qualità può bloccare la svalorizzazione e la privatizzazione della scuola. La scuola è un bene comune irrinunciabile e come tale va difeso con tutte le nostre capacità e forze, bisogna assolutamente invertire la rotta, gli ultimi dati statistici europei ci danno all’ultimo posto per spesa pubblica in cultura e penultimo in pubblica istruzione, infatti secondo uno studio pubblicato il 6 aprile da Eurostat, l’istituto di statistica europeo, che ha messo a confronto la spesa pubblica nel 2011, in cultura spendono ormai tutti più di noi: dalla Germania (1,8% del Pil) alla Francia (2,5%) fino al Regno Unito al 2,1%. Anche la media del vecchio Continente è impietosa: se l’Italia si ferma all’1,1% del Pil, meritandosi la “maglia nera”, nell’Ue si spende esattamente il doppio e, per quanto riguarda il sovvenzionamento della scuola, da quella d’infanzia alle superiori, non va meglio: per l'istruzione si spende solo l'8,5% del Pil, mentre nell’Unione europea si viaggia ad una media del 10,9%. L’ultimo posto stavolta non è nostro, ma davvero per poco: peggio dell’Italia fa solo la Grecia.
In questo contesto le giornate di lotta e sciopero lanciate dai Cobas della Scuola per il 7 maggio nelle materne ed elementari, per il 14 nelle medie e il 16 nelle superiori, contro i quiz-Invalsi che immiseriscono la scuola e l'istruzione, per cancellare il Sistema di valutazione che annulla la libertà di insegnamento e subordina scuole, studenti, docenti e i loro salari, a demenziali indovinelli, per l'assunzione dei precari su tutti i posti disponibili, per dire no alle prove selettive per entrare a scuola e alle classi-pollaio, ci sembrano una buona occasione su cui investire tutta la nostra fantasia, tutta la nostra creatività.
Beppi Zambon
ADLcobas