Pubblichiamo la piattaforma del coordinamento di comitati, attivisti e cittadini contro il biocidio, la devastazione ambientale, i roghi. Si tratta di una piattaforma che prova a raccontare la voce delle migliaia di donne e uomini che si sono mobilitate nelle ultime settimane e che in aggiornamento costante. Chi la promuove invita tutte le realtà e i singoli che volessero aderire e/o approfondire i singoli temi o aggiungerne di nuovi a scrivere una mail a [email protected]
PIATTAFORMA STOP BIOCIDIO
Premessa.
La storia della devastazione
ambientale nella nostra regione è una storia lunga almeno trent’anni. Lo
scriviamo perché il clamore mediatico con cui sono state accolte le immagini
del Vesuvio in fiamme possono aver dato l’idea che quest’estate è successo qualcosa
di tragico e straordinario. Di straordinario, invece, nella nostra regione non
c’è niente. Esiste invece un disegno economico criminale molto preciso che ha
decretato che la nostra terra dovesse diventare la pattumiera d’Italia:
l’incenerimento illegale dei rifiuti, gli incendi che cancellano le tracce
delle discariche abusive, i commissariati straordinari che hanno occultato
tutto tramite legislazioni in deroga all’ordinamento vigente. Ancora: la
distruzione della vegeteazione vesuviana, i rischi idrogeologici del mancato
rimboschimento, la distruzione inarrestabile di un intero ecosistema patrimonio
non solo della Campania, ma dell’intero paese. Tutto ciò rappresenta un’enorme
macchina di produzione di profitto, la cui filiera tiene strette le mani sui
nostri territori e decreta – in nome di questo profitto – l’avvelenamento e la
morte di migliaia di cittadini inermi. Questo complesso sistema di
arricchimento a mezzo di politiche di morte abbiamo imparato a chiamarlo
biocidio, una parola che i comitati hanno appreso dai medici che avevano il
coraggio di condurre controinchieste nella nostra regione e che hanno
dimostrato l’esistenza di un indebolimento allarmante già a livello di DNA per
chi abita alle nostre latitudini. È dunque la vita stessa in quanto tale, nella
sua capacità di rafforzarsi geneticamente, a essere sotto attacco. Queste cose
le diciamo da anni: le dicono i presidi permanenti contro discariche e
inceneritori, i comitati, le realtà di base, le associazioni indipendenti.
Queste cose le hanno dette, quattro anni fa, le 150.000 persone che sono scese
in piazza nel Fiume in Piena che ha travolto la città di Napoli, pretendendo
che gli organi competenti assumessero le rivendicazioni dei cittadini – che
avevano scritto una piattaforma articolata sulla questione ambientale e
sanitaria -rinunciando alla propaganda di minimizzazione (quando non di
negazionismo).
Le camorre abbattono i costi di produzione dell’industria del parallelo e ne
nascondono le tracce tramite lo smaltimento illegale di rifiuti, un’attività
talmente redditizia da ricevere l’appalto anche di pezzi importanti
dell’economia formale non solo regionale, ma del paese intero.
Se questa storia di devastazione ambientale esiste da decenni, però, da decenni
esiste anche la storia della resistenza allo scempio dei comitati. La
piattaforma che presentiamo oggi non nasce quindi nel vuoto o nel volontarismo
civico degli ultimi giorni in cui non poche forze politiche hanno provato a
riciclarsi: essa rappresenta l’intreccio dei saperi prodotti dalle battaglie
con le quali gli attivisti dei comitati hanno animato i nostri territori e li
hanno difesi con la forza delle idee, ma soprattutto mettendo in gioco il
proprio corpo. Oggi chi ci governa non può fingere di trovarsi all’anno zero
della Campania: esiste una storia di connivenze, omertà, collusioni che è
scritta nel passato di molti di quelli che oggi si fingono ferventi difensori
dell’ambiente e della democrazia. Fatta questa premessa, necessaria per
ricostruire un orizzonte minimo di verità per ogni discorso sui fatti di questi
giorni, veniamo agli episodi recenti e alla piattaforma.
La Guerra dei Fuochi.
Da settimane la Campania brucia
senza sosta e senza che nessuno si ponga il problema: bruciano le città,
bruciano le montagne, brucia il Vesuvio. Hanno provato a normalizzare quello
che sta accadendo, ponendolo sullo stesso piano della piromania diffusa che in
estate avvelena l’intero paese ma è stato subito evidente che si trattava di
altro. Non esiste nessuno che sappia cosa sta accadendo che non sia consapevole
del fatto che è frutto di un disegno criminale, ben architettato, che mira a
mandare un messaggio a qualcuno senza farsi alcuno scrupolo per le vite di
tutti.
