Report dell'assemblea telematica di Rise Up 4 Climate Justice

28 / 11 / 2020

Pubblichiamo il report dell'assemblea telematica di Rise Up 4 Climate Justice, svoltasi lo scorso 18 novembre.

Le condizioni spazio-temporali in cui si è collocata la seconda assemblea pubblica di Rise Up 4 Climate Justice - quelle di di una seconda ondata generalizzata di contagi da Covid-19 e di un’Italia divisa in “zone” - hanno creato le premesse per un confronto che avesse come capisaldi la questione della salute, quella della redistribuzione della ricchezza e il ruolo dell’estrattivismo predatorio - in particolare di ENI e altre multinazionali del fossile - nella diffusione dei virus e, in generale, nella distruzione della vita umana e non umana sul pianeta.

La fase che stiamo vivendo dimostra due aspetti fondamentali: il primo riguarda l’intreccio tra la pandemia di Covid-19 e i rapporti socio-ecologici definiti dal capitalismo; il secondo alla totale inadeguatezza degli apparati istituzionali nel fronteggiare gli effetti sanitari e sociali di questa pandemia. Un sistema che non solo non è in grado di “curarci”, per via dei continui tagli al Welfare e alla sanità che ci sono stati negli ultimi decenni, ma che contribuisce direttamente a farci ammalare, nel momento in cui distrugge gli habitat naturali degli animali ospiti, colonizza e cementifica i loro spazi e li costringe in ambienti antropici e antropicizzati, aumentando esponenzialmente l'esposizione allo spillover.

Non si può dunque pensare di combattere il Covid se non si combattono le disuguaglianze sociali attraverso lo smantellamento del sistema estrattivista e predatorio che da secoli devasta il nostro pianeta.

Di seguito un report della discussione che si è avuta nei vari panel in cui è stata suddivisa l’assemblea, consapevoli del fatto che il quadro politico e strategico nel quale si muove Rise Up 4 Climate Justice considera questi piani come intrecciati e non separati.

Salute

Le carenze strutturali che si stanno evidenziando nella seconda ondata dimostrano che non esiste in Italia nessun modello regionale virtuoso. Tra queste, emerge il fatto che il sistema sanitario, totalmente assorbito dalla “guerra al Covid" ha sospeso ogni attività di prevenzione. C’è inoltre un deficit strutturale rispetto all'aspetto mentale e le patologie da stress, proprio mentre isolamento e paura creano un notevole danno psicologico alle persone. 

Per queste ragioni è necessario ripensare alla radice l'idea stessa di “sanità” ed i suoi paradigmi organizzativi per rivendicare una sanità di prossimità, qualificata, diffusa nelle articolazioni sociali e sganciata dagli interessi di mercato e delle lobby farmaceutiche, radicata in una visione della salute come “bene comune” e non come fattore mercificato. È importante tematizzare la giustizia sanitaria come connessa alla giustizia ambientale e sociale, in un contesto che vede la pandemia come tema intersezionale, che mette in luce le diverse linee di oppressione della società capitalistica.

La rivendicazione di un diritto alla salute - oltre a decostruire la logica che scarica verso l’individuo le responsabilità sanitarie - va intesa oggi in termini di rottura. Bisogna emanciparsi da un’accezione interclassista, uscire dall’emergenzialità, assumere che all'interno della pandemia riemergono con forza le differenze di classe e, con esse, le condizioni per rilanciare una visione ed un campo di azione autonomi nella declinazione dei diritti e delle rivendicazioni. 

Se in questa fase la questione della salute è emersa come terreno principale di contraddizione e di conflitto, in tutti gli interventi si consta la volontà di cogliere le possibilità che si aprono in questa fase per l’iniziativa autonoma dei movimenti. In tutte le regioni italiane si stanno sedimentando percorsi e iniziative politiche nelle quali il diritto alla salute e il diritto al reddito si legano in maniera inestricabile. In alcune realtà territoriali questo spazio di conflitto si è connesso anche con le battaglie portate avanti dai lavoratori e dalle lavoratrici del sistema sanitario o con quelle di comitati che già da anni si battono contro la chiusura di presidi sanitari di prossimità.

