Il 26 dicembre ricorrerà il quarto anniversario dall'inizio
dell'operazione “Piombo Fuso”, l'attacco militare israeliano che in tre
settimane provocò più di 1300 morti nella striscia di Gaza. Poco più di
un mese fa una nuova azione militare ha provocato, in una settimana di
bombardamenti e lanci di razzi, 160 vittime palestinesi e 6 israeliane.
Oggi, sembra che il momento più drammatico sia finito. I riflettori si
sono spenti. Eppure sappiamo che non è finita, che la popolazione di
Gaza non vive una situazione di pace e di serenità, ma solo un
momentaneo sospiro di sollievo perché il peggio, per ora, è passato. Ma
non cambia un'esistenza quotidiana oppressa e stentata, la penuria di
generi di prima necessità, la totale impossibilità di uscire da quella
piccola striscia di terra grande come l'Alta Valsugana in cui si
stringono più di un milione e mezzo di persone. E rimane, soprattutto,
la paura del ritorno delle bombe da cui non si può ne fuggire ne trovare
rifugio.
Siamo qui, nella frenesia di questi giorni
prenatalizi, perché vogliamo riportare l'attenzione sulla striscia di
Gaza e sui territori occupati della Cisgiordania, anche ora che non ci
sono violenze eclatanti o notizie di rilievo. Perché sappiamo che quando
i riflettori si accendono improvvisamente richiamati dal fragore dei
razzi o delle bombe la scena si illumina su una storia già incominciata,
che tuttavia rimane oscura. E così tutto viene interpretato nella
logica di azione e reazione, di attacco e difesa. Noi vorremmo ricordare
la parte oscura di quella storia, lo stillicidio dei morti che non
fanno notizia (271 palestinesi uccisi nella Striscia fra la fine di
“Piombo Fuso”e l'attacco recente) i pescatori arrestati per (non) aver
superato il limite di tre miglia unilateralmente imposto da Israele, le
restrizioni nell'accesso alle terre coltivabili.
Vogliamo ricordare
cosa succede nella Palestina recentemente ammessa come stato osservatore
all'assemblea delle Nazioni Unite, perché sappiamo che nel quotidiano
prosegue un lento processo di spoliazione del territorio e della
possibilità di costruirvi un'esistenza degna e libera: con l'espansione
delle colonie, con l'espulsione dei palestinesi dai quartieri arabi di
Gerusalemme, con i continui violenti soprusi di alcuni coloni verso le
comunità palestinesi dell'Area C come i pastori e contadini delle
colline di Hebron.
Vogliamo ricordare la resistenza palestinese che
fa notizia solo quando è violenta ma che invece, nel silenzio dei
media, si esprime ogni giorno, nonviolenta e tenace, nelle
manifestazioni represse, negli scioperi della fame dei prigionieri in
detenzione amministrativa, nella creatività delle azioni dirette e dei
boicottaggi.
Vogliamo chiedere conto alla nostra provincia
degli accordi di rapporti privilegiati con Israele, accordi che in nome
degli interessi economici e di ricerca sorvolano sull'esistenza di un
conflitto, sulle violazioni del diritto internazionale e dei diritti
umani.
Vogliamo infine denunciare il rapporto di cooperazione e
ricerca militare in corso fra lo stato di Israele e l'Italia, i
contratti di fornitura di armi, le esercitazioni congiunte che ci hanno
reso di fatto complici dei massacri avvenuti e sostengono il ricorso
alla forza anziché la ricerca di mediazione.
Unendoci al
recente appello di 50 personalità a livello internazionale per un
embargo militare verso Israele, crediamo che per raggiungere, pace,
sicurezza e diritti di cittadinanza per tutti, israeliani e palestinesi,
sia necessario dire basta ad un'impunità concessa alla parte più forte
in nome di un diritto unilaterale alla sicurezza, ma in realtà garantita
da interessi geostrategici, economici e militari.
Info e adesioni: restiamoumani.trentino@gmail.com
Sabato 22 dicembre ore 15.00 piazza Pasi, Trento
Trento - Un presidio per i palestinesi di Gaza e dei territori occupati
In piazza contro gli accordi economici della Provincia di Trento con il governo israeliano e in solidarietà con la popolazione palestinese
19 / 12 / 2012