Stop Biocidio - Piattaforma contro il biocidio, la devastazione ambientale, i roghi

23 / 7 / 2017

Pubblichiamo la piattaforma del coordinamento di comitati, attivisti e cittadini contro il biocidio, la devastazione ambientale, i roghi. Si tratta di una piattaforma che prova a raccontare la voce delle migliaia di donne e uomini che si sono mobilitate nelle ultime settimane e che in aggiornamento costante. Chi la promuove invita tutte le realtà e i singoli che volessero aderire e/o approfondire i singoli temi o aggiungerne di nuovi a scrivere una mail a [email protected]

PIATTAFORMA STOP BIOCIDIO

Premessa.

La storia della devastazione ambientale nella nostra regione è una storia lunga almeno trent’anni. Lo scriviamo perché il clamore mediatico con cui sono state accolte le immagini del Vesuvio in fiamme possono aver dato l’idea che quest’estate è successo qualcosa di tragico e straordinario. Di straordinario, invece, nella nostra regione non c’è niente. Esiste invece un disegno economico criminale molto preciso che ha decretato che la nostra terra dovesse diventare la pattumiera d’Italia: l’incenerimento illegale dei rifiuti, gli incendi che cancellano le tracce delle discariche abusive, i commissariati straordinari che hanno occultato tutto tramite legislazioni in deroga all’ordinamento vigente. Ancora: la distruzione della vegeteazione vesuviana, i rischi idrogeologici del mancato rimboschimento, la distruzione inarrestabile di un intero ecosistema patrimonio non solo della Campania, ma dell’intero paese. Tutto ciò rappresenta un’enorme macchina di produzione di profitto, la cui filiera tiene strette le mani sui nostri territori e decreta – in nome di questo profitto – l’avvelenamento e la morte di migliaia di cittadini inermi. Questo complesso sistema di arricchimento a mezzo di politiche di morte abbiamo imparato a chiamarlo biocidio, una parola che i comitati hanno appreso dai medici che avevano il coraggio di condurre controinchieste nella nostra regione e che hanno dimostrato l’esistenza di un indebolimento allarmante già a livello di DNA per chi abita alle nostre latitudini. È dunque la vita stessa in quanto tale, nella sua capacità di rafforzarsi geneticamente, a essere sotto attacco. Queste cose le diciamo da anni: le dicono i presidi permanenti contro discariche e inceneritori, i comitati, le realtà di base, le associazioni indipendenti. Queste cose le hanno dette, quattro anni fa, le 150.000 persone che sono scese in piazza nel Fiume in Piena che ha travolto la città di Napoli, pretendendo che gli organi competenti assumessero le rivendicazioni dei cittadini – che avevano scritto una piattaforma articolata sulla questione ambientale e sanitaria -rinunciando alla propaganda di minimizzazione (quando non di negazionismo).
Le camorre abbattono i costi di produzione dell’industria del parallelo e ne nascondono le tracce tramite lo smaltimento illegale di rifiuti, un’attività talmente redditizia da ricevere l’appalto anche di pezzi importanti dell’economia formale non solo regionale, ma del paese intero. 
Se questa storia di devastazione ambientale esiste da decenni, però, da decenni esiste anche la storia della resistenza allo scempio dei comitati. La piattaforma che presentiamo oggi non nasce quindi nel vuoto o nel volontarismo civico degli ultimi giorni in cui non poche forze politiche hanno provato a riciclarsi: essa rappresenta l’intreccio dei saperi prodotti dalle battaglie con le quali gli attivisti dei comitati hanno animato i nostri territori e li hanno difesi con la forza delle idee, ma soprattutto mettendo in gioco il proprio corpo. Oggi chi ci governa non può fingere di trovarsi all’anno zero della Campania: esiste una storia di connivenze, omertà, collusioni che è scritta nel passato di molti di quelli che oggi si fingono ferventi difensori dell’ambiente e della democrazia. Fatta questa premessa, necessaria per ricostruire un orizzonte minimo di verità per ogni discorso sui fatti di questi giorni, veniamo agli episodi recenti e alla piattaforma.

La Guerra dei Fuochi.