Le perdite in termini di biodiversità, di territori danneggiati, di ecosistemi
distrutti, di salute danneggiata sono incalcolabili e lo sarebbero anche se
l’emergenza fosse finita. Ma non siamo ancora a quel punto: nonostante le
dichiarazioni di soddisfazione da parte del Presidente della Regione,
nonostante l’ottimismo del vice prefetto di Napoli, commissario alla Terra dei
Fuochi, i nostri territori non hanno mai smesso di bruciare; a ogni rogo
estinto corrisponde un focolaio che riprende vigore senza che ci siamo mezzi
adeguati e uomini sufficienti a fronteggiare la catastrofe.
L’abbiamo chiamata “guerra dei fuochi” perché ci risulta palese che ci troviamo
all’interno di una guerra che qualcuno ci ha dichiarato, ma per la quale non
abbiamo eserciti da parte di chi dovrebbe fornircene. Se le istituzioni locali
vivono in una dimensione parallela dalla quale hanno il coraggio di dire che
sta andando tutto meglio, quelle nazionali risultano semplicemente non
pervenute: mentre Napoli e la Campania bruciavano, mentre le immagini del
Vesuvio in fiamme facevano il giro del mondo, mentre i soccorsi partivano con
un ritardo criminale, dal governo non veniva e non viene attualmente spesa una
parola per la sorte della nostra terra.
La verità è che se la Campania è in guerra, dobbiamo renderci conto del fatto
che siamo solo noi il nostro esercito: un esercito di attivisti, di comitati,
di cittadini, di organizzazioni grandi e piccole che da sempre gridano Stop
Biocidio e che immediatamente hanno capito la portata di quello che sta
accadendo.
Nel giro di pochi giorni siamo scesi in piazza, ci siamo riuniti in decine di
assemblee e momenti di riflessione nei singoli territori, ed è ora di
incontrarci nuovamente tutti insieme, per ribadire ancora una volta la
necessità di un modello ambientale ed economico radicalmente opposto a quella
della devastazione determinata dall’intreccio tra camorra, malapolitica e
imprenditoria disumana.
Cosa pretendiamo.
Sappiamo precisamente di cosa ha bisogno il nostro territorio: il governo
nazionale, le istituzioni locali tutte non devono fare altro che mettersi
all’ascolto e fornire alla Campania gli strumenti per uscire dalla situazione
drammatica in cui l’hanno fatta finire.
- Vogliamo i responsabili.
E c’è bisogno innanzitutto di
assunzione di responsabilità, abbiamo bisogno di risposte precise a domande precise:
perché il piano di prevenzione era in ritardo? Di chi è la responsabilità della
mancata cura di un territorio che si definisce “protetto”? Perché a più di un
anno dalla legge n.20/2016 della regione Campania nulla è stato realmente
realizzato in termini di prevenzione incendi?
Quanto ha influito nel computo delle responsabilità lo scioglimento del Corpo
Forestale dello Stato? Quanto, rispetto alla propagazione dell’emergenza,
l’assenza di mezzi e uomini, di canadair e Vigili del Fuoco?
Quali sono le responsabilità della Regione Campania in tutto quello che è
accaduto? Perché a livello regionale c’è stato un ritardo così netto
nell’accertare l’entità del disastro? Chi avrebbe dovuto sollecitare il
Prefetto in tempi sicuramente più celeri, e perché la stessa Prefettura è
intervenuta così in ritardo dopo esser stata sollecitata?
E quanto invece è imputabile al rifiuto, da parte della Regione Campania, di
stipulare la convezione con i Vigili del Fuoco? Quali sono le ragioni e le
responsabilità di questo rifiuto?
- Prevenzione: vogliamo che non accada mai più
- Se c’è qualcosa che abbiamo
imparato dalle ultime settimane, è che un numero di unità di Vigili del Fuoco
adeguato a contrastare fenomeni come quelli che ogni estate, in particolare,
questa estate, i nostri territori vivono, non deve essere imposto dalla stipula
di protocolli straordinari ma deve necessariamente essere previsto nella norma,
senza bisogno di interventi specifici.
