Roma - Sgombero dell'Angelo Mai e di due palazzine

Comunicato stampa e articolo da Il Manifesto

20 / 3 / 2014

Questa mattina a Roma sono state sgomberate con un enorme e spropositato dispiegamento di forze dell’ordine due occupazioni abitative storiche della città di Roma che portano avanti un piano innovativo di autorecupero: uno in via delle Acacie (Centocelle), dove da tempo era stata occupata la scuola abbandonata Amerigo Vespucci, e uno all’Anagnina; decine di famiglie ora sono in strada. Decine di occupanti e attivisti fermati.

Contemporaneamente L’Angelo Mai Altrove Occupato_centro culturale di produzione indipendente_ attivo da quasi dieci anni, è stato posto sotto sequestro, adducendo a pretesto capi di imputazione gravissimi e totalmente infondati. Un forte attacco ai movimenti del diritto all’abitare, all’attività artistica e culturale prodotta dal centro di Viale delle Terme di Caracalla, alle lotte portate avanti da tutti quegli spazi che rivendicano autonomia e indipendenza.

Crediamo fermamente che le esperienze di innovazione sociale, artistica e culturale vadano valorizzate e non criminalizzate e crediamo che queste esperienze indichino un’alternativa concreta e praticabile alla crisi culturale e sociale che stiamo attraversando.

Crediamo che questo attacco denunci la fragilità, se non la totale inabilità, di una politica non in grado di comprendere la complessità del contemporaneo, che si esprime in luoghi di cultura e formazione indipendenti.

Crediamo che le istituzioni debbano tutelare e sostenere gli spazi che si fanno promotori di una rivoluzione culturale e politica.

Tra le ultime attività organizzate dall’Angelo Mai Altrove Occupato ricordiamo le residenze creative e artistiche di compagnie teatrali provenienti da tutta Italia, i laboratori di scrittura e teatro rivolti alle bambine e ai bambini della scuola elementare Giardinieri, la raccolta fondi per la costruzione di un asilo nido a Gaza, gli innumerevoli concerti e spettacoli di artisti italiani e internazionali, la costante produzione artistica e la formazione permanente rivolta alle varie professionalità dello spettacolo.

L’Angelo Mai è innanzitutto un luogo d’incontro e di scambio dei saperi, che favorisce l’interazione tra generazioni e tra persone di provenienze differenti, un luogo di socialità diffusa, uno spazio che risponde al bisogno di confronto e di partecipazione della cittadinanza e di attenzione al territorio più prossimo accogliendo ad esempio gli incontri settimanali di un gruppo di ragazzi affetti da disturbi psicomotori, le rappresentazioni teatrali dell’asilo, le feste dei bambini del quartiere.

Rivendichiamo con forza la nostra legittima illegalità come forma non solo di resistenza ma di proposta vitale e di autodeterminazione.

Continueremo a mantenere aperto il confronto con la città, a partire dall’assemblea di oggi pomeriggio alle 17 nel parco di San Sebastiano. Invitiamo l’amministrazione cittadina, sulla quale grava il peso dell’irresponsabilità delle proprie scelte, o forse dovremmo dire “non scelte”, a mettere in atto i buoni propositi appena dichiarati. Invitiamo tutti gli artisti e i cittadini che attraversano l’Angelo Mai e ne conoscono il valore a sostenere quest’esperienza e a esprimere pubblicamente la volontà che le famiglie sgomberate possano tornare immediatamente alle loro case e che l’Angelo Mai ritorni al più presto aperto e attivo e libero. Per adesioni:

Tratto da DinamoPress

RASSEGNA STAMPA :

«Gli angeli non si sgomberano». A Roma cento famiglie per strada, l’Angelo Mai sequestrato

di Roberto Ciccarelli

Cen­to­celle e quelle dell’ex scuola Herz in via Tusco­lana sono state sfon­date alle 6,30. Edi­fici occu­pati e rige­ne­rati dal comi­tato popo­lare di lotta per la casa che a Roma sono cono­sciuti come le «occu­pa­zioni di Pinona», dal nome di Pina Valente, 54 anni, sto­rica atti­vi­sta dei movi­menti romani. Con­tem­po­ra­nea­mente all’Angelo Mai Altrove, lo spa­zio poli­va­lente di pro­du­zione musi­cale e arti­stica che sorge in uno spic­chio del parco archeo­lo­gico delle Terme di Cara­calla, si sono pre­sen­tati decine di blin­dati della poli­zia. La Digos ha seque­strato l’atelier nato dieci anni fa da un’altra occu­pa­zione, quella di un con­vitto omo­nimo al rione Monti da parte di cen­ti­naia di per­sone tra arti­sti e fami­glie senza casa.

