Erano poco più di venti, questa mattina, i dipendenti del Comune di
Santorso che per un'ora hanno presidiato la Prefettura di Vicenza,
accompagnati da due assessori della Giunta comunale. «Ma siamo
praticamente tutti», ci ha tenuto a sottolineare davanti alla
telecamera Enzo, divisa arancione degli operai municipali. Al suo
fianco colleghe e colleghi di tutti gli uffici del comune orsiano,
meno di seimila abitanti distribuiti alle pendici del monte
Summano, tra Schio e Thiene.
Sullo striscione, lettere
disegnate alla meno peggio recitavano, semplicemente, “abbiamo a
cuore il nostro lavoro”. Perché anche nel mondo degli statali, le
sicurezze di un tempo stanno sciogliendosi
come neve al sole.
Pochi mesi fa, dopo il disastro economico che ha travolto la Grecia,
proprio loro erano stati i primi a incassare le prime misure di
austerità del Governo: stipendi bloccati per i
prossimi
tre anni. Con il risultato che, a fine 2012, i lavoratori si
ritroveranno con un potere d'acquisto di 1.600 euro all'anno in meno
rispetto a oggi.
Ma non è lo stipendio ad aver fatto scendere
in piazza i dipendenti del piccolo comune dell'altovicentino. Certo,
la propria condizione lavorativa è legata con la mobilitazione, ma,
ci tengono a dire, la loro presenza in Prefettura ha a che fare «con
le tante iniziative e con i molteplici servizi che, con il nostro
impegno quotidiano, garantiamo alla comunità». Iniziative e servizi
che, oggi, sono messi in discussione a causa di una norma introdotta
nella legge finanziaria e legata al Patto di Stabilità che colpisce
arbitrariamente i comuni; un comma quanto mai pesante per
l'Amministrazione di Santorso che, secondo questa normativa, dovrebbe
versare nelle casse dello Stato più di 1.200.000 euro.
La
colpa del Comune di Santorso – riconosciuto da tutti come un ente
virtuoso – è quella di aver pagato importanti opere pubbliche nel
2007, anno a cui fa riferimento la normativa per stabilire, a
tavolino, la situazione economica di ogni amministrazione
comunale. In quell'anno Santorso aveva inaugurato la nuova scuola
media e la palestra comunale; opere importanti per la comunità
locale,
investimenti nel futuro della collettività frutto
di anni di risparmi che, oggi, secondo lo Stato vanno pagati a caro
prezzo.
Nell'era del decantato federalismo fiscale, dunque,
succede che il governo romano strappa dalle mani degli enti locali
soldi che, pure, appartengono a questi ultimi e ai loro cittadini. E
poco importa se questi comuni – tra i 20 maggiormente penalizzati
in Italia, Santorso è al 5° posto e quelli veneti sono ben 12 –
hanno i bilanci a posto e sono comuni virtuosi: la norma, costruita
nelle stanze ministeriali, non guarda in faccia a nessuno.
Da
inizio gennaio i dipendenti di Santorso sono ogni mercoledì in ferie
d'ufficio; la Giunta, infatti, ha decretato la chiusura del Municipio
“per Patto di Stabilità” ogni terzo giorno della settimana.
Ma
impiegati e operai hanno deciso di utilizzare questo “tempo libero
obbligato” per manifestare la propria preoccupazione per una
normativa che, hanno scritto, «togliendo le risorse e gli strumenti
per le nostre mansioni, lede la dignità del nostro lavoro e
danneggia i cittadini». Del resto, se il testo di legge non cambierà
il comune non potrà più garantire i servizi essenziali alla
cittadinanza, dalla
manutenzione degli spazi pubblici
all'assistenza sociale, dal sostegno all'associazionismo alle
iniziative culturali. Per chi in comune è assunto, invece,
all'orizzonte si prospetta il taglio del salario
accessorio e lo
spettro della mobilità.
Dunque, se Mirafiori rischia di
diventare un girone dantesco per chi ci lavora, negli enti locali non
si respira certo aria di serenità.
Perché, nonostante la
propaganda federalista, sono proprio gli ultimi anni ad aver messo in
difficoltà le amministrazioni che, specialmente nei piccoli comuni,
rappresentano in molti casi per le comunità un punto di riferimento
importante, capace di garantire servizi e attività sociali
strettamente legate alla qualità della vita dei cittadini.
Dietro
alla bandiera del federalismo, insomma, si nasconde un governo che ha
messo in campo una pluralità di scelte che sviliscono e mettono in
discussione il ruolo dei municipi e la loro possibilità di essere
spazi di definizione comunitaria della vita collettiva. Tagliarne le
risorse, colpendo in particolare coloro che si sono distinti per
virtuosità, significa minare le fondamenta sulle quali può poggiare
qualunque processo di partecipazione e di crescita da parte
di quanti vivono quel territorio: senza strumenti e possibilità di
spesa, del resto, che ruolo può avere un ente locale?
In
questo quadro, la piccola iniziativa dei dipendenti del Comune di
Santorso rappresenta una novità rispetto a un mondo che, da molto
tempo, appare silenzioso e rassegnato. Perché racconta del tentativo
di assumere il proprio lavoro non come semplice garanzia di una busta
paga, bensì come risorsa per una comunità, mettendo al centro del
proprio ragionamento l'importanza dei servizi e delle opportunità
che si possono garantire con il proprio impegno quotidiano. E perché
segnala uno scricchiolio nella parete di cartongesso che, in questi
anni, sembra aver separato il lavoro pubblico da quello del mondo
privato. Come a dire che se la crisi non risparmia nessuno, nessuno
può tirarsi indietro.
Tiago Cortiça
Santorso (Vi) - Modello Fiat, pubblico impiego, federalismo
20 / 1 / 2011