Da settimane la Campania brucia senza sosta e senza che nessuno si ponga il problema: bruciano le città, bruciano le montagne, brucia il Vesuvio. Hanno provato a normalizzare quello che sta accadendo, ponendolo sullo stesso piano della piromania diffusa che in estate avvelena l’intero paese ma è stato subito evidente che si trattava di altro. Non esiste nessuno che sappia cosa sta accadendo che non sia consapevole del fatto che è frutto di un disegno criminale, ben architettato, che mira a mandare un messaggio a qualcuno senza farsi alcuno scrupolo per le vite di tutti.
Le perdite in termini di biodiversità, di territori danneggiati, di ecosistemi distrutti, di salute danneggiata sono incalcolabili e lo sarebbero anche se l’emergenza fosse finita. Ma non siamo ancora a quel punto: nonostante le dichiarazioni di soddisfazione da parte del Presidente della Regione, nonostante l’ottimismo del vice prefetto di Napoli, commissario alla Terra dei Fuochi, i nostri territori non hanno mai smesso di bruciare; a ogni rogo estinto corrisponde un focolaio che riprende vigore senza che ci siamo mezzi adeguati e uomini sufficienti a fronteggiare la catastrofe.
L’abbiamo chiamata “guerra dei fuochi” perché ci risulta palese che ci troviamo all’interno di una guerra che qualcuno ci ha dichiarato, ma per la quale non abbiamo eserciti da parte di chi dovrebbe fornircene. Se le istituzioni locali vivono in una dimensione parallela dalla quale hanno il coraggio di dire che sta andando tutto meglio, quelle nazionali risultano semplicemente non pervenute: mentre Napoli e la Campania bruciavano, mentre le immagini del Vesuvio in fiamme facevano il giro del mondo, mentre i soccorsi partivano con un ritardo criminale, dal governo non veniva e non viene attualmente spesa una parola per la sorte della nostra terra. 
La verità è che se la Campania è in guerra, dobbiamo renderci conto del fatto che siamo solo noi il nostro esercito: un esercito di attivisti, di comitati, di cittadini, di organizzazioni grandi e piccole che da sempre gridano Stop Biocidio e che immediatamente hanno capito la portata di quello che sta accadendo. 
Nel giro di pochi giorni siamo scesi in piazza, ci siamo riuniti in decine di assemblee e momenti di riflessione nei singoli territori, ed è ora di incontrarci nuovamente tutti insieme, per ribadire ancora una volta la necessità di un modello ambientale ed economico radicalmente opposto a quella della devastazione determinata dall’intreccio tra camorra, malapolitica e imprenditoria disumana.

Cosa pretendiamo.
Sappiamo precisamente di cosa ha bisogno il nostro territorio: il governo nazionale, le istituzioni locali tutte non devono fare altro che mettersi all’ascolto e fornire alla Campania gli strumenti per uscire dalla situazione drammatica in cui l’hanno fatta finire.

- Vogliamo i responsabili.

E c’è bisogno innanzitutto di assunzione di responsabilità, abbiamo bisogno di risposte precise a domande precise: perché il piano di prevenzione era in ritardo? Di chi è la responsabilità della mancata cura di un territorio che si definisce “protetto”? Perché a più di un anno dalla legge n.20/2016 della regione Campania nulla è stato realmente realizzato in termini di prevenzione incendi?
Quanto ha influito nel computo delle responsabilità lo scioglimento del Corpo Forestale dello Stato? Quanto, rispetto alla propagazione dell’emergenza, l’assenza di mezzi e uomini, di canadair e Vigili del Fuoco?
Quali sono le responsabilità della Regione Campania in tutto quello che è accaduto? Perché a livello regionale c’è stato un ritardo così netto nell’accertare l’entità del disastro? Chi avrebbe dovuto sollecitare il Prefetto in tempi sicuramente più celeri, e perché la stessa Prefettura è intervenuta così in ritardo dopo esser stata sollecitata?
E quanto invece è imputabile al rifiuto, da parte della Regione Campania, di stipulare la convezione con i Vigili del Fuoco? Quali sono le ragioni e le responsabilità di questo rifiuto?

