Un anno di guerra

Il comunicato dell’Adl Cobas a un anno dall’inizio della guerra in Ucraina. Il prossimo 9 marzo 2023 alle 18.30, nella sede di Radio Sherwood a Padova, ci sarà un incontro con Yurii Samoilov, portavoce del sindacato indipendente dei minatori dell’Ucraina.

24 / 2 / 2023

Pubblichiamo un comunicato dell’Adl Cobas a un anno dall’inizio della guerra in Ucraina. Il prossimo 9 marzo 2023 alle 18.30, nella sede di Radio Sherwood a Padova, ci sarà un incontro con Yurii Samoilov, portavoce del sindacato indipendente dei minatori dell’Ucraina.

Un anno fa è scattata l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin. È stato un anno di disastri, di morte e distruzione, di speculazioni e di affari, da una parte e dall’altra della “linea del fronte”: si parla di 200.000 morti tra i soldati di entrambe le parti, decine di migliaia tra i civili, un costo della guerra di 180 miliardi di euro e 300 miliardi di danni per le distruzioni, senza contare i danni devastanti per l’ambiente.

Per chi sta in basso, per la popolazione, per i profughi, per lavoratori e lavoratrici morte, distruzione, impoverimento; per chi sta in alto, per gli oligarchi, per i mercanti di morte affari a gonfie vele.

Alcuni mesi fa scrivevamo: “siamo di fronte ad uno scontro tra potenze imperiali del tutto interne ad uno stesso orizzonte, capitalista e neoliberista: tutti i governi, tutte le alleanze militari, tutte le corporation mirano sempre e solo al profitto, al dominio del pianeta ed al controllo dei nostri corpi, alla repressione delle istanze di liberazione”.

Con buona pace di tutti i “campisti” l’invasione di Putin non ha nulla di “antiimperialista”!

Per questo pensiamo che sia giusto resistere all’invasione di Putin con ogni mezzo necessario, ma siamo anche consapevoli che la difesa ad ogni costo dei confini e delle “patrie” può portare solo morte e distruzione; che la strada per la pace in Ucraina, così come in tutti gli altri paesi nei quali sono in corso guerre atroci deve necessariamente passare attraverso la ribellione dal basso che imponga cooperazione tra i popoli e non guerra.

Un tempo si diceva che il proletariato non aveva nazione e che bisognava praticare l’internazionalismo e la rivoluzione. Mai come oggi pensiamo che quel vecchio slogan sia drammaticamente attuale.  Ma tutto questo oggi non si intravede neppure in lontananza, mentre l’escalation militare è sotto gli occhi di tutti e sta piegando le economie dei paesi Nato ad una economia di guerra volta ad aumentare esponenzialmente le spese militari. Viene chiesto esplicitamente di riconvertire molte attività sulla produzione di armamenti. E sappiamo che quando una determinata merce viene prodotta in sovrabbondanza, poi, quella determinata merce deve necessariamente essere venduta e consumata, con la conseguenza di un aumento ulteriore dei conflitti armati.

Ciò detto ribadiamo con forzache siamo per la pace, ma non siamo “pacifisti”, come i partigiani, come i curdi o gli zapatisti. Anche se nella vecchia Europa formalmente ci sono stati 70 anni di “pace”, per gli imperi e per il capitalismo la guerra è sempre stata una opzione ampiamente praticata, come abbiamo visto e continuiamo a vedere in varie parti del mondo.

Se è giusto capire quello che succede intorno a noi, non possiamo però rimanere prigionieri di una geopolitica da salotto, in cui gli esseri umani scompaiono dalle mappe.

Al contrario dobbiamo sempre rimettere al centro le istanze di liberazione, di allargamento dei diritti, di processi di giustizia climatica e sociale, e ricercare una sintonia con chi, in tutto il pianeta, condivide questi difficili percorsi.

Crediamo che gli Imperi facciano le guerre (con tutto il codazzo dei Dottor Stranamore che sognano valzer di funghi atomici) anche perché si sentono sicuri che quelle devastazioni non avranno mai degli sbocchi imprevisti, che l’insubordinazione sociale non determini processi fuori dal loro controllo, come è accaduto più volte nel secolo scorso.

Per questo crediamo che l’unica opzione possibile sia proprio lavorare contro le guerre degli imperi e costruire insubordinazione sociale.

Per questo per noi manifestare, nell’anniversario dell’invasione dell’Ucraina, vuol dire sforzarsi di andare da un’altra parte, provare a praticare ed immaginare un’altra storia,anche attraversando quelle manifestazioni che parlano della necessità di fermare la guerra.

In questo anno di guerra abbiamo manifestato, abbiamo sanzionato gli interessi degli oligarchi e abbiamo costruito due carovane di aiuti direttamente nei confronti di realtà sindacali e sociali indipendenti ucraine.

Sono realtà significative che, oltre a resistere all’invasione di Putin, denunciano i processi di liberalizzazione del mercato del lavoro, di privatizzazione, di uso della guerra per ridurre i diritti dei lavoratori e chiedono la cancellazione del debito estero ucraino, quel debito che sarà lo strumento di controllo della popolazione.

Contro tutte le guerre, contro i nazionalismi, contro l’aumento della spesa militare;

Contro il carovita e per la cancellazione del debito;

Per il sostegno a chi lotta per i diritti in tutto il mondo;

Per la giustizia sociale e climatica.