"Stop Vel-Eni" Occupato il villaggio Eni al CaterRaduno

Senigallia (An) - Iniziativa della campagna "Per il clima, fuori dal fossile" Interrotta la diretta della trasmissione radiofonica che ha poi invitato gli attivist* a prendere parola

29 / 6 / 2019

Attiviste/i della campagna 'Per il clima e fuori dal fossile', della rete dei Centri Sociali delle Marche, di Trivelle Zero/Marche dei collettivi di #FridaysForFuture hanno occupato la Rotonda a Mare di Senigallia, storico monumento cittadino.

Un'occupazione per protesta contro la presenza del villaggio espositivo Eni 'The Circular Village' all'interno dell'edizione del #CaterRaduno2019.

Una sporca operazione di greenwashing, da parte della multinazionale italiana del fossile che avvelena i territori, dall'Italia all'Africa, Eni protagonista delle politiche neocoloniali occidentali nei paesi del sud del mondo come della devastazione ambientale alla base del #climatechange

Dopo l'occupazione della Rotonda a Mare e l'interruzione della diretta #CaterRaduno, le/i manifestanti sono entrati nella piazza della trasmissione radiofonica e sono stati invitati a parlare, accolti dagli applausi degli spettatori.

Denunciata duramente la presenza indesiderata dell'Eni, con i suoi stand informativi all'interno di una kermesse dedicata alla sostenibilità ambientale.
Un'iniziativa contro le politiche estrattive del capitalismo predatorio che Eni rappresenta nei paesi sottoposti all'estrazione delle risorse, politiche che in quegli stessi paesi sono alla base dei fenomeni migratori, violentemente repressi in Europa. A questo proposito si è lanciato un forte segnale di complicità e solidarietà con la Sea Watch, 'fateli sbarcare ora, apriamo insieme i porti!'

- Il testo del volantino distribuito durante l'iniziativa

STOP VELENI

GIUGNO 2019 nell’area di estrazione di proprietà dell’ENIRagusa per tre settimane si è verificato uno sversamento di petrolio nel bacino del fiume Irminio con gravissimi danni all’ecosistema della zona, vicenda per cui è stato presentato un esposto alla procura per reati ambientali.

APRILE 2019 viene arrestato un alto dirigente dell’azienda che, insieme ad altri 13 indagati, è accusato di DISASTRO AMBIENTALE per lo sversamento di almeno 400 TONNELLATE di greggio nel sottosuolo della Val D’Agri ove risiede il centro olii di Viggiano. Sversamento sempre tenuto nascosto dall’ENI che ha causato danni irreparabili alle falde acquifere di quelle zone.

FEBBRAIO 2019 vengono messi sotto sequestro alcuni stabilimenti ENI in Sicilia con conseguente indagine per 19 responsabili della multinazionale italiana. L’accusa è anche qui emissione di “materiale altamente inquinante” con evidenti correlazioni con l’elevato numero di malattie ad esse riconducibili negli abitanti della zona.

APRILE 2010 scoppia nel DELTA DEL NIGER una conduttura, di una controllata ENI, che provoca nell’area una vera e propria CATASTROFE IRREPARABILE tanto da togliere le fonti di sostentamento alla popolazione locale di pescatori e raccoglitori costringendo tantissime persone a lasciare le proprie terre per migrare anche in Italia.

Sono solo alcuni degli episodi di cui ENI è stata ed è protagonista. Non tutti sanno che questa multinazionale italiana è la maggiore produttrice di petrolio in Africa: Libia, Congo e Nigeria. Qui si macchia di veri e propri delitti ambientali come il gas flaring, la pratica di bruciare in atmosfera (senza recupero) il gas naturale in eccesso estratto assieme al petrolio, oppure come la produzione di greggio a partire da sabbie bituminose, combustibili tra i più inquinanti al mondo.

ENI è un perfetto paradigma dell’ideologia estrattivista delle multinazionali del settore: profitti per pochi, inquinamento e povertà per gli altri. Grazie ad un forte investimento mediatico (come quello di oggi) ENI mette in vetrina un ecologismo da parata, il così detto green washing. Peccato però che questa “riconversione” non tenga conto dell’azione di land grabbing che si cela dietro ogni impianto che utilizza biomasse per produrre energia.

Cosa c'è dietro le concessioni?

A giudicare dalla cronaca giudiziaria, la multinazionale italiana paga enormi tangenti ai corrotti politici per poter trivellare. In Nigeria, per il giacimento Opl 245, l'accusa è che Eni abbia pagato una tangente di circa un miliardo di dollari. Il processo è in corso. L'Osservatorio dei diritti parla della "più grande tangente della storia".

Nel 2004 Eni pagò tangenti per sbloccare alcune trivellazioni in Basilicata, diversi amministratori pubblici finirono nell'inchiesta (fonte: la Gazzetta del Mezzogiorno). Nella stessa regione, venendo all'oggi, è in corso un procedimento contro alcuni dirigenti Eni, responsabili del locale Centro Olio, le accuse sono di avere smaltito (a fini di profitto) rifiuti inquinanti facendoli passare come innocui.

ENI è anche un simbolo. Contestarla significa contestare anche la politica energetica di questo paese: il 30% di ENI è di proprietà dello Stato ed il governo ne nomina i più alti dirigenti. Vuol dire mettere tutti di fronte alle proprie responsabilità per raggiungere lo zero di emissioni nette di CO2 entro il 2050 e abbandonare un'economia e un modello di vita legati ai combustibili fossili.

Oggi siamo qui per questo. Come rappresentanti della campagna nazionale “Per il clima, fuori dal fossile” vogliamo dire basta alle menzogne green di ENI e dei politici conniventi. Ci sembra paradossale che un evento come il CaterRaduno che fa dell’ecologismo e dell’ambientalismo uno dei suoi punti di forza, si presti a fare da vetrina ad una delle multinazionali responsabili del 70% delle emissioni su scala mondiale.

Battersi per la giustizia climatica significa agire; esigere un reale cambio di paradigma sia in termini produttivi che di gestione di risorse e territori. Significa pretendere che chi fino ad ora ha tratto profitti inquinando senza limiti da oggi paghi per la riconversione ecologica dell’energia e per la bonifica dei territori devastati.

Campagna nazionale per il clima, fuori dal fossile.

Stop Vel-Eni! - Le immagini della contestazione

L'intervento dalla piazza del CaterRaduno