- Se c’è qualcosa che abbiamo imparato è che la funzione e i mezzi dei Vigili
del Fuoco vanno ridiscussi e potenziati: cosa è mancato in tutti questi giorni?
Di cosa avrebbero avuto bisogno per fronteggiare realmente l’emergenza e non
subirla?
Il nostro paese ha acquistato 38 unità F35 al costo di 85 milioni di dollari
ognuna: sono più di 3 miliardi di dollari con i quali si potrebbe garantire un
controllo capillare e radicale di ogni singolo territorio, a rischio e non, con
i quali si potrebbero garantire mezzi antincendio reali, con i quali il nostro
paese potrebbe dotarsi dell’unica flotta aerea della quale ha realmente
bisogno, quella di canadair che salvino i nostri territori senza dover
aspettare di rifornirvisi da privati di paesi esteri. È evidente, altresì, lo
scioglimento del Corpo Forestale dello Stato, lungi dall’essere una manovra
volta all’alleggerimento della macchina statale, è risultato un pasticcio
istituzionale che ha comportato delle conseguenze nefaste: le funzioni di quel
corpo erano specifiche e probabilmente avrebbero arginato il disastro. È
necessario che vengano ripristinate tutte le funzioni di controllo dei boschi e
di prevenzione degli incendi.
- Il sistema di prevenzione e manutenzione contro gli incendi deve essere
sottoposto allo stesso soggetto che gestirà lo spegnimento definitivo, e deve
trattarsi di un soggetto completamente pubblico, di una gestione con meccanismo
di premialità che incentivi l’azzeramento del numero degli incendi e ne
penalizzi l’accrescimento.
- I comuni del territorio che compone il Parco Nazionale devono istituire una
cabina di regia unica composta da istituzioni, Protezione Civile, Ente Parco,
associazioni e comitati territoriali, che resti in piedi in maniera permanente
con le funzioni di controllo e gestione partecipata del territorio e sia
fornita degli strumenti per attivarsi in caso di emergenza.
- Vogliamo la fine dell’emergenza
Oltre all’individuazione dei
responsabili e degli strumenti di prevenzione affinché mai più possa accadere
quello che abbiamo visto e ancora stiamo vedendo, c’è da pensare innanzitutto a
come si ripara al disastro.
- Chiediamo che venga istituito un comitato scientifico per la messa in
sicurezza dal rischio idrogeologico, che analizzi il danno e si occupi della
riprogettazione delle aree danneggiate, e che coinvolga la società civile nel
processo.
- Quest’ultima è una specifica irrinunciabile: nelle operazioni di messa in
sicurezza dei territori danneggiati, di rimboschimento e riprogettazione, è
indispensabile che vi sia la più totale trasparenza, anche e soprattutto della
gestione dei fondi. I cittadini devono avere accesso e controllo su qualunque
decisione: tutti gli enti, a ognuno dei livelli coinvolti, devono monitorare i
fondi che saranno stanziati per la riqualificazione e inserire nelle
commissioni di monitoraggio rappresentanti dei comitati e delle associazioni
che operano sui territori. Lo abbiamo detto quattro anni fa e lo ribadiamo ora:
non ci fidiamo di voi, e ogni singolo giorno in cui abbiate lavorato senza il
nostro controllo è stato un giorno di avvicinamento al disastro.
La classe politica campana e nazionale, le istituzioni tutte, non possono avere
la presunzione di operare dopo quello che è accaduto senza che siano
controllati costantemente da quel popolo che hanno tradito e oltraggiato per
più di trent’anni.
- Bisogna risarcire quanti hanno perso case, terreni agricoli, pascoli e capi
di bestiame, bisogna chiarire immediatamente che i terreni bruciati saranno
messi in sicurezza e ripristinati nella loro destinazione originaria, non
destinati ad altro uso: questo è fondamentale per rispondere a chi ha imposto
un attacco così duro alla nostra terra per interessi commerciali ed economici,
ed è fondamentale che i piani di bonifica siano in ogni caso sottoposti al
controllo popolare.
- Occorre che l’ARPAC operi un monitoraggio costante dei fumi nei comuni
colpiti dai roghi e in quelli adiacenti, perché le immagini satellitari ci
mostrano come i fumi si siano propagati ben oltre i comuni di origine dei
roghi.
- L’ente Parco va rivoluzionato
Un discorso a parte, ancora più
specifico, va fatto per l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio, la cui gestione va
rimodulata in senso partecipativo.
