di Nicola Grigion* e Matteo Rinaldini**

Uniti contro la crisi - Un progetto comune dall’Italia al Maghreb

Verso l’assemblea del 19 febbraio a Reggio Emilia - Uniti contro la crisi

17 / 2 / 2011

Quando abbiamo visto le immagini degli sbarchi a Lampedusa, insieme all’indignazione per un decennio di politiche che in questo paese ancora riescono a trasformare l’arrivo di qualche migliaio di persone in un esodo biblico, il nostro sguardo è immediatamente andato alle piazze del Maghreb e dell’Egitto. Mai come in questo momento possiamo guardare agli approdi della frontiera Sud spogliandoci della retorica della disperazione. Non si è trattato di una semplice scelta forzata ma dell’affermazione del diritto di scegliere. Come hanno scritto Mezzadra e Chignola proprio ieri su queste pagine, ciò che sta accadendo parla di “uno straordinario processo di soggettivazione” di un intreccio tra “il desiderio di libertà che spinge moltitudini immense allo scontro con il potere e le pratiche di mobilità che sfidano i dispositivi europei di controllo delle migrazioni nel Mediterraneo”. Quelle migliaia di giovani, ribaltando l’assetto politico sociale di quell’area, hanno fatto saltare anche i controlli alla frontiera in uscita e reso praticabile la mobilità di chi in queste settimane è arrivato sulle nostre coste.
Ciò che sta avvenendo parla di un cambiamento profondo dentro la crisi, che possiamo riconoscere anche qui, nel cuore dell’Europa. Il diritto di scelta di migliaia di giovani, che si esprime sovvertendo l’ordine imposto dai poteri del Rais o sfidando i confini europei, affermando la volontà di restare qui, dove sono approdati, o ancora quella di varcare le gabbie della mobilità interna all’Europa, non è più una evocazione, ma è il nostro ordine del giorno. Come facciamo a far diventare questa sponda lanciata da una parte all’altra del Mediterraneo anche la nostra sfida? Proviamoci: sfidando insieme ai giovani tunisini le tentazioni del Governo di ricacciarli indietro o di rinchiuderli. Proviamo insieme a loro a forzare le gabbie interne all’Europa che vorrebbero impedirgli di raggiungere Parigi o Berlino, imponendo ancora confini anche all’interno di questo continente (vedi regolamenti Schengen e Dublino).
Si tratta di una imperdibile occasione per noi tutti.

Durante il Meeting di Marghera (cs Rivolta 22/23 gennaio) ci siamo chiesti se davvero quella dell’immigrazione sia una questione che riguarda i soli migranti o se invece non sia un nodo inaggirabile per tutti: per la verità non avevamo dubbi e non c’è occasione più vera di quella toccata con mano in questi giorni, a Lampedusa o alla Stazione di Bologna, per provare a trasformare la loro sfida nella nostra sfida.
Abbiamo bisogno di ripartire insieme. Gli interrogativi aperti sono veri, i terreni su cui sperimentarli sono molti e questo momento ci impone di non banalizzarli come fossero qualcosa di già visto: come diamo corpo alle battaglie contro i CIE evitando che le rivolte interne si traducano in espulsioni? Come possiamo affrontare il nodo dell’irregolarità e del lavoro schiavistico? Come possiamo opporci al test di lingua e all’accordo di integrazione trasformando quella per l’apprendimento in una battaglia sul welfare? Cosa vuol dire sciopero oggi, come possiamo costruire vertenze sul lavoro che sappiano tenere insieme la specificità dei migranti e le rivendicazioni di tutti? Come possiamo affermare il diritto alla mobilità, ad un diritto d’asilo europeo per esempio? Come si affronta il terreno della negazione della cittadinanza se non dentro il tumulto?
Ci siamo chiesti insomma cosa potesse unirci invece che dividerci, per evitare di affaticarci con l’ossessione di marcare la specificità e non invece spenderci per ricercare il comune.
Non ce ne sarebbe bisogno se ritenessimo di poter affrontare ognuno nella propria condizione l’attacco che dentro la crisi ci viene proposto. Perché quando Marchionne decreta la fine del contratto collettivo nazionale, la Gelmini impone la riforma della formazione e Maroni dichiara guerra ai migranti, in realtà, è di un modello di società intera che stanno parlando. Non basterà mettere in fila le rivendicazioni dei migranti a quelle degli studenti, quelle degli operai metalmeccanici a quelle delle donne, per costruire una alternativa a questo modello. Certo, la condizione di ognuno di noi è diversa. Se non vi fossero differenze, se bastasse aggredire una questione per risolvere tutte le altre, se potessimo ragionare per classi senza capire che oggi il mondo è ben più complesso, non avremmo neppure avuto il bisogno di affrontare insieme questa sfida. Ma sappiamo, perché lo sperimentiamo sulla nostra pelle, che non esiste un ricatto meno importante degli altri e che proprio ricercando il comune abbiamo scoperto che la richiesta di reddito non è poi così incompatibile con le rivendicazioni del lavoro, che welfare pubblico non vuol dire statale, che quella per la democrazia è una battaglia che lega beni comuni, lavoro, conoscenza, cittadinanza, che tra noi e Piazza Tahrir non c’è un mare, ma ritroviamo invece lo stesso desiderio di trasformare la realtà.

Spesso abbiamo giustamente sottolineato il ricatto impareggiabile che preme sulla vita dei migranti. Ma davvero quel ricatto è così lontano da quello che quotidianamente deve affrontare chi non ha bisogno del titolo di soggiorno per restare? E’ stato forse poco importante per tutti noi il ricatto con cui Marchionne ha strappato il sì di Mirafiori?
Per questo ci incontriamo a Reggio Emilia, perché non abbiamo bisogno di un pensiero né tanto meno di una organizzazione che intervengano su questo o quell’altro “settore”, ma ci serve invece un progetto comune, abbiamo bisogno di ibridarci e di confrontarci per scrivere insieme un nuovo statuto della cittadinanza, per tutti, per disegnare insieme l’orizzonte a cui guardare e costruire i singoli passi che servono per raggiungerlo. Le occasioni non mancano: la prima è quella che ci viene proposta in questi giorni dai migranti arrivati dalla Tunisia, guardando poi al Primo Marzo, perché l’una e l’altra siano pezzi di questo comune da costruire insieme: uniti contro la crisi.

* Progetto Melting Pot Europa
** Ricercatore precario

Foto di Melissa Cecchini @Rimini