La nave che affonda. Il governo, la munnezza, le resistenze e la crisi.

Titanic

di Antonio Musella

5 / 11 / 2010

“…Questa volta non si brindò. Troppa era l’amarezza.
Troppo forte era la rabbia per quelle piramidi di monnezza, troppo dolore dava il corpo per le botte subite.

Troppe facce nel fango, troppa arroganza.

I cancelli di Taverna del Re si chiusero.”

Tratto da “Mi Rifiuto”, Sensibili alle Foglie, 2008

 Questa era la conclusione del racconto di una delle tante chiusure del deposito di Taverna del Re a Giugliano. Era il 31 dicembre del 2007.

Lì finirono anche i rifiuti del prodigioso “miracolo di Berlusconi” che nell’estate del 2008 ripulì Napoli seppellendo a Giugliano i rifiuti disseminati nelle strade della città.

Dall’antica masseria del Re, a Giugliano, sembra passare nuovamente la storia infinita dell’emergenza rifiuti in Campania, in una fase diversa da quelle già viste.

Solitamente quando si ritorna a Taverna del Re è perché il governo ha terminato le cartucce!

E’ successo a dicembre 2007 pochi giorni prima che la mannaia commissariale decidesse di andare a Pianura, per poi scappare alcuni giorni dopo; è successo nell’estate del 2008 quando appunto ci fu il miracolo di Berlusconi e mentre i tempi di costruzione della discarica di Chiaiano erano ancora lunghi, ma Guido Bertolaso aveva appena ottenuto con il decreto 90 divenuto poi legge 123 l’apertura di discariche in tutte la Campania e di tre inceneritori.

Succede oggi…ma è un’altra storia.

Già, perché mentre dopo Pianura si finì poi a Chiaiano, mentre dopo l’estate del 2008 si aprirono le discariche di Chiaiano e Terzigno, oggi la controparte non sembra sapere minimamente come smaltire i rifiuti della Campania e soprattutto di Napoli e provincia.

Se è vero che quando si ritorna a Taverna del Re è perché non ci sono più assi da calare per la controparte, è vero altrettanto che oggi si sente echeggiare nell’aria, nei palazzi delle istituzioni e nella dialettica di governo un grido disperato : “Abbandonare la nave!!!

La discarica a Cava Vitiello, stando alle parole del premier, sarà eliminata dalla legge 26 sulla fine dell’emergenza rifiuti in Campania approvata in febbraio.

Non si fa più!!” come annuncia saltellando il sindaco di Boscoreale Langella su cui pioveranno – Tremonti permettendo, ovviamente – decine e decine di milioni di euro di compensazioni per la discarica attiva di Cava Sari. Guido Viale sul Manifesto c’ha raccontato di come “hanno vinto le mamme vulcaniche”, anche se la battaglia su quei territori non è affatto conclusa ed i cittadini continuano ad assiepare la rotonda di Via Panoramica.
Intanto la discarica di Chiaiano si avvia a riempimento, mentre i cittadini bloccano i conferimenti straordinari che non hanno permesso il nuovo miracolo della città pulita in dieci giorni. La Cava Sari di Terzigno, così come quella del Poligono a Chiaiano, saranno riempite verosimilmente per la fine della prossima primavera.

Dove si va dunque?

E soprattutto, a chi resta la patata bollente ?

Il governo circa un mese fa ha provato a lanciare un’offensiva contro il Comune di Napoli colpevole, secondo il premier, della nuova crisi. Senza dubbio l’incomprensibile “senso dello Stato” della prima cittadina Rosa Russo Iervolino non è stato all’altezza della polemica politica lanciata dal premier. Resta il fatto che il Comune di Napoli non ha mai ricevuto i fondi per la raccolta differenziata che la Protezione Civile doveva versargli – a differenza del Comune di Salerno guidato da De Luca. Soprattutto il premier dimentica che il conferimento in discarica, la gestione dei siti, la gestione degli impianti, la gestione dei flussi dei rifiuti sono tutti di competenza dei suoi uomini, ovvero: Guido Bertolaso ed il suo vice il Generale Morelli, Luigi Cesaro Presidente della Provincia di Napoli e Stefano Caldoro governatore della Campania.

Il miracolo è finito.

Questo in città l’hanno capito un po’ tutti.

Berlusconi ha provato a farne un altro…ma come è noto da un po’ di tempo a questa parte le magie non gli riescono più.

Bertolaso è stato rispedito in Campania con il compito di versare acqua santa sulla monnezza e farla diventare nuovo consenso elettorale.

L’esorcismo non è riuscito. Davanti alle pietre sacrosante di Terzigno la macchina di un governo ben lontano dalla solidità con cui affrontò la crisi del 2008 è andata in crisi.

I cittadini non ci stanno…che facciamo?

