Salviamo Venezia - Stop Mose, no Grandi Navi, giustizia climatica

24 / 11 / 2019

Alle 14.30 è partito da Campo Santa Margherita a Venezia il corteo "Salviamo Venezia dal Mose, dal cambiamento climatico, da Brugnaro". 

Il primo intervento, prima della partenza del corteo lanciato dal Comitato No Grandi Navi e da Friday For Future Venezia-Mestre, ha ribadito in maniera chiara e forte le parole d'ordine della manifestazione. Marco Baravalle, del comitato No Grandi Navi, ha riportato i punti emersi ieri in assemblea: un secco no al MoSe e al modello di sviluppo che propone.

«Se siamo scesi in piazza è perché abbiamo le idee chiare: le parole d'ordine sono Stop Mose, fondi per la manutenzione e la messa in sicurezza dei territori. Lo diciamo forte e chiaro: non vogliamo che un euro in più venga buttato in un'opera inutile, che mai funzionerà e che serve solo a prosciugare i fondi pubblici. Una soluzione c'è ed è semplice: solleviamo le bocche di porto, costi quel che costi. E se le navi e le petroliere non potranno più entrare in laguna pazienza, vorrà dire che finalmente la laguna sarà un ambiente migliore».

Il corteo inizia a muoversi tra le calli, nonostante la pioggia incessante. Interviene Sebastiano di Friday For Future Venezia-Mestre sottolinenando la solidarietà attiva svolta nelle ultime due settimane sia a Venezia centro storico che a Pellestrina.  Si sottolinea quanto oggi la politica continui a creare divisioni fra buoni e cattivi, fra chi fa e chi si lamenta. Si sottolinea la contrarietà al MoSE chiedendo invece che le risorse vengano stanziate per la messa in sicurezza del territorio e individuando anche nella giunta Brugnaro le responsabilità dell' emergenza climatica in cui la città si è trovata.

Il corteo, dopo aver attraversato le calli cittadine, si è concluso in Campo Santo Stefano con alcuni interventi dal palco. Tommaso Cacciari del Comitato No Grandi Navi ha sottolineato come il MoSe sia soltanto la punta dell'iceberg del problema:  «Il mose, lo ripetiamo da anni, è parte del problema: è criminale da un punto di vista ambientale, ha contribuito a cementificare la laguna, ad abbassare il livello delle bocche di porto. Il Mose, con la concessione unica al Consorzio Venezia Nuova, ha creato un apparato di corruzione mai visto prima in Italia: hanno fatto un progetto pensato per non essere mai finito e continuare a rubare all'infinito. La grande opera che serve a Venezia è una ed è una grande opera diffusa, la messa in sicurezza e la manutenzione ordinaria dei canali e delle fondamenta. Esistevano progetti alternativi che avrebbero garantito di tutelare davvero Venezia: il sollevamento delle bocche di porto avrebbe garantito una protezione dell'acqua alta. Invece no: e Zaia, Brugnaro e tutti gli altri che in questi giorni continuano a ribadire la necessità di Mose sono dei criminali. Martedì 26 a Roma ci sarà l'ennesimo comitato e per decidere dalle poltrone qual è la sorte di questa città. Noi non ci stiamo: andiamo a Roma martedì, andiamo a dire loro di cosa questa città ha bisogno!».

Torna sul palco Fridays For Future: «i provvedimenti che servono sono quanto mai urgenti, e noi lo ribadiamo da mesi. Quello che è successo qui altro non è che un campanello d'allarme di quello che dobbiamo aspettarci da domani, per sempre, se non verranno prese misure per contrastare il surriscaldamento globale, se non si fermerà la cementificazione, se gli investimenti pubblici e privati continueranno a finanziare l'estrazione di fossili. Vogliamo risposte vere, non è più il tempo di chiacchierare, di porsi domande e temporeggiare. Siamo scesi in piazza ogni venerdì per mesi e lo abbiamo fatto perché quello che è successo a Venezia, e che da anni succede in India, in Sud America, in Groenlandia, in Australia è figlio delle stesse politiche. È tempo di agire!».

Interviene dal palco Stefano Micheletti del comitato No Grandi Navi: «Il 22 novembre 2006 qui a Santo Stefano dove c'era la sede del consorzio Venezia Nuova l'assemblea permanente No Mose era in occupazione dal primo mattino in contemporanea al comitatone convocato a Roma dal governo Prodi per dire l'ultima parola sulla grande opera. Il sindaco Cacciari a Roma aveva portato il proprio gruppo di tecnici indipendenti per proporre soluzioni alternative al MoSe, meno impattanti e meno costose. Prodi invece commissariò l'intero comitatone e senza neppure valutare le alternative dette il via libero definiti ai lavori, iniziati già nel 2003 sebbene solo sotto forma di valutazioni preventive. Questo a dimostrare che dietro il consorzio c'era ogni colore politico, da Pd a Forza Italia. Quella sera ci portarono via di peso. Sono passati 13 anni da allora e la situazione è la stessa: politici di tutti i partiti nella scorsa settimana hanno ribadito di nuovo un sì al MoSe, alla grande opera più inutile, rischiosa e costosa del nostro territorio».

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