Oltre ai 40 inda­gati, i tre sgom­beri, 100 per­sone con 20 bam­bini a Cen­to­celle e 200 adulti e 50 bam­bini in via Tusco­lana per strada, denu­dati di tutto, sono state effet­tuate anche 22 per­qui­si­zioni. Tra que­ste, c’è quella con­dotta a casa della regi­sta, e atti­vi­sta dell’Angelo Mai, Gior­gina Pilozzi. Anche la casa dei suoi geni­tori è stata per­qui­sita. Que­sto lo sce­na­rio di guerra che si pre­sen­tava all’alba di ieri a Roma. Secondo il Gip Ric­cardo Amo­roso, che ha dato seguito ad un’indagine del Pm Luca Tesca­roli e dalla Digos, il Comi­tato e l’Angelo Mai fareb­bero parte di un «soda­li­zio cri­mi­nale» a cui ven­gono adde­bi­tati reati come asso­cia­zione a delin­quere fina­liz­zata alle occu­pa­zioni, estor­sioni, minacce, vio­lenza pri­vata, furto di luce e elet­tri­cità. Alcuni sono accu­sati anche di occu­pa­zioni di edi­fici, com­presa la Basi­lica di Santa Maria Maggiore.

Per l’Angelo Mai c’è l’accusa «eser­ci­zio ricet­tivo abu­sivo» per le atti­vità del bar-osteria, dove lavora Pina Valente, già seque­strato in pas­sato. Una misura che ha spinto gli atti­vi­sti dell’Angelo a rioc­cu­pare lo spa­zio asse­gnato dai pre­ce­denti sin­daci Vel­troni e Ale­manno, con la richie­sta fino ad oggi mai affron­tata dal Comune di ripen­sare la deli­bera 26 sull’assegnazione degli spazi.

Secondo le indi­scre­zioni rac­colte ieri nell’assemblea tenuta nel parco accanto all’Angelo, dove sorge una scuola in cui gli arti­sti lavo­rano in labo­ra­tori con i bam­bini, l’indagine sarebbe scat­tata dopo la denun­cia da parte di un nucleo fami­liare in una delle occu­pa­zioni abi­ta­tive. L’accusa è stata respinta dagli sgom­be­rati di Centocelle.

«È stato un ter­re­moto che si è abbat­tuto sulla pelle della gente – ha rac­con­tato Fla­via — Ci hanno trat­tato come delin­quenti, si insi­nua che noi paghiamo soldi per stare lì. Qui nes­suno obbliga nes­suno a pagare. Siamo noi che, solo se ne abbiamo la pos­si­bi­lità, con­tri­buiamo volon­ta­ria­mente ai ser­vizi comuni del palazzo». «Occu­pare è ille­gale – hanno detto quelli della Tusco­lana – lo so, ma che devo fare se le gra­dua­to­rie sono infi­nite, meglio occu­pare un immo­bile in disuso cer­cando di fare lavori per miglio­rarlo. Sal­vare un tetra­ple­gico o un disoc­cu­pa­tio signi­fica essere deliquenti?».

Nelle occu­pa­zioni «c’è una quota di cento euro al mese che è una quota di auto­co­stru­zione – ha rac­con­tato Pina Valente in una vibrante auto-narrazione sul sito cul­tu­rale Dop​pio​zero​.com - C’è anche la logica di sus­si­stenza per­ché fac­ciamo gli orti per dare poi da man­giare a chi vive qui». Il movi­mento ha orga­niz­zato spor­telli dove disoc­cu­pati e senza casa si met­tono in lista, par­te­ci­pano alle atti­vità della comu­nità, infine tro­vano casa.

«Per non dare false spe­ranze alla gente – con­ti­nua Pina — occu­piamo ogni due anni per­ché abbiamo biso­gno di due anni di tempo per poter ria­dat­tare gli sta­bili. Io non amo avere tanti posti e non riu­scire a gestirli». Pina ha ini­ziato uno scio­pero della fame. «Se gli sgom­be­rati non rien­tre­ranno nelle loro case – è stato detto ieri in assem­blea – anche i maschi adulti lo faranno».

Gli edi­fici occu­pati sono stati però sigillati.

