Senigallia Canaja - Una Storia di Resistenza

di Sergio Sinigaglia (tratto da Il Manifesto 22/04/10)

24 / 4 / 2010

«Mezzacanaja», da prigione fascista a centro sociale
L’appuntamento è davanti alla stazione di Senigallia. Nicola Mancini, trent’anni, dottorando in scienze politiche all’Università diCatania, arriva in bicicletta, mezzo di trasporto assai usato da queste parti. Ma per andare nella nuova sede del centro sociale, a qualche chilometro di distanza, è preferibile usare l’auto. Il posto è verso la frazione di Scapezzano, bisogna inoltrarsi per circa un chilometro dalla statale. Una volta arrivati si può ammirare un panorama notevole, con il bleu del mare che si staglia all’orizzonte. Alle nostre spalle l’ex fabbrica Ragno, chiusa da ventianni, che cinque mesi fa i giovani del “Mezza Canaja” hanno individuato come la sede delle loro iniziative. Siamo alla terza occupazione in sei anni. Una vicenda nata proprio di questi tempi. Il nome del centro sociale si rifà a un detto popolare molto noto nelle Marche: «Sinigaglia, mezzo ebreo e mezza canaglia», battuta ben conosciuta da chi scrive per motivi evidenti. Nicola è il leader “storico” del centro, la cui storia ci sembra interessante soprattutto per chi a sinistra, in particolare dopo le ultime elezioni, ripete che «bisogna ripartire dai territori». E, in questo senso, l’esperienza del“Mezza Canaja” è particolarmente istruttiva. Una vicenda che affonda le radici negli anni prima e dopo le manifestazioni al G8 di Genova.
Il social forum e l’occupazione
«Anche qui – racconta Nicola – è nato un social forum, subito dopo i fatti del luglio 2001. Poi sulle sue ceneri la componente giovanile ha dato vita al collettivo “Il pane e le rose”». La nuova realtà incentra la sua attività su temi generali, verità e giustizia su Genova, l’opposizione al conflitto militare, prime riflessioni sulla questioni del reddito, ecc. «Ad un certo punto chiediamo al Comune uno spazio e ci viene risposto di metterci in fila. Lo facciamo per un anno ma, visto che non accade nulla, decidiamo di passare all’azione». L’opportunità la danno i carabinieri, naturalmente non volendo. Infatti Senigallia, nell’aprile del 2004, viene scelta come sede per la festa nazionale dell’Arma. È prevista la presenza delle massime cariche dello Stato, dal Presidente della Repubblica al ministro della Difesa. Quale migliore occasione per inaugurare un percorso di conflitto e partecipazione? «Decidemmo – continua Mancini – di fare una “incursione” e ci impadronimmo di un locale che stava proprio lungo il percorso, a venti metri dal corteo ufficiale. Nel cuore della “zona rossa” creata ad hoc per l’occasione. È da tenere presente che eravamo a pochi mesi dai fatti di Nassiriya, e proprio in quei giorni il nostro contingente si era macchiato di una strage di civili». La contestazione contro il militarismo che caratterizza la giornata ha una vasta eco. Nasce il centro sociale. I locali rimangono occupati per circa otto mesi, ma a sbloccare la situazione è un concerto.«Vista la situazione totalmente bloccata, decidiamo di organizzare un concerto con gli “Assalti frontali”. L’iniziativa riesce e riusciamo a portare milleduecento persone. Insomma un successone». La cosa scuote la fredda amministrazione comunale, che decide di aprire una trattativa, anche in considerazione che il posto occupato è pieno di amianto.
