Come generalizzare l’onda?

di Gigi Roggero

3 / 12 / 2008

In un’affollata assemblea nell’ateneo di Bologna in preparazione della manifestazione del 14 novembre, la presenza di uno studente torinese è stata calorosamente accolta dalla richiesta di raccontare i volantinaggi degli universitari davanti ai cancelli di Mirafiori. La risposta ha spiazzato tutti: «Guardate che l’elemento straordinario è esattamente il contrario: sono gli operai che vengono davanti ai cancelli dell’università per cercare di organizzarsi come l’onda». Ecco il nocciolo della questione. La classica parola d’ordine dell’unità studenti-operai è oggi definitivamente superata. Non si tratta – al di là delle suggestioni politiche – di tracciare una semplicistica linearità tra la fabbrica e l’università. La questione è che oggi quell’unità non si costituisce più nella solidarietà proveniente dall’esterno, ma vive tutta dentro la nuova composizione del lavoro. Non solo: spesso attraversa le stesse biografie singolari, perchè l’operaio è anche studente, e viceversa. È molto di più della semplice affermazione che lo studente, nella continua sovrapposizione tra mercato della formazione e mercato del lavoro, è immediatamnte lavoratore. Il punto e’ ildivenire classe degli studenti attraverso il movimento. Ebbene sì, allora: l’onda è un movimento di classe, se sottraiamo finalmente questo termine alle paludi economiciste e oggettivista in cui la sinistra lo aveva incagliato, e lo traduciamo nella potenza costituente del conflitto. Ecco perchè la nostalgia rischia di essere un blocco alla ricchezza di trasformazione del presente.

Tuttavia, il continuo ritornare nelle assemblee di movimento del problema del rapporto con gli operai, ovvero con altri soggetti della composizione del lavoro a cui gli studenti si sentono pienamente interni, non ha per nulla risvolti mitologici, se non in alcuni trascurabili casi di marginalità ideologica. Pone invece un nodo dirimente: la generalizzazione della parola d’ordine “noi la crisi non la paghiamo”. Una parola d’ordine che, superando qualsiasi declinazione classicamente studentista, ha da subito avuto la capacità di parlare il linguaggio del generale. Sarà bene ricordare che è la potenza dell’onda anomala che ha costretto una Cgil riluttante, per usare un eufemismo, a procalmare lo sciopero generale. Ma se negli ultimi anni i movimenti del precariato si sono domandati come generalizzare gli scioperi sindacali, il 12 dicembre bisogna fare un passo in avanti. A questa altezza soggettiva, rovesciamo la questione: come il sindacato garantisce agli operai di cui parla lo studente torinese la possibilità di generalizzare l’onda anomala, cioè di divenire onda anomala?

Rispondendo a tale interrogativo, il sindacato – qualsiasi sindacato – non salverà la propria funzione rappresentativa. Irrappresentabilità e autonomia sono tratti comuni dell’intera composizione di classe. Potrà però mettere le proprie strutture al servizio dell’autorganizzazione e dell’espressione politica del lavoro. In fondo, non resta loro altra strada: l’alternativa è diventare un attore subordinato della governance del partito democratico, continuamente soggetto ai suoi umori e alle sue correnti intestine, o per qualcun altro l’appendice di una delle escrescenze di una sinistra morta. Dunque, non è una scelta da poco.

Ma il 12 dicembre è anche un importante banco di prova verso il “natale”. Il governo italiano, al pari di tutti i think tank del capitalismo globale terrorizzato dal circolo vizioso e (per loro) devastante che si può instaurare tra crisi e crollo dei consumi, ha varato il suo piano, fatto di elemosine familistiche e soprattutto misure per aiutare banche e imprese. Il 12, allora, può diventare il momento di passaggio per la costruzione del nostro “piano” comune sulla crisi: è dalle autoriduzioni sociali e dal non ripianamento del debito che può ripartire o cominciare una lotta sul salario e sul reddito. È qui che vedremo chi sono gli alleati dell’onda e i soggetti in grado di generalizzarne quella parola d’ordine sulla crisi che è, immediatamente, programma politico, ovvero programma di classe.

Gigi Roggero

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