Nella foto di copertina il poster anno 1993 delle mobilitazioni lanciate dal Centro sociale ex Anagrafe di Rimini

Rimini - Non in nostro nome...

Il significato del Sigismondo d'oro a San Patrignano...

22 / 12 / 2010

Verità e giustizia per Roberto Maranzano,

verità e giustizia per Natalia Berla

verità e giustizia per Gabriele di Paola

verità e giustizia per Rosalba Petrucci

Con queste parole è iniziato ieri il presidio informativo e di protesta contro l'assegnazione del Sigismondo d'oro alla cosiddetta comunità di San Patrignano.

Una città blindata quella vista in questi giorni, con un presidio dei vigili urbani lo stesso giorno della conferenza dove erano presenti il figlio di Maranzano e il fratello di Natalia Berla e una vera e propria zona rossa allestita ieri nei pressi della sala dell'arengo dove è intervenuto anche il reparto celere di Bologna.

L'ultimo atto della giunta Ravaioli, ridefinisce nuovamente e per l'ennesima volta lo spazio della cittadinanza e della partecipazione sempre più tesa a conferire onorificenze e sostegno ai poteri forti come suggello di un'era, quella di Ravaioli, caratterizzata sempre più dalla costruzione di un vero e proprio feudo sostenuto dalle peggiori istanze che il centro sinistra e in particolare il Pd ha espresso in questi anni.

Questo premio legittima di fatto, a livello locale, il paradigma del controllo e del comando violento sui corpi che ha da sempre caratterizzato “l'opera” di San patrignano e allo stesso tempo santifica le politiche del governo nazionale sul tema delle dipendenze e dei consumi di sostanze.

Il modello San Patrignano divenuto Stato con la legge Fini/Giovanardi e la retorica intorno al “male della droga” ha visto aumentare il businnes degli ingressi in una struttura/fabbrica che funziona grazie al lavoro gratuito di centinaia di persone.

Mentre Don gallo dalla Comunità di San Benedetto lancia un messaggio chiaro sul fatto che non c'è nulla da festeggiare e che semmai bisogna “fermare la strage”, a Rimini si premia chi ha patrocinato, sostenuto, praticato le politiche che sono oggi la risposta pubblica e di Stato al problema delle dipendenze ma più in generale al malessere che questa società produce. Oltre il 30% è detenuto nelle carceri italiane per reati connessi alla Legge Fini/Giovanardi (più di 600.000 da quando è in vigore la Legge); si tratta perlopiù di consumatori e piccoli spacciatori, mentre le grandi organizzazioni criminali, che gestiscono il mercato delle sostanze e realizzano profitti enormi, restano fuori.

Nel momento in cui la legge Fini/Giovanardi e il modello San Patrignano evidenziano senza più dubbio alcuno il proprio fallimento assoluto ( i consumi di droghe non sono solo in costante ascesa, ma divengono un fenomeno di massa e si caratterizzano sempre più per un modello di policonsumo, sostenuto anche da un mercato illegale delle sostanze e dalla legge, che le propone e punisce tutte alla stessa stregua), a Rimini vengono premiate, glorificate, sostenute.

La memoria di questa città è una memoria corta e purtroppo invisibile. In pochi, i più grandi, ricordano le catene ai polsi, la legalizzazione del lavoro nero che sostiene la struttura San Patrignano, la serie indefinita di suicidi e quel giorno in cui nel maggio del 1989 fu trovato in una discarica a Terzigno, un giovane corpo martoriato e torturato, quello di Roberto Maranzano, trovato con il collo spezzato e sette costole fratturate. Si legge in un articolo dell'epoca: “Per la procura la vicenda è chiara. La notte del 4 maggio Alfio Russo, il capo della macelleria e della porcilaia, punisce per una trasgressione Roberto Maranzano. Lo picchia sotto la doccia e invita gli altri a partecipare alla "lezione". Maranzano non dorme tutta la notte: ha le costole rotte, respira a fatica, si lamenta. La mattina dopo nuovo pestaggio di violenza inaudita, nella porcilaia. Il ragazzo muore soffocato. A finirlo, secondo la perizia, è un piede che gli spezza il collo. Spaventato, Russo corre a casa di Muccioli, a pochi passi dalla porcilaia. Poi prende una macchina e fa portare il cadavere a Napoli da Persico e Lupo.“ (art. La Repubblica del 10 dicembre 1993)

Queste sono le persone che ieri sono state premiate, erano tutte presenti, difese dai cordoni della polizia voluti dal sindaco Alberto Ravaioli. Sono scappati tutti via di nascosto, nel loro grigiore, da un'uscita secondaria. Non c'erano folle ad applaudirli o a ringraziarli...

Il disturbo acustico, dei petardi lanciati, dei cori e degli interventi al megafono hanno spezzato il suono di un silenzio/consenso che vuole ridefinire la coscienza di una città intera.

Noi non dimentichiamo urlavano in molti. Noi non dimentichiamo, certo, sappiamo leggere quel filo nero che lega la morte di Roberto Maranzano, di Natalia Berla, a Stefano Cucchi, ad Aldo Bianzino alle tante persone che sono morte a causa del proibizionismo.

A tutti e tutte noi ora il compito di promuovere percorsi a sostegno di tutti coloro che subiscono l’impatto del controllo sociale, del potere assoluto sui corpi promuovendo conoscenza, anche nelle pratiche di tutela e di informazione sui rischi che le sostanze portano con se, partendo però dal rispetto “dell'inalienabile diritto alla libertà, che sempre è e rimane terapeutica”.

Rimini - Presidio contro il Sigismondo d'oro