Si riparte dal 36. Per un nuovo ciclo di lotte universitarie

16 / 2 / 2017

Oggi è stata una giornata di mobilitazione in tanti Atenei italiani, dopo quanto accaduto a Bologna nei giorni scorsi. Nella città felsinea migliaia di persone hanno risposto all'appello dei collettivi universitari e sono scese in piazza. Pubblichiamo un comunicato dei collettivi DADA (Napoli), Uni.Insur (Roma), LISC (Venezia) e SPAM (Padova) sulla giornata di oggi, con uno sguardo verso un possibile nuovo ciclo di lotta universitario.

Quanto successo a Bologna non è altro che il risultato del processo di aziendalizzazione che ha investito l’università, ancora prima del mondo della scuola. Crediamo infatti che negli ultimi anni l’università abbia subito un cambiamento strutturale, un cambiamento che ne ha modificato il ruolo rendendola uno strumento di marginalizzazione e frammentazione sociale: dai tagli ai fondi per il welfare studentesco, alle gravi mancanze in tema di borse di studio e residenze, ai tornelli del 36, passando per l’aumento spropositato del costo della vita nelle nostre città. Questi sono tutti elementi che formano un quadro più generale che vede l’accesso alla formazione e ai saperi, unitamente all’accesso e alla vivibilità della città, sempre più elitario e classista.

Come dicevamo, in questi anni abbiamo assistito ad un radicale cambio di rotta del ruolo che interpretava l’università all’interno della città. Da luogo di formazione e di produzione di saperi finalizzati al miglioramento generalizzato delle condizioni di vita, si è trasformato in un'azienda a stampo privatistico che guarda al guadagno e alla trasformazione del tessuto sociale e della città in peggio, chiudendo le porte (o mettendo tornelli) alla città e dunque strappando di fatto la possibilità alla nostra generazione di ricercare e costruire delle risposte per la costruzione dell’altro mondo possibile. Questa generazione che da un lato subisce gli attacchi di un governo che taglia sul futuro, che condanna migliaia di studenti alla miseria e alla precarietà, mentre dall’altro lato viene colpevolizzata da professori e ministri. Quando si organizza dal basso e si riappropria dei luoghi che gli vengono negati subisce gravi atti repressivi da parte del rettore e della questura, ripetendo un copione che già abbiamo imparato a conoscere. Ci troviamo in una democrazia che quando smascherata, mostra il suo peggior volto senza farsi scrupolo sull’uso brutale della forza messo in atto attraverso manganelli e decine di misure cautelari, che quotidianamente vengono "elargite" dalle questure.

I fatti di Bologna dimostrano la particolare "attenzione" che viene data agli studenti di tutte le facoltà italiane, dimostrano la volontà di chiudere i luoghi della formazione agli studenti, dimostrano che in questo paese il sapere quando viene incanalato in processi di aggregazione e costruzione di alternativa non è tollerato, dimostrano che quando il sapere diventa un'arma contro il potere allora la risposta è immediatamente repressione e così distruggere esperienze di mutualismo e resistenza non è solo tollerato, ma diventa giusto. 

Da Venezia a Padova, passando per Roma, Napoli e Palermo, i collettivi studenteschi si stanno attivando per mettere in campo iniziative di lotta e solidarietà per i fratelli e le sorelle bolognesi. Ancora una volta i collettivi universitari hanno dimostrato di saper assumere protagonismo nei processi di trasformazione di questo paese, che da sempre gli compete e gli è dovuto.