Roma - Un corteo lungo un giorno

16 / 5 / 2013

Qui la cronaca della giornata

Qui l'appello dei movimenti per il diritto all'abitare

Quando il corteo partito da piazzale Tiburtino, dopo aver bordeggiato le mura, è rientrato a San Lorenzo molti, dalle finestre dei grandi blocchi edilizi di quel quartiere, si sono affacciati per applaudire il serpentone colorato. Un corteo numeroso che è andato via via ingrossandosi, con tanti che si aggiungevano alle famiglie e agli attivisti delle occupazioni sparse per tutta la città. E che ha fatto della comunicazione ininterrotta la propria caratterizzazione.

Un boato ha salutato, poco dopo, l’incontro con gli studenti che in prima mattinata avevano portato la propria rabbia all’Adisu (Agenzia regionale per il diritto allo studio), cronicamente in ritardo con i pagamenti delle borse di studio e assolutamente carente nella realizzazione di alloggi per studenti. Un carrozzone che nella sua ultima definizione, voluta dalla governatrice Renata Polverini, anziché dare quel pugno di stanze a chi ne ha diritto prevede addirittura di poterle trasformare in posti letto da immettere sul mercato, unendo disprezzo sociale a sfrontatezza istituzionale.

Gli studenti nel corteo si sono andati ad unire ai loro colleghi che hanno deciso di farsi casa da soli occupando spazi. Quello pubblico (Degage); quello privato (Communia), che si aggiungono ai più anziani Lab! Puzzle e Point Break, reinventando un’alternativa di vita a chi li vuole condannare all’emarginazione e allo sfruttamento.

È all’altezza del Verano, quando ormai il numero dei partecipanti era difficile da contare (settemila? ottomila?), che le occupazioni abitative hanno preso parola chiarendo senso e portata della loro azione.

Chi vuole oggi vedere oltre 50mila famiglie senza casa, chi vuole continuare a costruire case da lasciare vuote, chi vuole sgomberare chi a tutto questo si oppone, ha nomi e cognomi.

Nomi e cognomi che gli permettono di riconoscersi tra loro e, quindi, mettersi d’accordo per rapinare l’abitare: tra chi, costruttore, e chi, finanziere, tutto questo l'ha provocato.

Nel corso del corteo le occupazioni romane, sanzionando sedi di banche, "sfrattando" dalla città la potente associazione dei costruttori con una gigantesca "escrache", accampandosi nell’atrio del Ministero delle infrastrutture, hanno dimostrato di sapere bene chi ha provocato l’attuale situazione che ci priva del diritto alla casa, del diritto al reddito e, sempre di più, di entrambi.

Il 15 maggio, giornata di lotta contro le politiche di austerità, la manifestazione ha saputo trovare le parole per dire no e far arrivare, fin dentro le stanze del piano nobile di quell’austero palazzo che ospita il neo-ministro Lupi, l’indisponibilità a continuare così di chi, piegato dalla crisi, ha deciso di riprendersi quello che gli è stato tolto. Ora.

La giornata romana di oggi, con il suo lunghissimo corteo, ha detto al governo bipartisan che l’unica Grande Opera possibile sarà quella di dotare il paese di un grande piano capace di assicurare l’abitare popolare e sociale, senza che questo significhi e permetta, ancora, facile esercizi di rendita ai soliti e noti energumeni del cemento. La manifestazione ha dimostrato chiaramente che chi è costretto a pagare la crisi intende sottrarsi al ricatto. Una giornata che si è conlusa con l’ottenimento di un tavolo interistituzionale che affronti il tema dell’abitare sociale in Italia.

Questo il risultato politico. Ma resta soprattutto un fatto: il ministro avrà di certo capito, ed è bene che lo riferisca ai suoi colleghi di governo, che chi senza casa oggi ha attraversato Roma non era lì per chiederla. Ma per dire che l’avrà.

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