- Prevenzione: vogliamo che non accada mai più

- Se c’è qualcosa che abbiamo imparato dalle ultime settimane, è che un numero di unità di Vigili del Fuoco adeguato a contrastare fenomeni come quelli che ogni estate, in particolare, questa estate, i nostri territori vivono, non deve essere imposto dalla stipula di protocolli straordinari ma deve necessariamente essere previsto nella norma, senza bisogno di interventi specifici. 
- Se c’è qualcosa che abbiamo imparato è che la funzione e i mezzi dei Vigili del Fuoco vanno ridiscussi e potenziati: cosa è mancato in tutti questi giorni? Di cosa avrebbero avuto bisogno per fronteggiare realmente l’emergenza e non subirla? 
Il nostro paese ha acquistato 38 unità F35 al costo di 85 milioni di dollari ognuna: sono più di 3 miliardi di dollari con i quali si potrebbe garantire un controllo capillare e radicale di ogni singolo territorio, a rischio e non, con i quali si potrebbero garantire mezzi antincendio reali, con i quali il nostro paese potrebbe dotarsi dell’unica flotta aerea della quale ha realmente bisogno, quella di canadair che salvino i nostri territori senza dover aspettare di rifornirvisi da privati di paesi esteri. È evidente, altresì, lo scioglimento del Corpo Forestale dello Stato, lungi dall’essere una manovra volta all’alleggerimento della macchina statale, è risultato un pasticcio istituzionale che ha comportato delle conseguenze nefaste: le funzioni di quel corpo erano specifiche e probabilmente avrebbero arginato il disastro. È necessario che vengano ripristinate tutte le funzioni di controllo dei boschi e di prevenzione degli incendi.
- Il sistema di prevenzione e manutenzione contro gli incendi deve essere sottoposto allo stesso soggetto che gestirà lo spegnimento definitivo, e deve trattarsi di un soggetto completamente pubblico, di una gestione con meccanismo di premialità che incentivi l’azzeramento del numero degli incendi e ne penalizzi l’accrescimento.
- I comuni del territorio che compone il Parco Nazionale devono istituire una cabina di regia unica composta da istituzioni, Protezione Civile, Ente Parco, associazioni e comitati territoriali, che resti in piedi in maniera permanente con le funzioni di controllo e gestione partecipata del territorio e sia fornita degli strumenti per attivarsi in caso di emergenza.

- Vogliamo la fine dell’emergenza

Oltre all’individuazione dei responsabili e degli strumenti di prevenzione affinché mai più possa accadere quello che abbiamo visto e ancora stiamo vedendo, c’è da pensare innanzitutto a come si ripara al disastro.
- Chiediamo che venga istituito un comitato scientifico per la messa in sicurezza dal rischio idrogeologico, che analizzi il danno e si occupi della riprogettazione delle aree danneggiate, e che coinvolga la società civile nel processo.
- Quest’ultima è una specifica irrinunciabile: nelle operazioni di messa in sicurezza dei territori danneggiati, di rimboschimento e riprogettazione, è indispensabile che vi sia la più totale trasparenza, anche e soprattutto della gestione dei fondi. I cittadini devono avere accesso e controllo su qualunque decisione: tutti gli enti, a ognuno dei livelli coinvolti, devono monitorare i fondi che saranno stanziati per la riqualificazione e inserire nelle commissioni di monitoraggio rappresentanti dei comitati e delle associazioni che operano sui territori. Lo abbiamo detto quattro anni fa e lo ribadiamo ora: non ci fidiamo di voi, e ogni singolo giorno in cui abbiate lavorato senza il nostro controllo è stato un giorno di avvicinamento al disastro. 
La classe politica campana e nazionale, le istituzioni tutte, non possono avere la presunzione di operare dopo quello che è accaduto senza che siano controllati costantemente da quel popolo che hanno tradito e oltraggiato per più di trent’anni.
- Bisogna risarcire quanti hanno perso case, terreni agricoli, pascoli e capi di bestiame, bisogna chiarire immediatamente che i terreni bruciati saranno messi in sicurezza e ripristinati nella loro destinazione originaria, non destinati ad altro uso: questo è fondamentale per rispondere a chi ha imposto un attacco così duro alla nostra terra per interessi commerciali ed economici, ed è fondamentale che i piani di bonifica siano in ogni caso sottoposti al controllo popolare.
- Occorre che l’ARPAC operi un monitoraggio costante dei fumi nei comuni colpiti dai roghi e in quelli adiacenti, perché le immagini satellitari ci mostrano come i fumi si siano propagati ben oltre i comuni di origine dei roghi.