Massacriamo i terroni…” suggerisce Maroni...

Ma niente, si arriva all’enpasse generale.

Lo stesso Guido Bertolaso per settimane parla chiaro: si rinvia l’apertura di Cava Vitiello, ma non si cancella perché è una legge dello stato e bisogna far rispettare le leggi. Ma quando il tempo di sospensione dei conferimenti nella discarica di Cava Sari sta per terminare, quando i conferimenti straordinari a Chiaiano riaccendono la protesta anche in città, il premier si ferma.

Non si fa nulla”…punto!

Un minuto dopo “tutti gli uomini del Presidente” erano già con un piede su un aereo che li portasse via da Napoli.

Il primo è stato proprio Guido Bertolaso che con interviste al vetriolo ha abbandonato la nave per primo. “Io volevo far rispettare la legge, il Presidente ha scelto un’altra strada”. Ed ancora “Non so se gli amministratori locali sapranno risolvere il problema. Li avete votati voi”. Lo stesso Bertolaso il prossimo 11 dicembre lascerà la Protezione Civile ed al suo posto arriverà l’ex prefetto de L’Aquila Gabrieli.

La Protezione Civile fa le valigie dalla Campania. Rimarrà solo l’Unità Stralcio fino al 31 gennaio 2011 per fare i conti dei crediti e dei debiti del vecchio commissariato.

Berlusconi un secondo dopo l’incontro con i sindaci del vesuviano è alle prese con il caso Ruby e con una maggioranza che sta andando in frantumi sotto i colpi dei finiani.

Abbandona di corsa Napoli anche lui…speriamo per non ritornarci mai più.

Berlusconi e Bertolaso sono scomparsi. La città di Napoli è ancora sotto un mare di rifiuti e sono passati ben più di dieci giorni. Gli enti locali balbettano… “In 36 mesi due inceneritori…” ed ancora “Abbiamo un’autonomia di 24 mesi…” sembra un mercato dove ognuno prova a sgolarsi per vendere il proprio prodotto davanti ad una platea sconvolta ed atterrita.

Chi resta sul campo?

Restano due personaggi controversi, dall’autonomia assolutamente discutibile.

Il primo è Stefano Caldoro, governatore della Campania, quello a cui Nicola Cosentino voleva soffiare il posto con i famosi falsi dossier della P3. Uno che è stato messo a guida della Campania senza nessun tipo di peso specifico elettorale, mantenuto sostanzialmente dagli uomini di Nicola Cosentino feriti e rancorosi per le vicissitudini giudiziarie del loro leader, attiguo agli ambienti criminali secondo i giudici napoletani.

Caldoro è un uomo solo. Dovrà stilare il piano regionale dello smaltimento dei rifiuti e dovrà farlo proprio ora che il fallimento di Berlusconi rischia di travolgere tutto e tutti.

Il secondo è Luigi Cesaro, soprannominato ormai da tutti “Giggino la polpetta”. Anche Cesaro è uno che se non fosse anche deputato starebbe in galera. Infatti su di lui e su Nicola Cosentino sono attivi due mandati di cattura per vicende legate agli interessi criminali, bloccati attualmente dall’immunità parlamentare.

Cesaro dovrà stabilire dove si farà la nuova discarica per Napoli e provincia una volta esaurite quelle di Chiaiano e Terzigno.

Sono ore febbrili nel palazzo di Piazza Matteotti dove il Presidente è alle prese con gli equilibri complicatissimi da dover raggiungere nell’ampio arco di interessi lobbistici che lo hanno eletto capo della giunta provinciale.

Se cade il governo un secondo dopo cade la giunta Provinciale visto che Cesaro dovrebbe immediatamente ricandidarsi alla Camera per non perdere l’immunità parlamentare.

Perché alla fine ciò che conta per costoro sono “le polpette”. Gli affari, il consenso elettorale clientelare, che in tempi di crisi senza un euro da elargire è cosa assai ardua.

Porta proprio la firma di Luigi Cesaro l’ordinanza che decreta la riapertura di Taverna del Re a Giugliano.

Un territorio distrutto dall’inquinamento causato dallo sversamento di rifiuti di ogni tipo. Secondo i periti della Procura della Repubblica di Napoli che hanno verificato le dichiarazioni del pentito Gaetano Vassallo, nel 2064 a Giugliano scoppierà l’ecatombe irreversibile. È prevista per quella data l’inquinamento completo delle falde acquifere che transitano nel sottosuolo giuglianese, avvelenati dai fusti di rifiuti tossici delle discariche Resit 1 e Resit 2 nelle mani della camorra. Avvelenato dal percolato di Taverna del Re che impregna il terreno ed arriverà alla falda.