Tra le proposte emerse, quella di organizzare un’iniziativa comune sul tema nelle prossime settimane, un nuovo momento organizzativo telematico in grado di proseguire la discussione e dei talk di approfondimento sul nesso sanità-reddito.

Mobilitazione contro ENI

L’occupazione e il sanzionamento della centrale ENI di Porto Marghera, fatta al termine dell’ultimo Venice Climate Camp, è stata di fatto l’iniziativa politica di nascita di Rise Up 4 Climate Justice. Questo testimonia quanto sia centrale in questo spazio politico l’identificazione chiara dei “nemici del clima” e l’azione diretta di massa come pratica efficace e riproducibile. 

Sappiamo da tempo che gli interessi di ENI vanno configurato nel contesto geopolitico globale e molto spesso si intrecciano con la dimensione militare. Si pensi ai rapporti tra Italia e Libia, dove il gas che ENI estrae alimenta le centrali elettriche del paese nordafricano; a quelli tra Italia e Egitto, dove ENI possiede il più grande deposito di gas nel Mediterraneo; a quelli con la Russia, dove un accordo tra ENI e Gazprom, durante pandemia, ha fatto sì che il governo italiano mandasse un nuovo contingente militare nel Golfo di Guinea a protezione degli interessi economici legati attività estrattiva; al contingente militare italiano mandato in Iraq dopo un accordo tra ENI e Saddam Hussein per un giacimento che si trovava proprio a Nassiriya. Per non parlare delle ben più note indagini per corruzione internazionale aggravata nei confronti di ENI per la tangente di 1,1 miliardi legata concessione di un blocco petrolifero nigeriano, che si colloca all’interno di una delle più grandi attività estrattive del pianeta, quella che la multinazionale italiana da anni sta compiendo nel delta del Niger.

Ma i disastri ambientali di ENI avvengono anche nel nostro Paese, con le varie centrali e impianti di escavazione dislocati sul territorio nazionale. Per questa ragione, se l’assemblea degli azionisti di ENI a maggio rappresenta un momento centrale per Rise Up 4 Climate Justice, da agire anche all’interno di una campagna aperta ad altre realtà e soggetti - da proporre attraverso una call pubblica-, numerose sono state le proposte di iniziative territoriali, possibilmente da effettuare all’interno di una giornata d’azione.

Stop Casteller

Non è possibile dirsi ecologisti anticapitalisti se non si assume anche la battaglia contro lo sfruttamento animale. L’iniziativa “Smontiamo la gabbia”, tenutasi lo scorso 18 ottobre a Trento, ha inaugurato la campagna “Stop Casteller”, che è stata assunta da questo spazio politico.

Nel corso dell’assemblea sono state sviscerate anche altre questioni sul tema. In primo luogo il problema della zootecnia, con un’ampia porzione dello sfruttamento del territorio (il 27% delle terre emerse) che è dedicato all’allevamento animale (coltivazione intensiva per mangime animale). Ne consegue un ulteriore problema, visto che la filiera animale consuma quantità elevatissime di risorse idriche. A questo di aggiunge l’emissione diretta di gas serra (metano) dagli allevamenti: il processo di fermentazione enterica delle mucche crea infatti inquinamento, e si tratta di un gas molto più potente e nocivo dell’anidride carbonica. Circa 40% del metano prodotto da attività antropiche proviene dagli allevamenti, e se si vuole recuperare l’equilibrio all’interno della biosfera è necessaria drastica riduzione nell’emissione di questo gas tramite l’eliminazione degli allevamenti intensivi. 

Un’altra questione toccata è legata in generale all’agricoltura. Tre settimane fa sono passati gli emendamenti che hanno fatto passare le PAC - Politica Agricola Comune -  (2021-2027) dell’Unione Europea, all’interno delle quali non viene minimamente la questione ambientale climatica. Da un lato le linee guida complessive penalizzazione fortemente i piccoli agricoltori a favore delle grandi aziende (che otterranno il 94% delle PAC totali), dall’altro sono previsti finanziamenti diretti agli allevamenti intensivi, senza nessun incentivo alla riduzione delle emissioni di gas serra. 