- Serve immediatamente l’istituzione di una consulta permanente di associazioni
e comitati operanti in tutti i comuni del territorio del Parco.
- Basta roghi, ora e per sempre
L’incendio al Parco Nazionale del Vesuvio è stato soltanto l’inizio dello
scempio: occorre fare un discorso specifico e più ampio sui roghi che stanno
avvelenando la nostra terra.
- Ancora una volta ribadiamo la necessità che si affermi il principio per cui
chi inquina paghi: così come per le bonifiche, a pagare lo smaltimento dei
rifiuti combusti deve essere chi ha prodotto quei rifiuti: serve un fondo
nazionale straordinario per le bonifiche finanziato:
§ dal denaro confiscato
alla camorra per gli sversamenti dei traffici illeciti
§ dalle imprese che hanno
inquinato
§ da un “super found”, come
già avviene in altri Paesi, finanziato dalle associazioni imprenditoriali
qualora non si riesca a risalire direttamente alle imprese che hanno inquinato:
non abbiamo generato noi quei rifiuti, che ne paghino le conseguenze le
associazioni di categoria di trasportatori di rifiuti e Confindustria.
- Vanno moltiplicati gli investimenti nell’apertura di isole ecologiche,
accessibili temporaneamente anche a privati se necessario purché opportunamente
monitorati: va smaltita l’enorme mole di rifiuti attualmente esistente e
potenzialmente letale se bruciata e per farlo occorre che siano predisposti
degli strumenti adeguati.
- Bisogna urgentemente ragionare su meccanismi di prevenzione dei roghi:
occorre l’istituzione di un fondo straordinario per la rimozione tempestiva dei
siti di sversamento segnalati. Perché il meccanismo sia efficace occorre
svincolarlo dall’ordinarietà: deve trattarsi di un fondo straordinario ottenuto
in deroga ai vincoli del Patto di Bilancio. La città metropolitana di Napoli al
momento dispone di 540 milioni di euro di disavanzo di bilancio vincolato: quei
fondi vanno immediatamente stanziati, l’unico vincolo cui le nostre istituzioni
devono obbedire deve essere quello della tutela di cittadini e territori,
nonché della necessità immediata del rimboschimento del Vesuvio e dell’acquisto
di mezzi antincendio metropolitani. Il Patto di stabilità non può riguardare
gli investimenti per il risanamento ambientale. Il sistema delle sanzioni non
può bloccare proprio le risorse che servono per uscire dal disastro ambientale.
- Serve riprendere ed estendere
immediatamente il protocollo ecopneus. Riteniamo che i sessanta comuni
rimanenti dei novanta che hanno aderito al Patto per la Terra dei Fuochi
debbano immediatamente stipulare convenzioni con la società Ecopneus per il
ritiro gratuito degli pneumatici nelle isole ecologiche comunali. In questo
modo si darebbe una grande spallata al fenomeno dei roghi tossici, i quali
vengono alimentati proprio con gli pneumatici, spesso acquistato a nero. Tutto
ciò serve ad assicurare il ritorno ad una gestione ordinaria dello smaltimento
dei rifiuti speciali, che potrebbe garantire, attraverso la vendita degli
penumatici alla suddetta società privata anziché regalarglieli, delle entrate
economiche importanti per le casse comunali da poter reinvestire per
l'attivazione di ulteriori piani per la tutela dell'ambiente.
- Va controllato in maniera capillare il territorio: servono delle telecamere
nelle aree più critiche, quelle soggette più frequentemente a sversamenti e
fenomeni di combustione tutt’altro che spontanei;
- C’è l’urgenza irrinunciabile di mettere in sicurezza le discariche sottoposte
a sequestro che ancora, con il silenzio assenso di tutti i livelli
istituzionali, vengono utilizzate per sversamenti illegali e poi puntualmente
date al fuoco: serve un piano globale di mappatura e tombatura di tutti questi
siti e di tutti gli altri a rischio. I comitati e le associazioni territoriali
conoscono perfettamente i propri territori, essi possono essere il migliore
degli strumenti per segnalare alle forze dell’ordine i luoghi maggiormente
soggetti a rischio e per monitorarli;
- Serve rimuovere prontamente tutti i rifiuti accumulati e istituire degli
sportelli locali in cui i cittadini possano rivolgersi per denunciare la
presenza di cumuli di spazzatura;
- Occorre infine destinare fondi e risorse per un ambiente salubre: la vera
prevenzione si fa attuando politiche di salvaguardia del territorio.
