La ribellione delle comunità vesuviane, le reazioni del governo e la questione delle pratiche.

Terzigno History X

di Antonio Musella

25 / 10 / 2010

Le immagini della resistenza delle comunità vesuviane in lotta contro le discariche di Terzigno stanno facendo il giro del mondo.
Una insorgenza sociale contro l’ennesimo stupro del territorio in Campania. Una ribellione che assume una parte delle caratteristiche delle mobilitazioni che abbiamo già visto in Campania, a Pianura come a Chiaiano, ma che vive in un contesto di ulteriore esasperazione. La controparte, ancora una volta il governo Berlusconi, prova a gestire nelle medesime forme, assumendo anche i contorni del ridicolo nelle dichiarazioni del premier ed in quelle del sottosegretario Bertolaso, di come provò a gestire la ribellione del 2008.

In mezzo c’è la sedimentazione della coscienza sociale in questi territori intorno al tema della difesa della salute e dell’ambiente, intorno al tema dello smaltimento dei rifiuti, intorno alla difesa strenua e determinata della vita stessa.

Quello che oggi l’esperienza di Terzigno ci offre, magari non è immediatamente collegabile con il tema della sedimentazione di un percorso di autogoverno dei territori, subisce sfumature diverse rispetto all’alfabeto della costruzione delle comunità resistenti, ma di certo ci pone al centro del dibattito politico all’indomani della manifestazione del 16 ottobre, il tema delle pratiche e della loro legittimità sociale.

Il sottosegretario Mantovano si affretta a definire come “inquinate ed infiltrate dagli anarco insurrezionalisti” le mobilitazioni delle comunità vesuviane, senza tenere conto della storia di quel territorio, fatta senza dubbio di un economia legata a doppio filo con la terra, la salubrità del territorio, in un rapporto simbiotico se vogliamo con il vulcano, ma senza dubbio priva di riferimenti alla dimensione organizzata delle lotte sociali.

Terzigno è una ribellione popolare che finalmente ha rotto ogni margine di compatibilità con quel piano della rappresentanza che fin a poche settimane fa costituiva un elemento caratterizzante in quella lotta.

1. Il film già visto. Bertolaso 2 …la vendetta.

Lo Stato ha deciso di agire….

E giù tutte le dichiarazioni sulle discariche che saranno messe in sicurezza, su quella di Cava Vitiello che sarà una “discarica a norma”, sulle rassicurazioni per la popolazione, sulle condizioni delle falde acquifere. Ed ancora, con i medesimi toni trionfalistici di due anni fa, “risolveremo il problema dei rifiuti in dieci giorni”.

Per concludere….”il sottosegretario Bertolaso si trasferirà a Napoli”.

È il 22 ottobre del 2010, eppure sembrano le uguali ed identiche dichiarazioni che Silvio Berlusconi pronunciò al suo primo consiglio dei ministri che si tenne a Napoli nel 2008. Il tema di oggi è la discarica di Terzigno, quello di ieri era la discarica di Chiaiano.

Il film già visto è quello del Bertolaso salvatore. Lo scenario però non è affatto uguale. In questi due anni sono successe tante cose. È successo ad esempio che l’esperienza di Chiaiano, organizzata, reticolare, resistente, permanente, ha agito come vettore della costruzione di un sentire sociale profondamente diverso da quello antecedente al 2008. Le alternative alle discariche ed agli inceneritori, ovvero il trattamento a freddo, il trattamento meccanico manuale, la raccolta differenziata “porta a porta” sono entrati nel vocabolario comune dei tanti. Solo le istituzioni, tra imbarazzi ed ignoranza, continuano a liquidare come “impossibili” le alternative proposte dai comitati. È successo inoltre che il quadro politico all’interno del quale si svolge lo scontro tra comunità in lotta e istituzioni legate alle lobby economiche promotori di discariche ed inceneritori, è mutato. Il Pdl da queste parti ha conquistato prima le province, a cominciare da quella di Napoli, poi la Regione Campania con Stefano Caldoro. Ed è stato proprio l’elemento del “miracolo rifiuti” finalmente svelato che è stato decisivo per il partito del premier e soprattutto di Nicola Cosentino, per vincere le ultime tornate elettorali. Il credito dei cittadini campani nei confronti del premier, proprio oggi che la crisi morde la carne ed i portafogli, proprio oggi che decine di migliaia di posti di lavoro si perdono proprio in questa regione da Fincantieri a Pomigliano, proprio oggi che i primi provvedimenti del governatore Caldoro sono stati l’eliminazione del reddito di cittadinanza e delle misure di sostegno al reddito, sembra essere finito.