- L’ente Parco va rivoluzionato

Un discorso a parte, ancora più specifico, va fatto per l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio, la cui gestione va rimodulata in senso partecipativo.
- Serve immediatamente l’istituzione di una consulta permanente di associazioni e comitati operanti in tutti i comuni del territorio del Parco.

- Basta roghi, ora e per sempre
L’incendio al Parco Nazionale del Vesuvio è stato soltanto l’inizio dello scempio: occorre fare un discorso specifico e più ampio sui roghi che stanno avvelenando la nostra terra. 
- Ancora una volta ribadiamo la necessità che si affermi il principio per cui chi inquina paghi: così come per le bonifiche, a pagare lo smaltimento dei rifiuti combusti deve essere chi ha prodotto quei rifiuti: serve un fondo nazionale straordinario per le bonifiche finanziato: 
§ dal denaro confiscato alla camorra per gli sversamenti dei traffici illeciti
§ dalle imprese che hanno inquinato
§ da un “super found”, come già avviene in altri Paesi, finanziato dalle associazioni imprenditoriali qualora non si riesca a risalire direttamente alle imprese che hanno inquinato: non abbiamo generato noi quei rifiuti, che ne paghino le conseguenze le associazioni di categoria di trasportatori di rifiuti e Confindustria.
- Vanno moltiplicati gli investimenti nell’apertura di isole ecologiche, accessibili temporaneamente anche a privati se necessario purché opportunamente monitorati: va smaltita l’enorme mole di rifiuti attualmente esistente e potenzialmente letale se bruciata e per farlo occorre che siano predisposti degli strumenti adeguati.
- Bisogna urgentemente ragionare su meccanismi di prevenzione dei roghi: occorre l’istituzione di un fondo straordinario per la rimozione tempestiva dei siti di sversamento segnalati. Perché il meccanismo sia efficace occorre svincolarlo dall’ordinarietà: deve trattarsi di un fondo straordinario ottenuto in deroga ai vincoli del Patto di Bilancio. La città metropolitana di Napoli al momento dispone di 540 milioni di euro di disavanzo di bilancio vincolato: quei fondi vanno immediatamente stanziati, l’unico vincolo cui le nostre istituzioni devono obbedire deve essere quello della tutela di cittadini e territori, nonché della necessità immediata del rimboschimento del Vesuvio e dell’acquisto di mezzi antincendio metropolitani. Il Patto di stabilità non può riguardare gli investimenti per il risanamento ambientale. Il sistema delle sanzioni non può bloccare proprio le risorse che servono per uscire dal disastro ambientale.

- Serve riprendere ed estendere immediatamente il protocollo ecopneus. Riteniamo che i sessanta comuni rimanenti dei novanta che hanno aderito al Patto per la Terra dei Fuochi debbano immediatamente stipulare convenzioni con la società Ecopneus per il ritiro gratuito degli pneumatici nelle isole ecologiche comunali. In questo modo si darebbe una grande spallata al fenomeno dei roghi tossici, i quali vengono alimentati proprio con gli pneumatici, spesso acquistato a nero. Tutto ciò serve ad assicurare il ritorno ad una gestione ordinaria dello smaltimento dei rifiuti speciali, che potrebbe garantire, attraverso la vendita degli penumatici alla suddetta società privata anziché regalarglieli, delle entrate economiche importanti per le casse comunali da poter reinvestire per l'attivazione di ulteriori piani per la tutela dell'ambiente.
- Va controllato in maniera capillare il territorio: servono delle telecamere nelle aree più critiche, quelle soggette più frequentemente a sversamenti e fenomeni di combustione tutt’altro che spontanei;
- C’è l’urgenza irrinunciabile di mettere in sicurezza le discariche sottoposte a sequestro che ancora, con il silenzio assenso di tutti i livelli istituzionali, vengono utilizzate per sversamenti illegali e poi puntualmente date al fuoco: serve un piano globale di mappatura e tombatura di tutti questi siti e di tutti gli altri a rischio. I comitati e le associazioni territoriali conoscono perfettamente i propri territori, essi possono essere il migliore degli strumenti per segnalare alle forze dell’ordine i luoghi maggiormente soggetti a rischio e per monitorarli;
- Serve rimuovere prontamente tutti i rifiuti accumulati e istituire degli sportelli locali in cui i cittadini possano rivolgersi per denunciare la presenza di cumuli di spazzatura;
- Occorre infine destinare fondi e risorse per un ambiente salubre: la vera prevenzione si fa attuando politiche di salvaguardia del territorio.