Così ai ragazzi del Mezza Canaja vengono assegnati i locali dell’ex Colonia Enel, sul lungomare. La proprietà è di una società immobiliare che ha intenzione di costruirci, ma, visto che per gli eventuali lavori di ristrutturazione ci vorranno alcuni anni, il Comune coglie l’occasione per togliersi la gatta da pelare e favorisce un accordo per un contratto di comodato d’uso gratuito. Il posto è centro dello spaccio cittadino e i primi tempi non sono certamente facili. «Noi abbiamo avuto il merito di ripulire un luogo e restituirlo alla città. Lì erano presenti due bande di spacciatori, una di magrebini e l’altra di anconetani. Ci sono stati scontri duri. Alla fine anche grazie al lavoro fatto con i migranti, in collaborazionecon l’Ambasciata dei diritti (associazione regionale da tempo impegnata sul tema dei diritti dei migranti, ndr), e alla mediazione degli stessi immigrati, siamo riusciti a venire a capo del problema. Gli stessi spacciatori, alla fine, hanno riconosciuto la validità del nostro progetto e hanno lasciato il campo libero».
Da prigione fascista a...
Questa palazzina è poi diventata protagonista di uno scandalo del quale si sono occupati anche i giornali nazionali (compreso il manifesto). In sostanza un autorevole rappresentante della comunità ebraica senigalliese, Ettore Coen, ha scoperto che tra il 1943 e il 1944 la struttura funzionò da campo di prigionia per ebrei ed antifascisti. Questo mentre la proprietà e il Comune avevano concordato la realizzazione di un residence di lusso, una volta cacciato il centro sociale. L’ampia mobilitazione affinché fosse evitato l’abbattimento ha avuto risposta negativa dall’amministrazione che di fronte alla proposta che il luogo diventasse un “spazio della memoria”, ha preferito spalancare le porte al solito business. E l’ex colonia Enel è stata abbattuta pochi mesi fa. E il centro sociale? «Una volta scaduto l’anno il contratto – prosegue Nicola Mancini – ci è stato rinnovato ancora per sei mesi, finiti i quali è scattata una penale di 150 euro al giorno. La proprietà, anche per questioni di immagine, non ha mai voluto far intervenire la polizia, per cui alla fine con sulle spalle un debito così oneroso, arrivato a trecentomila euro, abbiamo dovuto lasciare liberi i locali in cambio della cancellazione del debito».
Fin qui la storia che vi abbiamo raccontata può sembrare simile a quella di altre esperienze del genere. Ma invece dietro la lunga vertenza con l’amministrazione comunale per il diritto ad uno spazio autogestito c’è un’attività che negli ultimi anni ha privilegiato il radicamento sociale, rispetto a logiche autoreferenziali che spesso contraddistingue esperienze del genere. Senigallia è una città di quarantasettemila abitanti. Il piano regolatore, risalente agli anni settanta, prevedeva una crescita fino a centomila, previsione che, per fortuna, non si è avverata, anche se in estate con i turisti, gli abitanti triplicano. Da sempre feudo della sinistra storica, fino a poco tempo fa si caratterizzava per un’economia incentrata sul classico turismo da riviera adriatica. Negli ultimi dieci anni, con la giunta targata Luana Angeloni, dirigente storico del“partito”, il cui marito è figlio di quel Franco Rodano autorevole dirigente nazionale del Pci, è subentrata una politica da piccola “città globale.
«L’esperienza di governo comunale targata Angeloni –dice Nicola – ha stravolto Senigallia. E non do solo un’accezione negativa al termine. La tradizionale economia è stata sostituita da un sistema incentrato sul terziario avanzato, invitando i privati ad investire nella città, con la falsa idea che offrendo loro lo spazio necessario, con il denaro fresco, la città si sarebbe arricchita». In realtà si è svenduto il territorio e a beneficiarne soni stati i soliti noti, anche se con un avvicendamento. «Si è creato un oligopolio, sovvertendo i tradizionali luoghi di potere, per cui all’Edra costruzioni, sono subentrati soggetti come la società che ha spianato la palazzina Ex Enel, o la Immobiliare Roma che è imparentata proprio con la famiglia Rodano, quella del sindaco». Insomma una città vetrina, dove ormai non si trova più un centimetro di proprietà pubblica, con un centro storico il cui piano di ristrutturazione, proposto da un nome autorevole come quello di Cervellati, sta portando all’espulsione dei vecchi inquilini. A tutto questo il Mezza Canaja si è opposto, con un lavoro capillare su vari fronti. In primis proprio sul tema della casa. «Sono state occupate delle abitazioni sfitte di proprietà della Curia. Inoltre abbiamo lavorato nei quartieri più a rischio disfratti ottenendo per una decina di famiglie il blocco. Tra l’altro in realtà eterogenee, con la presenza di nazionalità diverse, abbiamo riscontrato una solidarietà inimmaginabile».