È successo inoltre che Guido Bertolaso non è più certo il “salvatore dei cittadini”, ma quel “Ladro in S.p.a” come qualcuno continua a ricordargli dai brogli della cricca a L’Aquila ed alla Maddalena.

Per questo oggi lo scontro in atto vive, per la controparte governativa, di una pantomima imbarazzante, che contribuisce a rendere l’esito della rivolta nel vesuviano più che mai aperto. Il governo non ha la stessa forza del 2008 quando mandava l’esercito contro i cittadini tra gli applausi dei più.

Il quotidiano di Visman Cusenza, “Il Mattino” si è consolidato come quotidiano filo governativo proprio dal 2008 in poi, da quando c’era come direttore l’attuale direttore del Tg2 Mario Orfeo. Un recentissimo sondaggio del portale on line del quotidiano di Via Chiatamone chiedeva ai cittadini di chi era la colpa della nuova emergenza rifiuti. Appariva singolare che tra le risposte addirittura c’era una che indicava “gli antagonisti e gli anarco insurrezionalisti”. Solo l’1,2% per questa singolare opzione, mentre oltre il 50% dei lettori indicava nel governo Berlusconi il responsabile della nuova emergenza. In due anni non hanno avviato un piano di smaltimento dei rifiuti, hanno semplicemente atteso che si riempissero le discariche, senza scontentare nessuno, soprattutto senza scontentare gli amici di Nicola Cosentino tra la provincia di Napoli e quella di Caserta, gli amici di Ciriaco De Mita nella provincia di Avellino, gli amici di Clemente Mastella in quella di Benevento e gli amici di Mara Carfagna nella provincia di Salerno. Un equilibrio tutto interno al Pdl che ha portato all’immobilismo. Proprio sulla decisione di aprire la discarica di Cava Vitiello sembra aver giocato un ruolo determinante il pezzo più forte ed organizzato del Pdl, nonché quello più ambiguo ed inquinato : quello di Nicola Cosentino. Il governatore Stefano Caldoro sembra rimasto solo e senza le truppe che forse non ha mai avuto. E dunque per applicare le “leggi dello Stato” come dice Berlusconi, ecco che arriva nuovamente da queste parti Guido Bertolaso, stavolta senza poteri commissariali, ma forte del quadro normativo del famoso decreto di fine emergenza rifiuti approvato in febbraio, che gli consegna la gestione della futura discarica di Cava Vitiello e con un ordinanza del prefetto di Napoli Di Martino, gli affida anche la gestione dell’attuale discarica di Cava Sari.

Una volta che si sarà riempita la discarica ci faremo un laghetto” ha annunciato Berlusconi, le stesse idiote e macabre parole utilizzate nel 2008 rispetto alla discarica di Chiaiano.

Probabilmente nessuno crederà più a laghetti e paperelle.

Bertolaso segue la stessa falsariga. “Per ora accantoniamo il discorso su Cava Vitiello e cominciamo a mettere in sicurezza Cava Sari”. Tradotto significa “ora vi tranquillizzo sulla messa in sicurezza di Cava Sari, voi siete più calmi, scema la mobilitazione, vi porto al logoramento e magari fra qualche mese con un blitz prendo Cava Vitiello”. Le tattiche di Guido Bertolaso ormai non hanno molti segreti da queste parti. Infatti due anni fa su Chiaiano la sostanza era molto simile, “facciamo fare i carotaggi, se risultano negativi allora non facciamo nulla…”.

