Taranto - Cronache dalla città dell’acciaio

28 / 7 / 2012

La giornata del 27 Luglio è stata vissuta dalla città di Taranto come un momento di transizione, dopo lo sconvolgimento e la conseguente carica emotiva degli eventi del giorno precedente, oggi è stato il giorno delle contromosse.

Dopo il provvedimento di sequestro, emesso dal tribunale di Taranto, riguardante l’area a caldo dello stabilimento, si era infatti assistito ad una sorta di fuga dalla nave che cola a picco da parte della nuova dirigenza e dei sindacati che oggi, tuttavia, sono tornati prepotentemente sulla scena.

La mattinata è stata caratterizzata dalla grande assemblea sindacale tenutasi alle 7.00 dinanzi alla portineria D dello stabilimento, a cui hanno partecipato i segretari nazionali dei Fiom, Fim-cisl e Uilm.

Ciò che emerso dall’assemblea è una posizione sostanzialmente condivisa da parte delle tre principali sigle sindacali circa la necessità di rivedere il provvedimento emesso dalla magistratura, per garantire produttività (e quindi profitti) e difesa dei posti di lavoro.

Le uniche sfumature differenti nei discorsi dei maggiori esponenti dei sindacati di categoria riguardano la magistratura: c’è chi come Landini ne ha elogiato il coraggio ma ne ha di fatto chiesto un passo indietro e chi come Rocco Palombella, ex lavoratore Ilva, e segretario nazionale della Uilm (che è il sindacato con il maggior numero di iscritti all’interno della fabbrica) ha messo in discussione la legittimità del provvedimento.

Dopo l’assemblea gli operai si sono diretti, come nel giorno precedente, verso il ponte girevole e verso i maggiori nodi di comunicazione stradale del capoluogo ionico, bloccando di fatto, tutte le vie d’accesso della città.

Intorno alle 17 è giunta notizia ai presidi che i sindacati hanno ritirato lo sciopero che si concluderà alla fine del terzo turno, cioè alle 7.00 di sabato perché in azienda c’è da lavorare.

La notizia che rimette in discussione tutto è quella che il provvedimento di sequestro è stato di fatto solamente notificato ma che non è ancora esecutivo e, in effetti, la giornata del 26 ha visto addirittura un incremento della produzione, a fronte delle 18 colate standard giornaliere ne sono state fatte addirittura 22. La produzione è andata avanti grazie alle “comandate” ovvero i lavoratori che nonostante gli scioperi devono garantire la sorveglianza e la manutenzione degli impianti.

In attesa della decisione del Tribunale del riesame, che si pronuncerà il 3 Agosto, la produzione non si ferma e i blocchi stradali vengono sciolti.

Alle 18 il neo presidente dell’Ilva Ferrante ha convocato una conferenza stampa che ha visto però la presenza inaspettata di numerosi operai non sindacalizzati, circa un centinaio, che con un blitz nella sede del centro studi ILVA, hanno reclamato, dinanzi alle telecamere delle maggiori testate ed emittenti televisive nazionali il diritto a prendere parola sulle decisioni che riguardano il futuro di ventimila operai (tra dipendenti Ilva e indotto) e di un' intera città.

Oltre alla pretesa di partecipazione diretta ai processi decisionali la richiesta chiara da parte dei lavoratori è stata quella di chiedere allo Stato, che è stato proprietario per oltre 30 anni dello stabilimento, e al Gruppo Riva di farsi carico dei costi sociali dell’intera vicenda, dal mantenimento degli standard salariali, anche in prospettiva di un'eventuale chiusura dell’area a caldo, ad un intervento sulle bonifiche e sulla riconversione dell’intero sistema produttivo del territorio. 

Intanto da domani si torna in fabbrica, in attesa del 3 Agosto, quando il Tribunale del riesame si dovrà esprimere riguardo ai provvedimenti di sequestro degli impianti e delle misure cautelari nei confronti degli otto dirigenti arrestati.

Per il giorno precedente alla sentenza i sindacati hanno indetto una giornata di mobilitazione, con lo scopo, neanche troppo celato, di fare pressione sulla magistratura affinché ritiri il provvedimento di sequestro in modo da garantire gli attuali standard occupazionali, tuttavia c’è una fetta di città e di lavoratori che reclamano il diritto ad un'esistenza degna, dentro e fuori dallo stabilimento, con o senza la fabbrica. Alternative a cui la classe dirigente locale, regionale e nazionale, per cinquant'anni, non è riuscita a dare una risposta adeguata.

Siamo sicuri che da domani ci aspettano giorni di attesa, verso un nuovo capitolo di una vicenda che è destinata a cambiare inevitabilmente le sorti della città dell'acciaio, che dopo cinquant'anni di ricatto occupazionale, oggi si ritrova con le spalle al muro, dinanzi alla scelta "vergognosa", come hanno sottolineato gli operai stessi, tra diritto alla salute e diritto al lavoro.

OCCUPY ARCHEOTOWER - TARANTO