- Vogliamo che il nostro diritto alla salute sia tutelato

Va tenuto in considerazione massima il danno sanitario che questo periodo di incendi quotidiani e violenti ha prodotto sui cittadini campani, e va pensato un piano per affrontarlo:
- Va stipulato un piano straordinario di investimento per affrontare l’emergenza.
- L’articolo 32 della nostra Costituzione prevede che siano tutelati la salute dei singoli cittadini per l’interesse della collettività intera: a questo scopo chiediamo al Ministero della Sanità di intervenire sui poteri della Regione Campania in favore dei soggetti residenti nelle aree colpite attraverso la sospensione immediata del ticket sanitario di circa euro 60 da ora e fino a fine 2017 per patologie respiratorie, presunte o da accertare e delle relative. Chiediamo inoltre di considerare i soggetti già colpiti da una patologia di per sé esente in quanto appartenenti all’elenco delle malattie e condizioni croniche e invalidanti come soggetti maggiormente a rischio/vulnerabili, a causa della presenza di una precedente patologia che può aumentare la comorbosità verso patologie respiratorie, secondo il DPCM 12 gennaio 2017 e dei nuovi LEA.

- Non ci faremo intrappolare nell’emergenza
Accanto a queste rivendicazioni urgenti e irrinunciabili, riaffermiamo i principi che ci hanno portati a mettere in rete tutte le realtà che da sempre si occupano di devastazione ambientale sui nostri territori:

- Il piano regionale dei rifiuti

- Il Piano regionale dei rifiuti urbani va ritirato e completamente riscritto. I rifiuti, se ben gestiti, costituiscono una risorsa. La combustione dei rifiuti, in proiezione futura, è un sistema in contrasto con le direttive europee e con gli accordi mondiali per la riduzione delle emissioni di CO2. Non si può ancora pensare che il problema dei rifiuti si risolva bruciandoli, o sversandoli in discariche più o meno abusive. 
- Per questo rivendichiamo:
§ No alle discariche.
§ L’abbandono d’ipotesi come quella di altri gassificatori, inceneritori, termovalorizzatori, centrali a biomasse. Impianti assolutamente dannosi oltre che inutili. Infatti anche per quei rifiuti che si ritiene debbano essere necessariamente bruciati, come rifiuti ospedalieri, esistono modalitá di smaltimento alternative. Infatti basterebbe individuare dei depositi temporanei atti ad attendere il decadimento della radioattività, in modo tale da poterli gestire poi come rifiuti non pericolosi.
§ L’attivazione di un piano alternativo per la gestione dei rifiuti deve portare alla chiusura dell’inceneritore di Acerra.
§ L’immediato controllo di tutte le attività di combustione previste nei cementifici, escludendo l’uso di rifiuti. fondamentale escludere qualsiasi forma di combustione dei rifiuti all’interno dei cementifici o centrali termoelettriche.
§ La realizzazione di un nuovo piano regionale sui rifiuti basato sul modello delle 4 R: riduzione, raccolta differenziata porta a porta, riuso finalizzato al recupero della materia non all’incenerimento, riciclo dei rifiuti.
§ La costruzione d’impianti di compostaggio e di filiere per l’effettivo riciclaggio dei rifiuti prodotti;
§ Promuovere ed implementare la riduzione dei rifiuti, a partire dalla PA, come previsto da leggi già vigenti, con l’acquisto prodotti da riciclo.
§ Ciò che non si può smaltire, non può essere più prodotto. Abbiamo già riempito il nostro territorio di rifiuti e percolato che hanno inquinato falde acquifere e aria. Riconvertire la Campania vuol dire innanzitutto prendere atto che non si può più inquinare.
§ Rivendichiamo anche la ripubblicizzazione delle società che nei comuni si occupano di smaltimento dei rifiuti. Identica gestione pubblica deve essere prevista per l’acqua e per tutti i servizi pubblici, così come espresso dalla volontà espressa da 27 milioni di cittadini nel Referendum del 2011.