Intanto anche la Chiesa prende posizione.
Prima il Cardinale Sepe e poi addirittura il Papa.
Benedetto XVI auspica una soluzione condivisa sul problema rifiuti”, recita un comunicato della Santa Sede. Qualcuno avrà pensato che le preghiere alla Madonna della Neve abbiano sortito effetto. C’è da dire che il cardinale Crescenzio Sepe, uno che per conto di Propaganda Fide non faceva altro che fare lo speculatore immobiliare, comprando e vendendo case ai potenti come l’ex ministro Lunardi, - come recitano le accuse dei giudici di Perugia - fu la prima personalità che Berlusconi incontrò nel 2008 subito la sua elezione e l’avvio della missione rifiuti. Sepe benedisse Berlusconi. Arrivarono alcune decine di milioni di euro per una improbabile raccolta differenziata fatta nelle parrocchie delle diocesi di Napoli.

Evidentemente vista la nuova emergenza, la chiesa alza la mano e dice “Presente!”. Pronti per entrare nel tavolo…

2. Giù le mani dalla nostra terra.

Appena poche settimane fa è stato reso noto ai media il dato di aumento di mortalità per tumore nelle zone interessate da siti inquinati. Sono 351 solo nella provincia di Napoli. Dati da ecatombe.

La denuncia lanciata dai comitati in questi anni, affermatesi come realtà scomoda e drammatica con il ciclo di lotte del 2008, gli sforzi dei medici per l’ambiente, diventano ora un dato contro il quale nemmeno Berlusconi può provare a barare. Eppure nella nostra regione non esiste un registro dei tumori, non esiste un ufficio delle Asl capace di incrociare i dati delle mortalità per tumore con la geografia dei siti inquinati da rifiuti. Un’urgenza che evidentemente in Regione Campania continuano a considerare troppo scomoda. Ed è di fronte a questi dati, davanti a quei laghetti dei percolato della discarica Sari di Terzigno, di fronte a quel tanfo che sale dal sito vesuviano che altro non è che percolato che finisce nel sottosuolo fino alle falde acquifere, che cresce la rabbia e la determinazione delle comunità vesuviane in lotta.

Cresce e rompe anche quel tappo che la politica istituzionale provava a mettere alla rivolta. I sindaci d Boscoreale e Terzigno, Langella ed Auricchio, entrambe del Pdl, fino a poche settimane fa rassicuravano i cittadini dicendo che Berlusconi avrebbe salvato il Vesuvio, i prodotti biologici, il vino Lacryma Cristi e la salute dei cittadini della zona. Addirittura lo stesso premier, troppo impegnato a tenere insieme i pezzi di ciò che gli resta come maggioranza parlamentare, dichiarava che Cava Vitiello non si sarebbe mai aperta. Eppure dopo quindici giorni nessuno gli chiede nemmeno conto di quelle dichiarazioni. Ma i cittadini dell’area vesuviana possono avere anche una innata pazienza, ma prima o poi finisce. Finisce con i sindaci che si rinchiudono in casa, primi obiettivi della rivolta contro la discarica che individua giustamente in loro degli imbonitori malriusciti della loro rabbia. Probabilmente fino a poche settimane fa non vi era un processo di subordinazione delle istituzioni formali a quelle dell’autogoverno come era ad esempio avvenuto per Chiaiano. Ma il risultato, augurato ed auspicato, si è dato poco dopo con i sindaci in fuga dai presidi.

Ecco dunque che si sono miscelati una serie di elementi che non solo hanno portato alla rivolta popolare dei cittadini vesuviani, ma ha costruito anche un livello di legittimità sociale in quelle pratiche.