La sto­ria dell’occupazione di via delle Aca­cie a Roma è stata rac­con­tata in un audio­do­cu­men­ta­rio andato in onda su Radio Tre: Occu­pata il 22 mag­gio 2009 nel quar­tiere Cen­to­celle a Roma da 47 fami­glie, con cin­quanta bam­bini, le aule di que­sta scuola ele­men­tare abban­do­nata sono state tra­sfor­mate dagli occu­panti ita­liani e stra­nieri, gio­vani, vec­chi e bam­bini senza casa in pic­coli appar­ta­menti. La comu­nità si auto­ge­sti­sce attra­verso cri­teri di equità, regole severe nella gestione degli spazi comuni, socia­lità e inte­gra­zione. Ci sono i labo­ra­tori per bambini.

“Ho ini­ziato le mie bat­ta­glie sul finire degli anni Set­tanta nell’ambito uni­ver­si­ta­rio romano. Subito dopo sono pas­sata ai cen­tri sociali – rac­conta Pinona — Dove­vano essere l’alternativa per sal­vare i gio­vani. Per un periodo c’ho cre­duto, li ho costruiti insieme ad altre situa­zioni. Ci sono stata per anni, ma poi ho comin­ciato a pen­sare ad altre forme di lotta. Ho sen­tito il biso­gno di occu­parmi di un pro­blema pri­ma­rio come quello della casa. Sono tor­nata nei cen­tri sociali nel 2004 con l’Angelo Mai di cui fac­cio ancora parte”.

Nel suo rac­conto, «Pinona» trat­teg­gia il carat­tere poli­tico che ispira oggi i movi­menti in cui vive. Come molti atti­vi­sti che ven­gono dalla sto­ria dei movi­menti, anche lei ha com­bat­tutto il Par­tito Comunista:

«L’ho fatto come se fosse la mia matri­gna. Quando stai al potere sei come il potere. Quindi ne con­di­vidi le linee guida. E qual­cuno mi dice “allora sei anar­chica”. No! Manco per niente! Io non sono anar­chica. “Viva la bella rivo­lu­zione anar­chica” per me non vuol dire niente, per­ché per me la rivo­lu­zione è col­let­tiva. Per me la rivo­lu­zione è col­let­ti­vità ed è costru­zione di un percorso”.

Tale per­corso si richiama all’idea di soli­da­rietà tra uguali:

“Per­ché pre­tendo nella mia fol­lia di costruire dalla base (quindi con le future gene­ra­zioni) una cul­tura diversa, una cul­tura della soli­da­rietà, della socia­lità per­ché oggi que­sto posso fare. Tocca lavo­rare alle basi. Stiamo creando ancora le fon­da­menta. Per que­sto ritorno con la mente alla Resi­stenza: resi­stere in que­sto mondo, come in quello, non è facile”.

Con­tro quello che è stato defi­nito un «teo­rema giu­di­zia­rio» si è sca­gliata ieri Gior­gina Pilozzi:

«Sono stata seque­strata all’alba dalla Digos e ho cono­sciuto le accuse alle tre del pome­rig­gio men­tre ero tenuta in iso­la­mento – rac­conta — È una fol­lia totale, voglio capire chi è il man­dante di que­sta ope­ra­zione assurda e insen­sata. Un attacco così forte ai movi­menti per la casa e a quello degli arti­sti indica che siamo sulla buona strada. Fare quello che non fanno le isti­tu­zioni oggi viene dura­mente punito. Non ci spa­ven­te­ranno, continueremo».

Nel rac­conto sull’Angelo Mai che l’attivista svolse quando l’atelier è stato rioc­cu­pato nel 2012, emer­gono le ragioni di un’azione poli­tica tor­men­tata, ma che ha obiet­tivi chiari. Dopo lo sgom­bero dal monu­men­tale con­vitto nel rione Monti nel 2006

“Per noi era fon­da­men­tale restare in cen­tro. Non per essere trendy, ma per un per­corso di senso pre­ciso. Se adesso si gira per il cen­tro di Roma è ancora più chiaro, ma già dieci anni fa era evi­dente che que­sta città veniva svuo­tata a tavo­lino. È forte il legame tra quello che noi cer­ca­vamo e la que­stione della lotta per la casa: a Roma la situa­zione è molto grave, ci sono migliaia di fami­glie senza una siste­ma­zione che avreb­bero diritto a una casa popo­lare. Tutta la gran­dis­sima area del cen­tro è sem­pre stata abi­tata da strati diver­sis­simi fra loro, gra­zie al fatto che c’erano delle case popo­lari. Un bel giorno que­ste case sono state car­to­la­riz­zate, la gente è stata let­te­ral­mente but­tata fuori città, in pro­vin­cia. Il cen­tro si è svuo­tato, Tra­ste­vere, rione Monti sono diven­tati quel che sono. Per noi il fatto di rima­nere den­tro il cen­tro signi­fi­cava riba­dire, soprat­tutto sotto il vel­tro­ni­smo, che que­sta città non è solo quella delle bel­lezze archeo­lo­gi­che, della Notte Bianca, dei grandi eventi, ma è anche un luogo dove ci si può ancora vera­mente incon­trare. Chia­ra­mente nella nostra lin­gua uno degli incon­tri pos­si­bili può avve­nire attra­verso l’arte. Su que­sto punto abbiamo tenuto duro”.