Reddito/redistribuzione della ricchezza

Anche la prevedibile seconda ondata di contagi ha visto in Italia la progressiva chiusura delle attività come unica risposta governativa che nasconde la mancanza di interventi strutturali di questi mesi. Le risposte di piazza alle misure restrittive, al netto delle contraddizioni intrinseche, evidenzia un’esasperazione della contrapposizione tra salute e reddito, che riprende le linee storiche della contrapposizione tra ambiente e reddito.

Il reddito legato al lavoro crea una condizionalità rispetto alla produttività e alla crescita, visti come unici parametri possibili dell’economia. In un contesto di capitalismo estrattivo, in cui la stessa dimensione estrattiva si esercita anche sul lavoro umano, la crescita economica è in diretta correlazione con la devastazione ambientale e la rottura del nesso tra reddito e produzione - attraverso la redistribuzione, la riconversione e la diminuzione degli orari di lavoro - diventano terreni di lotta comuni sia per la giustizia sociale che per quella climatica.

Nel contesto pandemico, parlare di redistribuzione vuol dire anche saper indicare chiaramente coloro che, in questa fase di crisi, hanno visto aumentare i loro profitti e patrimoni: facebook, le piattaforme digitali, le aziende di ecommerce e anche quelle legate alla grande distribuzione. Luoghi che in più di un’occasione si sono rivelati veri e propri focolai di contagio perchè non hanno mai smesso di produrre, in condizioni di sfruttamento estremo e totale insicurezza, sanitaria e sociale. Per questa ragione è stata proposta un’iniziativa diffusa nei territori per il giorno del Black Friday (27 novembre), simbolo di quel consumismo capitalista diventato come non mai insostenibile.

Infine sono state affrontate questioni più generali, ed in particolare quelle legate al Recovery Fund, che pongono una duplice necessità: da un lato quella di imporre una destinazione direttamente sociale   delle   risorse,   ma,   dall'altro,   anche   quella   di   mettere   in   discussione il  dispositivo di indebitamento inevitabilmente destinato a far pagare i costi della crisi alle stesse realtà sociali che la crisi la stanno subendo. Per questo è determinante in questa fase restituire centralità e urgenza ai processi di redistribuzione diretta delle ricchezze dalle classi che le hanno accumulate alle classi che ne sono state espropriate.

A questo si associa la necessità di aprire un piano politico e strategico aperto e allargato sul tema del reddito, da affrontare in un’assemblea pubblica telematica da fare agli inizi di dicembre, che abbia come obiettivo quello di lanciare una campagna di medio-lungo periodo, visto che la dimensione economica e sociale sarà al centro dell’agenda politica per i prossimi mesi e anni.

Costruzione di Relazioni Europee

Dagli Stati Uniti alle Filippine, in tutto il mondo, si stanno dando movimenti radicali che chiedono maggiori diritti e un cambio radicale del sistema, mentre vediamo come la pandemia diventi anche l’occasione per aumentare forme di controllo sulle popolazioni.

In questo momento mantenere una connessione diretta con quello che accade a livello internazionale è molto importante. A livello europeo stanno riprendendo mobilitazione che vedono al centro la questione climatica e la creazione di uno spazio di discussione, elaborazione politica e azione è una necessità viva, come non mai. 

L’11 e 12 dicembre sono i giorni in cui cade l’anniversario degli Accordi di Parigi, che abbiamo visto fallire miseramente. La proposta è quella di organizzare, a seconda delle situazioni sia territoriali che nazionali, delle azioni di disobbedienza civile, con gradualità diverse, ma un messaggio comune: è finito il tempo di aspettare perché i governi agiscano sulla crisi climatica e sulle pandemie che ne derivano. È necessario mettere in campo azioni dirette per sfidare i grandi inquinatori, che non incidentalmente coincidono con coloro che più si sono avvantaggiati di questa crisi pandemica.