Sempre nel rispetto della Legge 194, che disciplina
l’interruzione volontaria di gravidanza nel nostro Paese, la
cosiddetta pillola abortiva potrà essere somministrata solo in
ambito ospedaliero e con obbligo di ricovero "dal momento
dell’assunzione del farmaco sino alla certezza dell’avvenuta
interruzione della gravidanza escludendo la possibilità che si
verifichino successivi effetti teratogeni". Insomma non sarà un
farmaco da utilizzare a casa, lontano dal controllo medico. Ci
vorranno 14,28 euro per acquistare dalla casa
produttrice Exelgyn la confezione da una compressa di Ru486 e 42,80
per quella da tre.
Come funziona l’aborto
farmacologico
L'aborto farmacologico è un'opzione non
chirurgica per le donne che intendono interrompere la gravidanza
entro la settima settimana, è tra la settima e la nona settimana,
infatti, che si registra il maggior numero di eventi avversi e il
maggior ricorso all’integrazione con la metodica chirurgica. “Il
farmaco che si somministra – spiega il professor Giorgio Vittori,
presidente della Società italiana di Ginecologia e ostetricia – si
chiama mifepristone (Ru486 è il suo nome commerciale) e
agisce sul progesteone, un ormone che favorisce e assicura il
mantenimento della gravidanza per le sue diverse azioni sulle
strutture uterine, bloccandone l'azione”. Per aumentare l’efficacia
della molecola – si legge sul dossier dell’Aifa RU486: efficacia
e sicurezza di un farmaco che non c’è – serve un’altra
sostanza: la prostaglandina (il prodotto più usato è il
misoprostol). L’associazione mifepristone/misoprostol
rappresenta la modalità più diffusa per l’induzione dell’aborto
medico ed è stata inserita nell’elenco dei farmaci
essenziali per la salute riproduttiva dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità nel 2006.
Si assumono due
compresse
“In pratica la paziente assume due
farmaci: il mifepristone prepara il terreno e la
prostaglandina, somministrata due giorni dopo, provoca l'espulsione
del materiale abortivo entro poche ore. In qualche caso – aggiunge
Silvio Viale, il medico che ha condotto la sperimentazione della
Ru486 all’Ospedale Sant’Anna di Torino – l'espulsione può
verificarsi già prima dell'assunzione della prostaglandina o nei
giorni successivi. Una seconda dose di prostaglandina riduce la
percentuale di espulsioni tardive e aumenta l'efficacia”.
L’espulsione del materiale abortivo avviene mediante sanguinamento
e contrazioni. In pratica è come se si avesse il ciclo
mestruale, per alcune donne è più intenso per altre meno.
Rispetto ai metodi tradizionali l’aborto con la Ru486 non richiede
né anestesia né l’intervento chirurgico e, se usata
correttamente, funziona nel 95% dei casi. Qualora non funzioni si
deve poi ricorrere al raschiamento tradizionale.
La
differenza con la pillola del giorno dopo
“Non
è un contraccettivo ma un abortivo – afferma la
professoressa Alessandra Graziottin, direttore del Centro di
ginecologia e sessuologia medica dell’H. San Raffaele Resnati di
Milano – questo deve essere chiaro a tutti”. Il mifepristone, il
vero nome della Ru486, si differenzia dalla pillola del giorno dopo
(Levonorgestrel), che è solo un contraccettivo ad alto dosaggio, sia
per i tempi di assunzione, sia per il meccanismo di azione. “La
pillola abortiva infatti – spiega l’esperta – interferisce con
i recettori per il progesterone, bloccandoli: impedendo l’azione di
questo ormone protettivo della gravidanza, induce un aborto chimico.
Inibisce lo sviluppo dell’embrione e favorisce il distacco 'a
stampo' del sacco che contiente l'emrbione dalla mucosa interna
dell’utero (l’endometrio), su cui proprio l’embrione si radica,
con un meccanismo simile alla mestruazione”.
I suoi
effetti
Gli studi condotti – si legge sul dossier Aifa
– riportano una serie di effetti collaterali legati principalmente
all’utilizzo delle prostaglandine: il dolore di tipo crampiforme
che può variare da nulla a forte e aumenta in prossimità
dell'espulsione, riducendosi nettamente subito dopo. Poi nausea
(34-72%), vomito (12-41%) e diarrea (3-26%). Il sanguinamento,
massimo al momento dell'espulsione, è variabile per quantità e
durata, con perdite ematiche che persistono per almeno una settimana
e, in forma ridotta, anche più a lungo. Le complicanze severe sono
rare e riconducibili al sanguinamento importante con necessità di
emostasi chirurgica (0,36-0,71%). In pratica gli effetti
collaterali ci sono, ma sono minori rispetto all’aborto
chirurgico.
Le differenze con l'aborto
chirurgico
L'aborto chirurgico, praticato legalmente in
Italia da trent’anni, prevede un intervento con anestesia e
ricovero. La donna deve formulare una richiesta scritta,
controfirmata da un medico non obiettore. "L'operazione –
spiega il dottor Viale – prevede lo svuotamento dell'utero in
anestesia locale o generale. Ma non bisogna dimenticare che possono
esserci delle complicazioni (come il sanguinamento) sebbene il dolore
immediato sia attutito dall'anestesia". Anche il coinvolgimento
della donna fa la differenza. "La paziente che sceglie l'aborto
farmacologico – conclude il ginecologo – è più autonoma
nell'atto. È lei infatti che assume il farmaco. Nell'aborto
chirurgico invece l'azione è delegata al medico e la sofferenza
attutita dall'anestesia".
(dal sito:
http://canali.kataweb.it/salute-donna/2009/07/16/slitta-ancora-lapprovazione-della-ru486-come-funziona-la-pillola-abortiva/)
Fonte: Kataweb.it
Ru486: come funziona l'aborto farmacologico
Mifepristone e prostaglandina: due farmaci per un'interruzione
12 / 8 / 2009
