Trento - Contestazione a Eni durante la conferenza al MuSe

L'iniziativa ha voluto ribadire la totale solidarietà al Centro Sociale Rivolta, colpito due giorni fa da una perquisizione.

22 / 10 / 2020

Il MUSE - Museo delle Scienze di Trento - fiore all'occhiello del Trentino, lautamente foraggiato dalla cassa pubblica provinciale, decide di fare il gioco dell'ENI e ha proposto - ieri 21 ottobre - un incontro sulla sostenibilità ambientale in tema di riciclo dei rifiuti, in partnership con Eni. (Qui l'evento).

Una conferenza che aveva tra le intenzioni principali quella di cercare di risaltare la finta facciata "green" che l'azienda italiana cerca di costruirsi. La stessa azienda mandante del blitz di martedì al Centro Sociale Rivolta: un'operazione conseguente alla seconda edizione del Venice Climate Camp, nell’ambito del quale lo scorso 10 settembre attiviste e attivisti hanno bloccato l’impianto di Eco-progetto di Veritas, in cui dovrebbe sorgere il nuovo inceneritore, e il 12 settembre la neonata rete Rise Up 4 Climate Justice ha sanzionato la raffineria ENI di Porto Marghera.

«Eni devasta e uccide restando impunita dietro una finta facciata di greenwashing. Non possiamo permettere che Eni entri nelle scuole e nei musei delle nostre città per legittimare i propri crimini», così hanno dichiarato attiviste e attivisti del Centro Sociale Bruno e di Rise Up 4 Climate Justice interrompendo la conferenza di Eni al Muse.

È stato anche ribadito come Eni stia cercando di ripulirsi l'immagine attraverso campagne traboccanti di greenwashing. Infatti, la multinazionale dell'energia - il cui 30% è ancora nelle mani delle Stato Italiano – è attualmente inquisita per violazione dei diritti umani ed ambientali in Nigeria, multata dall'Antitrust per pubblicità ingannevole.

Inoltre, Eni è assurta agli onori delle recenti cronache, non solo per il caso di corruzione per cui è inquisita (quest’estate il pm di Milano Fabio De Pasquale ha chiesto di condannare a otto anni di reclusione l’amministratore delegato Eni Claudio Descalzi e l’ex ad Paolo Scaroni per corruzione), ma anche per l'accordo vergognoso stipulato con l'allora ministro Fioramonti per entrare nelle scuole, proponendo corsi di sostenibilità ambientale nel peggiore stile greenwashing.

Lo scorso anno il governo ha approvato la legge 92/2019, che riporta nelle scuole l’educazione civica e la potenzia con una sensibilizzazione sui cambiamenti climatici. Una grande vittoria, se non fosse per un dettaglio che rende l’intera vicenda paradossale: l’Associazione Nazionale Presidi ha realizzato un programma di incontri sui temi della sostenibilità ambientale, e l’accordo l’ha siglato con l’Eni.

«Non possiamo permettere che Eni entri nelle scuole e nei musei delle nostre città per legittimare i propri crimini», e la determinazione che traspare dalle parole di chi è stato protagonista della contestazione lascia intendere che la lotta per la giustizia climatica non ha intenzione di fermarsi.