Treviso - Quando l’emergenza giustifica l’abuso

Il 2 aprile un blitz delle forze dell'ordine al centro sociale Django motivato da un "falso allarme": 12 persone sanzionate

16 / 4 / 2020

Qual è il limite necessario tra le misure di prevenzione e profilassi e gli abusi di potere in piena emergenza pandemica da covid-19?
A Treviso ci troviamo davanti a un episodio a dir poco preoccupante: il 2 aprile il centro sociale Django si è trovato a fronteggiare un blitz sproporzionato di forze dell'ordine, conclusosi con il sanzionamento di volontari per i senza fissa dimora, accorsi per calmare la situazione.

Il motivo del blitz, che ha visto protagonisti 12 agenti, è stato il falso allarme da parte di un residente di una presunta festa all'interno dello spazio sociale che ospita una casa di seconda accoglienza per migranti. Migranti che alla vista di divise e manganelli hanno subito allertato i volontari che si sono precipitati in loco per capire cosa stesse succedendo.

Questo episodio mette in luce come ci siano degli aspetti chiaramente politici che vengono malcelati da misure tecniche per limitare la crisi sanitaria: l'esempio più chiaro è dato dalla totale incoerenza di norme e decreti prodotti a livello regionale. Viene da chiedersi perché tanta solerzia e pugno duro per fronteggiare una situazione rivelatasi infondata o per controllare la persona che corre da sola in mezzo al nulla e non ci sia stata la stessa preoccupazione per verificare ad esempio la situazione di dipendenti e degenti delle Rsa abbandonati a loro stessi senza Dpi necessari a fronteggiare la pandemia per settimane.

Non è forse il caso di chiedersi se sia più necessario in questo momento creare un sistema comunitario dal basso, capace di creare reti di supporto per tutti e tutte piuttosto che generare un clima di terrore e isolamento, in cui la comunicazione è sostituita con la delazione e la cooperazione con l'abuso di potere?

Questo il testo del Centro Sociale Django in merito ai fatti di quel giovedì sera di inizio aprile:

 

“Come riportato da quotidiani e testate online, il 2 aprile una pattuglia del Comando di Polizia Locale del Comune di Treviso è intervenuta, verso le ore 21.00, presso il centro sociale Django per verificare la segnalazione, poi rivelatasi completamente falsa, secondo la quale era in corso una presunta festa. Se nei giornali si riporta correttamente la falsità della segnalazione, non si ritrovano alcuni dettagli che trasformano un semplice intervento di polizia in un blitz andato molto al di là di un semplice accertamento.

Primo, quello che non si legge sui giornali è che il Comando di Polizia Locale, composto da quattro agenti, è giunto presso il Cs col proprio furgone, assieme a due pattuglie dei Carabinieri e altrettante della Polizia di Stato (12 agenti in totale), un assembramento alquanto esagerato per una festa inesistente.

Secondo, quello che non si legge sui giornali è che tale assembramento di forze dell’ordine, non pago di aver accertato il “falso allarme” (Treviso Today), trovando il cancello principale chiuso, ha forzato l’uscita di emergenza del Cs, scardinandone l’ingresso. I ragazzi ospiti di Caminantes, una struttura di seconda accoglienza all’interno del Cs, hanno così assistito all’irruzione, nel piazzale interno al Cs, di dodici appartenenti alle forze dell’ordine che, manganello alla mano, minacciavano di violare il loro domicilio e di entrare presso la struttura in cui sono ospitati.

Terzo, quello che non si legge sui giornali è che sei volontari dell’associazione, avvertiti dai ragazzi all’arrivo delle forze dell’ordine, sono giunti con lo scopo di tranquillizzare, a ben vedere a ragione, i ragazzi stessi, spaventatisi soprattuto a seguito dell’irruzione e dell’atteggiamento bellicoso delle forze dell’ordine (entrati dentro il piazzale interno al Cs, ripetiamo, con i manganelli in mano). I volontari di Caminantes, il cui ruolo è presto mutato dal tranquillizzare i ragazzi ospiti di Caminantes al tranquillizzare le forze dell’ordine lì assembratesi, prendevano atto anch’essi del falso allarme e, placati gli animi, rientravano nelle loro abitazioni.

Quarto, quello che non si legge sui giornali è che gli agenti in questione, probabilmente delusi per aver dispiegato così tante forze e mezzi per niente, hanno inviato multe da 400 euro ai volontari dell’associazione Caminantes, per aver dato luogo ad un assembramento. (I verbali delle multe sono stati recapitati solo oggi. Nei verbali viene inoltre falsamente riportato che i volontari sarebbero stati invitati ad andarsene, invito mai posto).

Risulta quanto meno curioso, se non assurdo, il fatto che a essere sanzionati, per aver violato le norme di contenimento al Coronavirus, siano volontari di un’associazione che, come altre in queste settimane, sta distribuendo settimanalmente dispositivi igienico-sanitari ( mascherine, guanti e gel disinfettanti) a persone senza fissa dimora; proprio al fine di tutelarle dai pericoli del SARS-COV-2, che evidentemente le forze dell’ordine contrastano con multe, manganelli e minacce.

Risulta altrettanto assurdo che l’assembramento che ci contestano è stato inizialmente causato dalle stesse forze dell’ordine, intervenute nel numero di 5 mezzi (1 furgone del Comando di Polizia Locale, 2 macchine della Polizia e 2 dei Carabinieri) per, ricordiamolo, una festa inesistente. Che bisogno c’era di sfondare un ingresso, estrarre i manganelli e spaventare delle persone se la segnalazione si era rivelata falsa fin dall’inizio?

Se è indubbio che le misure di contenimento al Covid-19 stanno contribuendo a uscire dall’emergenza, è altrettanto indubbio che la loro applicazione non passa di certo attraverso l’impiego di 12 uomini che spaventano e minacciano i ragazzi di una struttura di accoglienza a seguito di una segnalazione mendace. Forse, ma non ne siamo certi perché non siamo epidemiologi, tanta solerzia ed energia sarebbe da impiegare, se davvero si volesse contribuire al contenimento del Covid-19, per il controllo e la verifica dello stato delle Rsa, i cui ospiti e dipendenti sono stati abbandonati alla mercé di un’emergenza sanitaria subita con maggior pressione a causa dei pochi tamponi eseguiti e della scarsa distribuzione di dispositivi di sicurezza.”