Alcune note di Ivo Poggiani, presidente della Municipalità 3 del comune di Napoli, sul "laboratorio Sanità".
La bellezza – diceva Peppino
Impastato – è l’arma più potente contro la paura e l’omertà.
Questa frase viene ripetuta così spesso che, a volte, il suo significato è dato
per scontato. A me, invece, sembra fondamentale. Essa apre ad un’idea di
opposizione al ricatto criminale che opprime un territorio che non è scontata.
Quando si pensa alle camorre, infatti, il senso comune va subito a soluzioni di
tipo militare: pattugliamento delle strade, sistemi di vigilanza, controllo
serrato. E invece la frase di Peppino ci ricorda che tutto questo non basta: il
contenimento delle strategie mortifere dei clan è fondamentale, ma rischia di
trasformare la cittadinanza e le istituzioni in una retroguardia di costante
difesa da un nemico troppo più forte, perché capace di sfruttare la povertà e
l’emarginazione sociale per trovare sempre nuova manodopera che, facilmente,
diventa carne da macello nelle guerre che periodicamente infestano il
territorio. Perché la camorra è innanzitutto questo: una forma alternativa di
controllo delle strade, basata sul ricatto, la paura e l’asservimento prima
economico e poi paramilitare dei segmenti sociali più deboli della popolazione.
Da quasi due anni, per la recrudescenza delle guerre di camorra, la Sanità vive una
quotidianità terribile: quella delle stese, delle sparatorie scellerate negli
orari in cui bambini entrano o escono da scuola. Quella che ha portato alla
morte di Gennaro Cesarano, un sedicenne “colpevole” di essersi attardato a
chiacchierare in piazza con degli amici. Quando è iniziata la mia esperienza di
amministrazione del territorio ho trovato un quartiere stremato dalla paura. Un
quartiere di cui si diceva unicamente la pericolosità, addossando addirittura
la colpa alla presunta omertà dei cittadini. Un quartiere, non a caso, scelto
dall’allora Ministro degli Interni Alfano come simbolo dell’intervento armato
dello Stato: Piazza San Vincenzo fu scelta infatti come uno dei luoghi in cui
installare i presidi dell’esercito che, a tanti mesi dalla loro apparizione,
dimostrano oggi la loro inconcludenza di fronte al perpetrarsi delle violenze,
dei fenomeni di racket, di guerra per il controllo dello spaccio.
Io però, che sono nato e cresciuto su questo territorio, conoscevo e conosco
un’altra Sanità. La Sanità
cuore di alcune delle meraviglie assolute che la città di Napoli si fregia di
possedere. La sanità delle piccole botteghe di eccellenza. La Sanità dei parroci di
strada. La Sanità
dei comitati di quartiere che difendono il diritto alla salute e il libero
accesso alla cultura. Tutto questo doveva essere valorizzato. Doveva diventare
il motore di una rinascita e di un’espansione culturale e sociale di un
quartiere le cui potenzialità erano incredibili e non sfruttate.
Quest’idea è diventata un’idea fissa, che mi ha accompagnato anche nella
quotidiana gestione della miriade di incombenze quotidiane che ha ogni
Municipalità e, in generale, ogni ente locale colpito dalla crisi economica.
Dequalificazione urbana, disservizi, emergenze infrastrutturali: tutto questo è
ciò che il Governo Centrale ha lasciato alle realtà locali. La
costituzionalizzazione del pareggio di bilancio e l’applicazione di parametri
aziendali alle economie locali vuol dire, concretamente, strozzare ogni
intervento strutturale di riqualificazione. Tutto questo, però, non poteva e
non può essere una scusa per accontentarsi delle briciole dell’esistente. La
costruzione di una Municipalità Ribelle, la sperimentazione dell’autogoverno
deve essere capace di costruire una sfida in grande a chi oggi vuole
trasformare le istituzioni di prossimità in enti di ragioneria. Per questa
ragione, prima di tutto, ho deciso di sfidare la paura e fare i nomi di chi,
oggi, vuole minacciare il nostro quartiere e stringere gli artigli. Per questa
ragione abbiamo deciso di combattere con la cultura e il senso civico il
silenzio.
Per questa ragione, aiutati e guidati da tutte le forze sane del quartiere,
abbiamo provato a valorizzare la storia del nostro territorio con una proposta
culturale che fosse alla sua altezza. Le notti bianche, gli eventi di piazza, i
concerti gratuiti, tutto questo voleva dire una cosa: attrarre tantissimi
cittadini nel nostro territorio perché potessero scoprirne la bellezza e dunque
iniziassero a viverlo, a conoscerlo, ad incontrare i piccoli e grandi tesori che
si nascondono nell’architettura e nei fregi dei palazzi o nelle botteghe
pasticciere ed enogastronomiche in generale. Accanto a questo era importante
ricordare il contributo della Sanità alla cultura di Napoli e, in questo senso,
le celebrazioni del Cinquantenario della morte di Totò sono un’occasione
importante per ricordare che il quartiere che veniva raccontato unicamente come
il quartiere covo dei clan, è stato ed è un quartiere di artisti, poeti, teste
di serie della tradizione teatrale e cinematografica napoletana.