I dati sulle mortalità per tumore e l’assenza del registro dei tumori, quel tanfo di percolato che sale e che porta i cittadini a chiedersi cosa ne sarà delle falde acquifere, i sindaci imbonitori e il rimpiattino di Berlusconi, l’esempio delle altre comunità e la necessità di non abbassare la testa davanti alla violenza dello stato, le aziende agricole che chiudono per la mancanza di commesse ed i morsi della crisi. Ecco dunque che quel senso di indignazione diventa rivolta. Non sono più solo giovani quelli che tirano le pietre, ma anche donne, anziani, pensionati, casalinghe, lavoratori. Una moltitudine in rivolta per difendere la loro stessa aspettativa di vita.

Questa è la genesi di una rivolta, che magari risulta ancora acefala, ma che senza dubbio ci riporta il tema delle pratiche al centro del dibattito politico.

3. Uova o pietre ?

Il dibattito che non c’è.
Nessuno fa appelli alla nonviolenza, tranne il governo.
Nessuno affronta la questione per quella che è.
Chi tira oggi pietre a Terzigno ha una legittimità sociale indiscutibile.

Davanti alla difesa della distruzione del territorio, davanti ad una militarizzazione ed un’occupazione del territorio, davanti ad uno Stato dove quelli che dovrebbero garantire i cittadini sono espressione di una classe politica corrotta e fiera di esserlo, l’esercizio del diritto di resistenza in tutte le sue forme è legittimo.

I discorsi sulle pratiche sono sempre molto animati nella società e nei movimenti. Talvolta si discute di essi in scenari malati e contorti come il dibattito sul lancio di uova contro le sedi della Cisl, complice del governo nello smantellamento dei diritti sindacali acquisiti a cominciare dal contratto collettivo nazionale e dalle forme di schiavismo dell’accordo di Pomigliano.

Uova o pietre che siano, le pratiche quando sono reali, esercitate da esperienze sociali vere, quando sono frutto di espressione di un’insorgenza sociale, ritrovano nella società una legittimità di fronte alla quale non c’è nulla che tenga.

Sarebbe importante, all’indomani della manifestazione del 16 ottobre e dell’avvio di un percorso di movimento ricompositivo davanti alla crisi come l’esperienza di Uniti contro la crisi, che la ribellione di Terzigno possa essere da esempio rispetto alla discussione sulle pratiche.

Anche il disegno del governo di bollare come “camorristi” coloro che si oppongono all’ingresso dei camion nella discarica di Terzigno è miseramente naufragato.

Non si capisce perché nella mediocre opinione pubblica di questo paese se al Nord i cittadini fanno un blocco stradale vuol dire che stanno difendendo il territorio, se invece questo avviene a Sud allora sono tutti camorristi. È questo il senso delle discussioni che animano il presidio di Terzigno in questi giorni. Già perché la propensione a credere che tutto sia assimilabile al potere camorrista a Sud molte volte fa presa anche a sinistra, in quella sinistra che più che essere una “missione per il paese” come dice qualcuno dovrebbe invece interrogarsi intorno ad esperienze come Terzigno. Per il momento non ci sono tracce di interrogativi simili…

Siamo certi che dovrebbe invece essere una discussione irrinunciabile nel movimento contro la crisi la discussione intorno alle pratiche a partire non solo da Terzigno, ma anche quello dei pastori sardi ad esempio.

Davanti alla crisi, all’attacco alla vita, alla salute ed all’ambiente come è possibile costruire percorsi di opposizione sociale per affermare la giustizia sociale ed ambientale se non si parte dalla legittimità delle pratiche della resistenza di Terzigno?

Quella di Terzigno come possiamo vedere, diventa una storia emblematica su diversi aspetti. Sulla tenuta e la salute del governo Berlusconi, sul nuovo ciclo di lotte ambientali in Campania e nel paese ed infine sulle pratiche di lotta davanti alla crisi.

Una storia dall’esito ancora da scrivere e dagli stimoli senza dubbio interessanti.

* foto di logo di Alternative Visuali