-Innanzitutto le bonifiche: 
- Occorrono regole stringenti. I soli controlli prefettizi, pur necessari, non sono assolutamente sufficienti. Da soli costituirebbero una sciagurata foglia di fico. 
- Serve una White List delle imprese che sole potranno candidarsi ad effettuare le bonifiche: teniamo fuori immediatamente chi ha fatto affari con l’emergenza. Il piano regionale delle bonifiche è inadeguato e va profondamente rivisto. 
- Vanno ripristinate le 4 aree campane nella classificazione dei Siti di Bonifica di Interesse Nazionale e non devono essere previste bonifiche finalizzate a forme di combustione attraverso impianti a biomasse.
- In Campania non entri più alcun rifiuto proveniente da regioni del Nord o europee! È necessario individuare un sistema di tracciabilità satellitare sul trasporto dei rifiuti, che sia efficiente. Fino ad ora è stato solo l’ennesima occasione per speculazioni e truffe.

- Difesa dell’agricoltura. Valorizzazione e tutela dei prodotti agricoli di qualità
La parola bonifiche perde qualsiasi significato se non accompagnata da una seria caratterizzazione dei territori inquinati di tutta la Regione e non soltanto dei siti già individuati, che va estesa ai pozzi legali ed alla falda acquifera tutta. Solo dopo la caratterizzazione è possibile individuare l’intervento più corretto, sito per sito. Tutte le fasi devono essere trasparenti e pubbliche per garantire la partecipazione ed il controllo della comunità. Sui terreni confiscati va promosso il riuso sociale.
Serve un piano di riconversione ecologica complessiva, in cui un ruolo centrale sia proprio quello degli agricoltori, al fine di sviluppare lavoro, reddito e diritti.

- I due principi irrinunciabili
Ancora una volta, come sempre, ribadiamo quello che deve essere i due, fondamentali, principi per la gestione della situazione campana: 
- No a leggi speciali. No alla militarizzazione del territorio.
Le leggi speciali sono state l’arma impropria del sistema politico-affaristico-criminale. Le leggi speciali e i commissariamenti hanno consentito l’aggiramento, con protezione militare, delle leggi ordinarie. Carenti che fossero, erano comunque leggi, perciò erano d’intralcio al sistema criminale. Arbitrii inconcepibili contro le leggi ordinarie sono stati commessi in nome delle leggi speciali 
Discariche, finte bonifiche, impianti di depurazione, nel loro insieme costituiscono uno dei più gravi crimini di Stato, di cui lo Stato sarà chiamato a dar conto.
Sta montando un nuovo clima emergenziale, con toni allarmistici, questi sì, da parte di chi fino a ieri non sapeva e non vedeva. In nome di una nuova emergenza, con leggi speciali, le bonifiche finirebbero nelle stesse mani che hanno prodotto il disastro, questa volta con la casacca dei bonificatori.
Siamo contrari fortemente alle ipotesi di ulteriori commissariamenti ad acta, che già in questi 20 anni si sono dimostrati tra i veri responsabili del disastro ambientale in Campania.
NON DEVONO ESISTERE ZONE INVALICABILI PER I CITTADINI. Abbiamo sperimentato in questi anni la militarizzazione dei nostri territori. Si è impedito ai diretti danneggiati, i cittadini, di monitorare, consentendo alle imprese criminali di fare quello che volevano, senza rendicontare a nessuno; sono, invece, state represse le legittime proteste. In sintesi, controllo militare = NESSUN CONTROLLO.

- Giustizia ambientale e sociale. Riconvertire la Campania.
I dati dimostrano come devastazione ambientale e deprivazione sociale siano un cane che si morde la coda. Le colpe sono delle scelte politiche e sociali di questi anni di governi in Campania e a livello nazionale.
Per uscire dalla crisi ambientale, è necessario uscire anche dalla crisi sociale. Non si devono contrapporre diritti e salute, lavoro e sviluppo del territorio. Bisogna ripartire dalla dignità delle persone. La Campania è in una condizione di altissima precarietà e di disoccupazione fuori controllo. E’ una terra senza diritti e senza tutele.
Fermare il biocidio, vuol dire necessariamente rivendicare anche welfare, casa, diritti essenziali; vuol dire creare un piano per il lavoro che, a partire dalla creazione della filiera del riciclo e delle bonifiche, metta al centro operatori ambientali, assunzioni di nuove persone e recupero degli esuberi già esistenti; vuol dire investire su un’istruzione pubblica e una ricerca capaci di formare coscienze e competenze in grado di promuovere un diverso modello di sviluppo per la nostra Regione.

#StopBiocidio