Taranto lettera dal 7 aprile

Alcune considerazioni sul corteo

9 / 4 / 2013

Taranto è una città strana, diceva qualcuno. La sua storia è caratterizzata dalla costante ricerca di un Eroe a cui delegare la propria salvezza. Un messia individuato ora in quell’ Ambientalismo autoreferenziale promotore di vecchi e nuovi personaggi dal pensiero politico confusionario, oppure in quella Magistratura locale, che improvvisamente si ricorda di dover procedere nei confronti di un' azienda colpevole di aver prodotto un disastro ambientale senza precedenti.

Questo territorio è l’emblema del fallimento delle scellerate scelte politiche da quelle economiche e industriali ma, soprattutto, sociali da mezzo secolo a questa parte. Quando si parla di crisi sistemica, quella che stiamo vivendo, si parla certamente anche di noi.

Ma siamo anche la terza città più grande del meridione (isole escluse), duecentomila abitanti investiti da una crisi che colpisce tutt*, dall’operaio rinchiuso nella fabbrica dei veleni da vent’anni, allo studente fuori sede che nella sua Taranto non ha futuro, ed è costretto ad emigrare, ma in maniera differente.

Non è vero che esiste una sola e esclusiva via di uscita da questa situazione, è vero invece che le alternative sono molteplici perché varia è la composizione della città, di chi la vive e di chi paga la crisi. E forse è questo che la città tutta, il mondo dell’associazionismo vario e eterogeneo, in particolare, non riesce a comprendere.

Siamo tutti sulla stessa barca” si dice, ma non è vero! Il problema non è solamente l’Ilva, e quindi non possiamo rinchiuderci nella dicotomia “Ilva sì, Ilva no”, come il problema non è meramente operaio con la salvaguardia dei livelli salariali piuttosto che delle condizioni (pessime) del lavoro in fabbrica, ma c'è una moltepicità di figure che pagano i costi sociali di un modello di sviluppo feroce che, con difficoltà, cerca di farsi spazio in una narrazione ricompositiva in opposizione all'individualizzazione e frammentazione a cui questa città è condannata da decenni.

Ed è in questo scenario che si pone il Referendum consultivo previsto per il 14 di aprile. Un Referendum consultivo, in perfetta sintonia con una politica priva di alternative e proposte di riconversione ecologica e sostenibile che non sia quella della green economy regolata da logiche contrattuali ultra precarie. Senza voler sminuire il valore democratico del Referendum, anche se la memoria storica ci riporta alla questione ancora in sospeso su Acqua-Nucleare, in cui la grandissima partecipazione ad un referendum abrogativo non ha di fatto aperto la strada alla ri-pubblicizzazione dei servizi idrici.

In un momento come questo a poco crediamo che un’ulteriore consultazione della città porti a risultati incisivi, visto quello che negli ultimi anni la popolazione tutta ha palesemente espresso su un argomento così ad ampio raggio e respiro.

Che l’Ilva sia un mostro da estirpare lo abbiamo capito da tempo, la produzione dell’acciaio inquina, senza se e senza ma (sarebbe facile citare la Germania come esempio di siderurgia pulita, ma ci sembra esercizio meramente retorico). Sarebbe bene iniziare a pensare al dopo Ilva , come reinvestire le risorse, e quali, per la rinascita della città o comunque sia non aspettare scelte che propendano unicamente verso dismissioni dello stabilimento e relative bonifiche come offerta di alternativa occupazionale. Taranto vive la sua emergenza già da moti anni con il suo esercito di disoccupati che in pochissimi casi percepiscono una indennità anche essa a tempo come i contratti costretti a firmare per avere lavoro. Sentiamo quindi la necessità, con ogni mezzo e pratica possibile e necessaria, di porre nell’agenda politica nazionale il problema Taranto, che ridisegni un nuovo modello di welfare, un reddito di cittadinanza per tutte e tutti, la tutela dei beni comuni. Istruzione, cultura, arte!

Ed è per questo che domenica scorsa, 7 Aprile, lo spezzone precario, generazionale, con il suo essere contenitore e megafono trasversale di vite ed esperienze è sceso in piazza con le proprie pratiche riprendendosi la città. Con un minimo comune denominatore: la precarietà! Non abbiamo la presunzione di dover essere rappresentativi di una o più generazioni, crediamo che i nostri problemi siano una parte, una larga parte, di quello che c’è veramente in città. Siamo disoccupate e disoccupati, precarie e precari, donne e uomini, impiegate nei call-center e nella miriade di posti sottopagati, siamo sfruttate e mobbizzate, pront* a mettere in campo le nostre vite per un futuro dignitoso, perché altro non ci rimane.

Vogliamo una città libera dalle forze militari che occupano strutture bellissime della città. Rivendichiamo quegli spazi quali nostri e della città tutta, che siano luoghi di socialità, confronto e condivisione, non frutto di privatizzazioni e speculazioni. Determinante come inizio di questo percorso, teso a combattere l’ emergenza in atto, pretendiamo la cancellazione dei mutui e delle cartelle esattoriali che passano sotto una struttura considerata idonea da tutte le forze politiche per la lotta all’ evasione fiscale, Equitalia, che altro non è che forma legalizzata di usura di stato.

Siamo contro le misure di austerity che ci sono state imposte in nome della salvezza delle banche, in un momento storico che vede aumentare giorno dopo giorno il livello di povertà e di disoccupazione. A fronte di questo, il corteo di domenica scorsa è stato caratterizzato da “sanzioni itineranti” da parte di chi, rispetto alla composizione oggi presente nella piazza di Taranto, sentiva di avere qualcosa di diverso da dire, piuttosto che l’inutile quanto fallace supporto alla magistratura.

Un parcheggio di proprietà della Marina Militare, ora in procinto di diventare proprietà demaniale del Comune, una sede del Monte dei Paschi di Siena salvata dal governo Monti che per tenerla in vita “presta” 3,9 mld di euro che non potranno essere restituiti prima del 2019 e fino ad allora non potrà dare dividendi. Una Sede del Pdl forza politica che ha contribuito in maniera determinante al più grande dissesto finanziario della storia della repubblica e reo di aver votato a favore del “decreto Salva Ilva” .

Affinché la frase “Taranto Libera” diventi realtà e non semplicemente uno slogan fine a se stesso, che Taranto venga liberata ogni giorno attraverso processi di riappropriazione delle vite e delle coscienze creando unione negli intenti che generano conflitto e non solo numericamente in momenti di adunate cittadine sino ad ora pressoché anonime nei contenuti.

*Attivisti Archotower Occupata

Tratto da:

corteo Taranto 7 aprile