Tutti insieme oltre il ricatto della crisi

20 / 1 / 2011

Tutti insieme per contrastare un'operazione che, in nome di una politica di rigore, stadesertificando la società italiana. C'erano, infatti, i lavoratori dello spettacolo, i ricercatoridell'università e molti giornalisti e giornaliste ieri alla sede romana della Federazione nazionaledella stampa. Tema dell'incontro, la draconiana riduzione delle risorse destinate al Fus (ilfondo unico dello spettacolo), al fondo per l'editoria, alla scuola, all'università e alla ricerca.Molte le proposte e le analisi presentate, a partire dalla necessaria mobilitazione affinché nelpassaggio parlamentare per la conversione in legge del decreto «milleproroghe» i tagli impostida Giulio Tremonti siano cancellati per tornare a una situazione che possa consentire allaproduzione cinematografica e teatrale di non essere fortemente ridimensionata. Ma questo èsolo il primo passaggio di una iniziativa che vuol rompere i recinti di una drammaticacontingenza e invertire la rotta che caratterizza il governo Berlusconi.L'obiettivo che si propone il mondo dello spettacolo, del teatro, dell'editoria e dell'Università èdunque di far portare il misero 0,21 per cento della spesa statale italiana al 2,21 per cento checaratterizza gli investimenti pubblici in Germania e in Francia, due paesi che hanno anch'essiun governo di centrodestra, ma che hanno deciso, nonostante la crisi economica, di puntareper uscire dalla crisi sulla produzione culturale e sulla ricerca scientifica.Negli interventi non c'era traccia di lamentele, né nessuno vuole chiedere elemosine ointerventi compassionevoli del governo Berlusconi. Nessuno, infatti, crede più al premier cheaiuta chi vive situazioni di disagio, come recita la retorica del centrodestra al governo.Traspare, invece, l'orgoglio di chi vede nella cultura uno degli elementi costitutivi dellaconvivenza civile. Un paese senza cultura è infatti un paese dove le relazioni sociali sonomarchiate da intolleranza e pulsioni xenofobe e populiste. Giornalisti, ricercatori e lavoratoridello spettacolo hanno appreso la dura lezione in base alla quale sanno che per esserecredibili devono articolare proposte che «sappiamo parlare al paese».Ma la strada è in salita. Finora il governo ha sempre rifiutato un confronto su come riformare isettori sotto attacco in nome dell'austerity e della crisi economica. «Dicono di essereriformatori e riformisti, ma poi si sottraggono al confronto sulle nostre proposte di riforma.Vogliono solo tagliare, tagliare e tagliare», aggiunge Roberto Natale della Fnsi. I lavoratori dellospettacolo chiedono che il Fus sia reintegrato almeno ai livelli del 2008 e che la Tax Credit e ilTax Shelter siano in vigore per tre anni, il periodo minimo per porre le basi di un rilancio dellaproduzione cinematografica. Allo stesso tempo propongono la valorizzazione di Cinecitt. Letestate giornalistiche a rischio di chiusura chiedono il ripristino del fondo dell'editoria che il blitznatalizio di Giulio Tremonti ha decurtato. Allo stesso tempo, vogliono che si apra un tavolo perdiscutere come riformare seriamente la legge di finanziamento di giornali, radio e tv cheimpedisca ai «furbetti del quartiere» di aprire giornali, radio e tv falsi.Ma cosa fare,, dunque? Non è la domanda da cento milioni di dollari a cui è quasi impossibilerispondere. L'incontro di ieri alcune risposte le ha date. In primo luogo ha lanciato la propostadi una settimana di mobilitazione che veda coinvolti tutti i settori legati al taglio deifinanziamenti. Incontri, seminari, momenti di confronto con il restio della società diventanoappuntamenti non rituali, ma una sorta di «stati generali della cultura» che si pongonol'obiettivo di far diventare lo stato dell'arte della produzione culturale un tema centrale nelladiscussione pubblica.

Ma cosa significa tutto ciò? In primo luogo ricostruire quei quelli elementi che attengono
appunto la convivenza civile, cioè quei fattori che a una società consentono di riflettere su se
stessa. E dunque consentono di analizzare la qualità delle relazioni sociali. In fondo, quando
Roberto natale sostiene che il problema è di trovare quel dinamico equilibrio tra una funzione
pedagogica dell'atto culturale e la sua rappresentazione mediatica - «Non è possibile che la
televisione del pomeriggio distrugga ciò che ha costruito la scuola del mattino» - è la posta in
gioco politica della modifica del decreto mille proproghe.

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