- Vogliamo che il nostro diritto alla
salute sia tutelato
Va tenuto in considerazione
massima il danno sanitario che questo periodo di incendi quotidiani e violenti
ha prodotto sui cittadini campani, e va pensato un piano per affrontarlo:
- Va stipulato un piano straordinario di investimento per affrontare
l’emergenza.
- L’articolo 32 della nostra Costituzione prevede che siano tutelati la salute
dei singoli cittadini per l’interesse della collettività intera: a questo scopo
chiediamo al Ministero della Sanità di intervenire sui poteri della Regione
Campania in favore dei soggetti residenti nelle aree colpite attraverso la
sospensione immediata del ticket sanitario di circa euro 60 da ora e fino a
fine 2017 per patologie respiratorie, presunte o da accertare e delle relative.
Chiediamo inoltre di considerare i soggetti già colpiti da una patologia di per
sé esente in quanto appartenenti all’elenco delle malattie e condizioni
croniche e invalidanti come soggetti maggiormente a rischio/vulnerabili, a
causa della presenza di una precedente patologia che può aumentare la
comorbosità verso patologie respiratorie, secondo il DPCM 12 gennaio 2017 e dei
nuovi LEA.
- Non ci faremo intrappolare
nell’emergenza
Accanto a queste rivendicazioni urgenti e irrinunciabili, riaffermiamo i
principi che ci hanno portati a mettere in rete tutte le realtà che da sempre
si occupano di devastazione ambientale sui nostri territori:
- Il piano regionale dei rifiuti
- Il Piano regionale dei rifiuti
urbani va ritirato e completamente riscritto. I rifiuti, se ben gestiti,
costituiscono una risorsa. La combustione dei rifiuti, in proiezione futura, è
un sistema in contrasto con le direttive europee e con gli accordi mondiali per
la riduzione delle emissioni di CO2. Non si può ancora pensare che il problema
dei rifiuti si risolva bruciandoli, o sversandoli in discariche più o meno
abusive.
- Per questo rivendichiamo:
§ No alle discariche.
§ L’abbandono d’ipotesi
come quella di altri gassificatori, inceneritori, termovalorizzatori, centrali
a biomasse. Impianti assolutamente dannosi oltre che inutili. Infatti anche per
quei rifiuti che si ritiene debbano essere necessariamente bruciati, come
rifiuti ospedalieri, esistono modalitá di smaltimento alternative. Infatti
basterebbe individuare dei depositi temporanei atti ad attendere il decadimento
della radioattività, in modo tale da poterli gestire poi come rifiuti non
pericolosi.
§ L’attivazione di un piano
alternativo per la gestione dei rifiuti deve portare alla chiusura
dell’inceneritore di Acerra.
§ L’immediato controllo di
tutte le attività di combustione previste nei cementifici, escludendo l’uso di
rifiuti. fondamentale escludere qualsiasi forma di combustione dei rifiuti
all’interno dei cementifici o centrali termoelettriche.
§ La realizzazione di un
nuovo piano regionale sui rifiuti basato sul modello delle 4 R: riduzione,
raccolta differenziata porta a porta, riuso finalizzato al recupero della
materia non all’incenerimento, riciclo dei rifiuti.
§ La costruzione d’impianti
di compostaggio e di filiere per l’effettivo riciclaggio dei rifiuti prodotti;
§ Promuovere ed
implementare la riduzione dei rifiuti, a partire dalla PA, come previsto da
leggi già vigenti, con l’acquisto prodotti da riciclo.
§ Ciò che non si può
smaltire, non può essere più prodotto. Abbiamo già riempito il nostro
territorio di rifiuti e percolato che hanno inquinato falde acquifere e aria.
Riconvertire la Campania vuol dire innanzitutto prendere atto che non si può
più inquinare.
§ Rivendichiamo anche la
ripubblicizzazione delle società che nei comuni si occupano di smaltimento dei
rifiuti. Identica gestione pubblica deve essere prevista per l’acqua e per
tutti i servizi pubblici, così come espresso dalla volontà espressa da 27
milioni di cittadini nel Referendum del 2011.
-Innanzitutto le bonifiche:
- Occorrono regole stringenti. I soli controlli prefettizi, pur necessari, non
sono assolutamente sufficienti. Da soli costituirebbero una sciagurata foglia
di fico.