Oggi l’idea che si ha della Sanità in città è cambiata tantissimo: oggi la Sanità, per moltissimi
napoletani, è il quartiere delle notti bianche nei Vergini, dei fiocchi di neve
di Poppella (e del proiettile-babà, la dolce provocazione all’agguato che ha
subito quell’esercizio cui il territorio ha dimostrato estesa ed immediata
solidarietà), del presidio in difesa dell'Ospedale San Gennaro e della Salute
Pubblica. Il quartiere che ha saputo denunciare le politiche di tagli del
governo regionale, imponendo l’ascolto di vertenze cruciali per la difesa dei
diritti che sono andate anche al di là del quartiere stesso: penso, ovviamente,
in prima istanza alle battaglie di Un Popolo in Cammino, che si sono
intrecciate con tanti territori in lotta contro le camorre e che individuavano
nell’apertura delle scuole e nella richiesta di misure di sostegno al reddito
l’unico antidoto al ricatto criminale nelle periferie della città.
Non è un caso – e vengo agli ultimi giorni – che anche quando ci sono Grandi
Eventi in giro per tutta la città, la
Sanità è il quartiere che finisce sotto i riflettori. È il
caso del festival di Sky Arte che – nella percezione comune – è sembrato quasi
un evento di quartiere (mentre invece era un evento di portata cittadina, il cui
quartier generale era Villa Pignatelli nella municipalità di Chiaia): oggi
quello che succede alla Sanità emoziona e fa discutere tante e tanti.
Inoltre, il rinnovamento culturale che investe la Sanità non potrà non
considerare la sedimentazione nelle generazioni più giovani di un senso comune
di appartenenza che dovrà progressivamente identificarsi con la bellezza,
appunto. E la bellezza dovrà essere rappresentata anche dalla capacità che
sapremo avere di restituire alla scuola, alla cultura, alla formazione quel
ruolo fondamentale di sviluppo, progresso, emancipazione che ha perso negli
ultimi tempi. Tra le anime belle che popolano questo quartiere è doveroso
ricordare le tante educative territoriali, il centro poli-funzionale, il polo
territoriale per le famiglie che fanno un lavoro faticoso, ma eccellente e
determinante per recuperare dalla strada e dalle diverse forme di devianza i
più giovani, quando non i più piccoli, del territorio. Accanto a loro un
circuito di presidi e dirigenti scolastici che hanno dimostrato al volontà e la
capacità di saper leggere il territorio in cui lavorano, di saperlo
interpretare e decodificare, di non arrendersi davanti a nessuna difficoltà,
strutturale, economica, ambientale. Nonostante ciò, ancora oggi la Sanità è una zona in cui il
tasso di dispersione scolastica e di abbandono è troppo elevato. Compito al
quale non possiamo sottrarci come Amministrazione sarà quello di rinsaldare
ulteriormente i rapporti fra le scuole e le agenzie territoriali, di attrarre
quei finanziamenti necessari perchè l'opera meritoria ed attenta di presidi,
docenti, educatori ed operatori sociali venga integrata e potenziata al
massimo, perchè nessun bambino o ragazzo rimanga in strada, perchè ad ogni
bambino o ragazzo venga offerta la possibilità concreta, organizzata,
strutturata di pter sviluppare le proprie competenze ed inclinazioni, perchè
ritrovi la fiducia perduta nella formazione culturale e professionale. Perchè i
futuri cittadini del Quartiere e della città si riapproprino della consapevole
capacità di decidere del proprio futuro.
Questo patrimonio ad oggi è evidentemente ancora potenziale e rappresenta
un’enorme responsabilità. Si palesano segnali di un'altra realtà possibile per
le nostre strade, per il nostro mondo. Sono segnali positivi ed importanti, che
vanno compresi, analizzati e – soprattutto – sviluppati ed indirizzati. Nella
percezione comune si è sempre detto che la città di Napoli dovrebbe rinascere a
partire dal turismo e dalla cultura.
Alla Sanità stiamo provando a dimostrare che
tutto questo è possibile. Perché diventi reale, però, la buona volontà delle
istituzioni e delle forze sane del territorio non basta: serve che il governo
centrale riconosca a Napoli l’autonomia finanziaria che è riconosciuta a Roma.
La capitale del Sud Italia deve emanciparsi dal ricatto del debito pubblico e
deve poter tornare ad investire risorse pubbliche per la riqualificazione
ecologica, sociale e culturale del territorio. Questa è l’unica alternativa
credibile e sostenibile che ha di fronte. In caso contrario, dopo qualche
fiammata entusiasmante, la città ricadrà nella morsa della revisione di conti e
verrà riproposta come città “inferiore”, da saccheggiare quando possibile o da
abbandonare alla ricerca di luoghi più accoglienti.
Questo non possiamo permetterlo: la
Sanità oggi è uno dei laboratori più interessanti di quella
che è stata definita l’anomalia napoletana. La strada è lunga ed è in salita,
l’importante non è arrivarci presto, ma arrivarci insieme.
Ivo Poggiani – Presidente della Municipalità 3