Giugliano è probabilmente il simbolo della distruzione della Campania, così come Pianura lo è stato per decenni. Sono pochissimi i disastri ambientali a cui la situazione di Giugliano può essere paragonata in tutto il paese. Su quei territori oggi si resiste nuovamente, così come nel 2007 e nel 2008. Stavolta però nuove generazioni stanno affollando il presidio permanente di Taverna del Re. Giovani che in questi anni hanno imparato dalle lotte precedenti cosa significa difesa del territorio e cosa vuol dire la pressione dello sversamento dei rifiuti per la salute e per l’ambiente.

Si bloccano i camion, si bloccano le strade con una consapevolezza ed una partecipazione diversa rispetto alla partecipazione del passato.

Sarà l’effetto Terzigno, ma forse sarà soprattutto il fatto che questa nuova fase delle lotte ambientali in Campania vive anche del percorso di maturazione segnato dalla fase di lotta precedente, quella di Serre, di Pianura, di Chiaiano.

Vive della capacità di relazione tra territori e della messa a valore delle esperienze che si sono sedimentate in questi anni.

In primo piano – o sullo sfondo se volete – c’e’ il governo Berlusconi al capolinea, i morsi della crisi economica, il Pd che dice che bisogna rimboccarsi le maniche e fare sacrifici, resta una regione in balia dei veleni ambientali e degli avvelenatori politici.

Una regione che rifiuta a chiare lettere quella sorta di etnicizzazione dei comportamenti sociali per cui la difesa del territorio a Sud è immediatamente associata all’infiltrazione camorristica, mentre al Nord diventa difesa del territorio.

Se di etnicizzazzione possiamo parlare, essa sta nella capacità indiscussa delle comunità di queste terre di opporsi con ogni mezzo necessario allo scempio del territorio, di essere in grado di agire l’uso sociale della forza come invece non si pratica in altre parti, in altre comunità.

Certo, questa insorgenza sociale non sempre riesce a costituirsi in una cornice politica capace di arrivare ad una dimensione del comune che sappia travalicare la ribellione per diventare immediatamente alternativa. Da queste parti questo processo qualche volta riesce ed altre volte no.

Resta il dato che accanto alle battaglie sulle questioni ambientali esistono le resistenze del mondo del lavoro, dai disoccupati organizzati ai lavoratori delle fabbriche. Qui si bloccano strade, si bloccano ferrovie, si incendiano camion, si occupano sedi istituzionali, praticamente tutti i giorni. Lo scenario di una regione dove la crisi e la moltitudine provano a fare a gara a chi morde di più.

Davanti a questo risulta indispensabile un uso della forza da parte dello Stato fuori dall’ordinario. Ed è esattamente quello che avviene a Terzigno, a Giugliano, ai disoccupati, agli operai di Fincantieri, agli studenti. Conflitti che faticano al momento a riconoscersi al di là del proprio intervento settoriale rendendo talvolta difficile la costruzione di percorsi di ricomposizione sociale. Spesso invece si tratta di conflitti agiti da segmenti sociali che non si determinano immediatamente come parte di un conflitto complessivo. Su questo aspetto pesa ad esempio la questione della capacità di aut/organizzare le lotte sociali.
Sono questi gli aspetti su cui riflettere nei movimenti, ma anche e soprattutto in quelle esperienze sindacali che appena il 16 ottobre scorso si sono accreditate come punta avanzata del conflitto nel paese e che davanti a queste scene restano fredde e deludenti. 

Talvolta però esperienze sedimentate da diversi anni di lotte riescono a proporsi in una dimensione politica più compiuta e capace di essere alternativa.

Il prossimo 12 novembre a Marano, il presidio permanente contro la discarica di Chiaiano promuoverà una conferenza sul piano rifiuti alternativo, quello fondato sui modelli di Tmb e di trattamento meccanico manuale. Fino a pochi mesi fa per arrivare ad un esempio di queste alternative si prendeva a modello l’impianto di Carla Poli a Vedelago in Veneto. Tra qualche mese il Tmb sarà una realtà anche in Campania. La Provincia di Benevento ha deciso di trasformare una linea dello Stir di Casalduni in Trattamento Meccanico Biologico. Una strada nuova intrapresa in Campania che finalmente vede la realizzazione – anche se assolutamente parziale – delle alternative affermate dai comitati in questi anni.

Si farà a Casalduni, comune dove l’esercito dei Savoia massacrò coloro i quali si opponevano alla costruzione del Regno D’Italia.

L’inizio di una storia di subalternità lunga 150 anni.

Un luogo simbolico per un riscatto dei subalterni.

 Per il resto tutto sembra scivolare giù, come una nave che affonda appunto.
Il governo, la crisi, la monnezza, la repressione.

La controparte abbandona la nave ed a noi ci tocca restare.

Chissà se era un presagio il fatto che tutto cominciò su una rotonda che si chiamava Titanic.