- Serve una White List delle imprese che sole potranno candidarsi ad effettuare
le bonifiche: teniamo fuori immediatamente chi ha fatto affari con l’emergenza.
Il piano regionale delle bonifiche è inadeguato e va profondamente
rivisto.
- Vanno ripristinate le 4 aree campane nella classificazione dei Siti di
Bonifica di Interesse Nazionale e non devono essere previste bonifiche
finalizzate a forme di combustione attraverso impianti a biomasse.
- In Campania non entri più alcun rifiuto proveniente da regioni del Nord o
europee! È necessario individuare un sistema di tracciabilità satellitare sul
trasporto dei rifiuti, che sia efficiente. Fino ad ora è stato solo l’ennesima
occasione per speculazioni e truffe.
- Difesa dell’agricoltura. Valorizzazione e tutela dei prodotti
agricoli di qualità
La parola bonifiche perde qualsiasi significato se non accompagnata da una
seria caratterizzazione dei territori inquinati di tutta la Regione e non
soltanto dei siti già individuati, che va estesa ai pozzi legali ed alla falda
acquifera tutta. Solo dopo la caratterizzazione è possibile individuare
l’intervento più corretto, sito per sito. Tutte le fasi devono essere
trasparenti e pubbliche per garantire la partecipazione ed il controllo della
comunità. Sui terreni confiscati va promosso il riuso sociale.
Serve un piano di riconversione ecologica complessiva, in cui un ruolo centrale
sia proprio quello degli agricoltori, al fine di sviluppare lavoro, reddito e
diritti.
- I due principi irrinunciabili
Ancora una volta, come sempre, ribadiamo quello che deve essere i due,
fondamentali, principi per la gestione della situazione campana:
- No a leggi speciali. No alla militarizzazione del territorio.
Le leggi speciali sono state l’arma impropria del sistema
politico-affaristico-criminale. Le leggi speciali e i commissariamenti hanno
consentito l’aggiramento, con protezione militare, delle leggi ordinarie.
Carenti che fossero, erano comunque leggi, perciò erano d’intralcio al sistema
criminale. Arbitrii inconcepibili contro le leggi ordinarie sono stati commessi
in nome delle leggi speciali
Discariche, finte bonifiche, impianti di depurazione, nel loro insieme
costituiscono uno dei più gravi crimini di Stato, di cui lo Stato sarà chiamato
a dar conto.
Sta montando un nuovo clima emergenziale, con toni allarmistici, questi sì, da
parte di chi fino a ieri non sapeva e non vedeva. In nome di una nuova
emergenza, con leggi speciali, le bonifiche finirebbero nelle stesse mani che
hanno prodotto il disastro, questa volta con la casacca dei bonificatori.
Siamo contrari fortemente alle ipotesi di ulteriori commissariamenti ad acta,
che già in questi 20 anni si sono dimostrati tra i veri responsabili del
disastro ambientale in Campania.
NON DEVONO ESISTERE ZONE INVALICABILI PER I CITTADINI. Abbiamo sperimentato in
questi anni la militarizzazione dei nostri territori. Si è impedito ai diretti
danneggiati, i cittadini, di monitorare, consentendo alle imprese criminali di
fare quello che volevano, senza rendicontare a nessuno; sono, invece, state
represse le legittime proteste. In sintesi, controllo militare = NESSUN
CONTROLLO.
- Giustizia ambientale e sociale. Riconvertire la Campania.
I dati dimostrano come devastazione ambientale e deprivazione sociale siano un
cane che si morde la coda. Le colpe sono delle scelte politiche e sociali di
questi anni di governi in Campania e a livello nazionale.
Per uscire dalla crisi ambientale, è necessario uscire anche dalla crisi
sociale. Non si devono contrapporre diritti e salute, lavoro e sviluppo del
territorio. Bisogna ripartire dalla dignità delle persone. La Campania è in una
condizione di altissima precarietà e di disoccupazione fuori controllo. E’ una
terra senza diritti e senza tutele.
Fermare il biocidio, vuol dire necessariamente rivendicare anche welfare, casa,
diritti essenziali; vuol dire creare un piano per il lavoro che, a partire
dalla creazione della filiera del riciclo e delle bonifiche, metta al centro
operatori ambientali, assunzioni di nuove persone e recupero degli esuberi già
esistenti; vuol dire investire su un’istruzione pubblica e una ricerca capaci
di formare coscienze e competenze in grado di promuovere un diverso modello di
sviluppo per la nostra Regione.