Anche l’Angelo Mai, come le occu­pa­zioni di Cen­to­celle e della Tusco­lana è stato com­ple­ta­mente rico­struito dagli atti­vi­sti. Il comune gli con­se­gnò un rudere dove l’Eternit spun­tava ovun­que. Oggi c’è un palco 
mobile, la sala poli­fun­zio­nale, l’aria con­di­zio­nata e la pla­tea che sono costati oltre 60 mila 
euro. Per gli impianti elet­trici a norma c’è stato un bagno di san­gue:
altri 60 mila euro. Soldi otte­nuti gra­zie all’auto-finanziamento degli spet­ta­coli e al bar. La 
resur­re­zione dello spa­zio è stata pro­get­tata insieme all’architetto Romolo Otta­viani che veniva dall’esperienza di Stal­ker.
 In que­sto momento, tra le riven­di­ca­zioni degli «angeli» c’è la modi­fica della «deli­bera 26», l’atto con il quale 
Rutelli sancì nel 1995 l’assegnazione degli spazi a decine di cen­tri
sociali romani. Una con­qui­sta sto­rica, unica in Ita­lia, otte­nuta dopo
 una lunga sta­gione di conflitto.

«Negli anni – ha rac­con­tato Gior­gina Pilozzi– que­sta deli­bera ha mani­fe­stato sem­pre più le sue
 pec­che. Ha rego­la­riz­zato gli spazi occu­pati obbli­gan­doli a diven­tare
asso­cia­zioni cul­tu­rali, una forma giu­ri­dica ina­de­guata per espri­mere
la par­ti­co­la­rità di cen­tri di pro­du­zione indi­pen­dente come il nostro. Il para­dosso è che l’associazione cul­tu­rale obbliga ad una serie di ille­ga­lità come gon­fiare le voci di spesa. Quando invece pro­du­ciamo uno spet­ta­colo o un con­certo siamo trat­tati come una disco­teca o un “locale”: biglietti, siae. Sia nel caso dell’associazione cul­tu­rale che in quello del locale c’è un tabù: i lavo­ra­tori dello spet­ta­colo pro­du­cono ma red­dito, ma dire che lo pro­du­cono è tabù. Ecco per­chè ci obbli­gano a dichia­rare il falso, ci impon­gono tasse per un’attività che non fac­ciamo: noi non fac­ciamo intrat­te­ni­mento, noi pro­du­ciamo cul­tura, musica, tea­tro e lo fac­ciamo senza costare nulla ai contribuenti”.

Nel pome­rig­gio di ieri, dopo il tam tam in rete che ha coin­volto migliaia di per­sone in tutto il paese, e dopo le forti posi­zioni con­tro l’operazione di Sel (Gian­luca Peciola, Marta Bona­foni, la diri­genza romana e nazio­nale), del movi­mento romano «Patri­mo­nio comune» e del can­di­dato alle euro­pee per la lista Tsi­pras San­dro Medici, del Tea­tro Valle occu­pato e del cen­tro sociale Scup, il sin­daco di Roma Igna­zio Marino e il vice­sin­daco Luigi Nieri hanno con­fer­mato di «non essere stati infor­mati delle misure», chie­dono «l’immediato dis­se­que­stro delle strut­ture» e si sono impe­gnati a tro­vare una solu­zione per le fami­glie sgomberate.

L’Angelo Mai è un «impor­tante pre­si­dio cul­tu­rale inse­rito nelle atti­vità del ter­ri­to­rio — scri­vono Marino e Nieri — Siamo dispo­ni­bili a tro­vare solu­zioni con­di­vise». Una presa di posi­zione a soste­gno della coa­li­zione sociale degli arti­sti e degli occu­panti che denun­cia l’emergenza abi­ta­tiva. Il can­tau­tore Pino Marino, ha spie­gato l’importanza di un «con­sor­zio umano dell’abitare insieme». Per loro que­sta è la base poli­tica per pro­durre cul­tura indi­pen­dente in una città stri­to­lata dall’austerity.

Tratto da Il Manifesto 20 marzo 2014