Le iniziative sociali
Altro fronte caldo quello della cosiddetta Complanare, una mega arteria che dovrà attraversare la città, contro la quale è attivo un comitato cittadino, il quale ha preso spunto dalla questione per promuovere iniziative cittadine sul tema del consumo del territorio, alle quali ha invitato municipi virtuosi e urbanisti di fama nazionale. Anche in questo caso al loro fianco ci sono stati i giovani del centro sociale insieme a Rifondazione uscita dalla giunta Angeloni proprio contro le politiche urbanistiche.
E veniamo alla questione degli immigrati e della sicurezza. «Il toro è stato preso per le corna. Infatti abbiamo fatto un lavoro specifico nei quartieri più a rischio, contestando l’introduzione delle telecamere e nello stesso tempo favorendo la regolarizzazione degli immigrati, cercando di favorire il loro inserimento nel mercato del lavoro, e sottraendo parecchi di loro allo spaccio. Inoltre di fronte a casi di soprusi e pestaggi da parte dei carabinieri, siamo arrivati a manifestare davanti alla caserma con forza fino ad ottenere il rilascio di chi era stato fermato senza valide motivazioni. Infine abbiamo promosso feste ed iniziative socializzanti nelle zone più degradate per far sì che le gente si riappropriasse dei luoghi dove vive».
La Lega arretra
E la Lega, in notevole crescita nelle Marche? Se alle europee a Senigallia aveva avuto più del 5%, risultato confermato alle recenti regionali (5,7), alle comunali di quindici giorni fa che dopo al regno della Angeloni hanno visto subentrare il suo delfino Mangialardi, senza bisogno del ballottaggio, i leghisti sono arretrati di circa due punti. C’è da dire che il voto di protesta gli è stato sottratto dal candidato di Rifondazione Roberto Mancini che, appoggiato da una lista civica e sorprendentemente dai rutelliani dell’Api, ha ottenuto un importante 12%, un riconoscimento sia al lavoro svolto dopo la rottura con il Pd che alla persona conosciuta e stimata da molti. Il partito di Bossi ha comunque eletto un consigliere comunale e la differenza con il risultato delle concomitanti regionali, per alcuni, è dato anche dalla pochezza di chi si è presentato.
Ma in questo ultimo anno la Lega a Senigallia ha avuto comunque vita dura. «Abbiamo sottratto loro il terreno iniziando dai simboli. Appena hanno iniziato a fare riferimento alle tradizioni, “a Sena Gallica”, alle nostre iniziative ci siamo presentati, oltre che con le nostre bandiere, anche con i colori della città, il rossoblu, il simbolo del comune, ecc. Inoltre ogni volta che hanno cercato di ritagliarsi uno spazio con banchetti al centro, siamo interventi circondandoli con i nostri striscioni, con volantini che denunciavano le loro politiche xenofobe, con la parola d’ordine “oscuriamo le parole e i volti dei razzisti”. Nulla di violento ma praticamente nessuno li vedeva. Fino ad arrivare alla contestazione di un loro raduno regionale difeso con cariche della polizia. Dovevano essere centinaia. Erano una trentina, chi li contestava duecento».
Insomma dalla città vetrina che ha conquistato attenzione dai mass media nazionali per il “Kater Raduno” e il Summer Jamborie(revival anni cinquanta), dove si sta svendendo il suolo pubblico a favore delle voraci società immobiliari, i giovani di un centro sociale, insieme ad altri soggetti civici e singole persone, cercano di affermare un punto di vista diverso, lavorando capillarmente nel territorio. Un esempio per la regione, e non solo.