Aldilà di quello che, in questo scorcio elettorale, ci viene raccontato, la destrutturazione della scuola e della formazione continua ...

Scuola che va, scuola che viene

Basta con le chiacchiere, impariamo a volare alto.

13 / 2 / 2013

Uno dopo l’altro, da Moratti a Profumo, tutti neoliberisti: privatizzazione, scuola e università aziendalizzate, selezione e valutazione, merito e premialità, libero mercato, tagli alla scuola pubblica, incentivi e prebende a quella privata, mercificazione del sapere, questa la ricetta per la scuola, per la formazione.

Un disastro annunciato e contestato invano dai movimenti degli studenti e dei lavoratori della scuola, tanto che, oggi, tutti, scoprono che il tasso di abbandono e il mancato assolvimento della scuola dell’obbligo è, in Italia, in vertiginoso aumento; tanto che s’accorgono che, negli ultimi 10 anni, ci sono quasi 60 mila iscritti di meno all’università.

Non è una catastrofe naturale, è un problema di strutture, di accoglienza, di disagio, di reddito.

Da qualche giorno, su sollecitazione di comitati, di associazioni, di sindacati, i candidati Presidente del futuro Governo provano a dire qualcosa di scuola e di formazione. Di ieri una lettera ruffiana a Repubblica di Bersani; l’altro ieri qualcosa l’ha sganciata Monti; Berlusconi se ne frega: insegnanti e studenti non sono il suo target e, caso mai, ci pensa la Gemini.

Il massimo, che si riesce a ricavare da fiumi di belle parole, pronunciate o scritte nei programmi e nelle agende, è l’impegno ad investire per la scuola e la formazione - progressivamente per carità! - una percentuale più alta del PIL, tanto da ricongiungere l’Italia, tra 5 anni, alla media europea: una sagra con la cuccagna.

La Gelmini e Profumo [Berlusconi e Monti] li abbiamo provati recentemente come ministri, focalizziamoci, allora, sul ministro dell’istruzione in pectore del Centro Sinistra: la senatrice Francesca Puglisi, laureata con lode in economia e si è sempre occupata di marketing e comunicazione e come tale promette cambiamenti di rotta e novità da capogiro, una grande stagione di "collaborazione con la comunità della scuola" e l’immancabile "fase costituente con una grande consultazione nazionale". L’esperta, in marketing, si spertica nell’esposizione di un programma già pronto, definito e confezionato, in cui spicca la scelta – leggete, leggete - di concedere uno stipendio più alto ma solo a quei docenti, che accettino di lavorare a scuola di pomeriggio invece che a casa, per correggere compiti, preparare lezioni e occuparsi di aggiornamento, probabilmente, tra le mura di scuole insicure [il 65%] e prive di mezzi e risorse. Ecco che dal cilindro della Puglisi esce una ideona: per superare questi guasti e pericoli dell’edilizia scolastica, abbandonata da anni, si predisporrà un piano di intervento urgente, che prodigiosamente tirerà il volano, anche, della crescita economica. Se non ci saranno le risorse si affiderà la scuola al buon cuore dei cittadini, offrendo loro la possibilità di destinare l’8 per mille all’edilizia scolastica. E per i precari, il reclutamento? Fumo anziché Profumo, né più, né meno che, appunto, di quanto predisposto dai passati Ministri, riveduto, corretto e presentato in salsa elettorale.

Aldilà di quello che, in questo scorcio elettorale, ci viene raccontato, la destrutturazione della scuola e della formazione continua e si approssima ad un salto qualitativo, reso possibile dall’insieme di modifiche reali e normative, intervenute in questi ultimi 15 anni, in Italia, in Europa.

Lo scenario con cui, a breve, ci troveremo a misurare, lo possiamo delineare, con qualche approssimazione e tralasciando costi e tagli, così: ritocchi alla formazione primaria, riduzione di 1 anno per le scuole superiore, abolizione del valore legale del titolo di studio, accentuazione della diversificazione tra percorsi tecnici e liceali, introduzione di un biennio tecnico specialistico che eroderà le lauree brevi, ricalibratura delle lauree magistrali, revisione del numero chiuso.

In questo work in progress del mondo della scuola e della formazione, i lavoratori saranno soggetti ad una accentuazione della mobilità territoriale [vedi la legge Brunetta], della flessibilità disciplinare [accorpamento delle classi di abilitazione], all’aumento dell’orario di lavoro oltre che del carico di lavoro. A questo proposito le 21 ore – messe da parte le ventilate 24 - per gli insegnanti, annunciate e poi smentite da Monti in TV, non sono altro che il riflesso di quanto, 2 giorni prima, era stato discusso, a porte chiuse, con l’ARAN e i Sindacati – nei cui omertosi conciliaboli già da tempo gira una bozza del ccnl – in cui sono, contrattualmente, previste – appunto – le 21 ore di insegnamento. È stato un riflesso pavloviano, dunque, quello di Monti, non parole dal sen fuggite.

Con questo, non con le chiacchiere elettorali, dobbiamo misurarci, rimboccandoci le maniche, volando alto, proponendo, osando e sperimentando, discutendo, coinvolgendo e collaborando con tutti quelli che ritengono che il percorso formativo sia determinante, sia centrale per la costruzione di una società più giusta e più libera.


Beppi Zambon - ADLcobas