Vogliamo iniziare questo report restituendo il grande applauso di apertura con cui l'assemblea ha salutato Enrico, Zenzi e Alessio, fratelli colpiti in questo momento da ingiuste misure cautelari, così come accade a tante e tanti che si battono quotidianamente in tutta Europa per la giustizia sociale e ambientale.
Centinaia di attivisti, giunti da molte parti d'Italia, si sono dati appuntamento a Padova domenica scorsa, tutti e tutte consapevoli di attraversare un momento inedito per il ritmo e la natura degli accadimenti. L'Europa attraversa un "tempo dell'evento" che scuote la routine della governance liberale: la Brexit, gli attentati, l'annullamento del ballottaggio austriaco, la vittoria del PP in Spagna, ma anche le migrazioni e il movimento contro la loi travail sono tutti processi importanti nello sviluppo di questa epoca di crisi permanente. Fatti ambivalenti, dove (con l'ovvia esclusione del movimento francese) sembra prevalere un segno reazionario e neosovranista.
Eppure, è qui, nelle contraddizioni del presente, che i movimenti devono cogliere la sfida di disegnare traiettorie verso un futuro oltre l'austerità della tecnocrazia finanziaria e oltre il populismo di destra. In questo senso, per non cullarci nell'impotenza rassicurante di posizioni identitarie e per non cedere, d'altro canto, al tatticismo esasperato, abbiamo scelto di essere guidati da una progettualità progressiva, ovvero da una messa a verifica, passo dopo passo, delle nostre azioni, senza rinunciare all'idea che queste debbano essere all'altezza di un'azione costituente.
Con questo spirito abbiamo discusso delle sfide che ci attendono nei mesi
prossimi, sfide che non possiamo vincere da soli, ma costruendo ponti tra noi e
quelle forze sociali che in Italia, come in Europa, si battono sui terreni
dell'affermazione del comune.
Partiamo dunque con la convinzione che non si possa dire Europa senza dire
confini. Pensiamo che la posta in palio della costruzione di un movimento
europeo passi inevitabilmente dall'organizzazione di un intervento radicale e
di massa sul terreno dei grandi movimenti migratori che interessano il nostro
continente.
Per questa ragione abbiamo dato vita alla carovana Over The Fortress; per questa ragione, per primi, abbiamo violato il confine del Brennero e abbiamo assediato l'ambasciata turca a Roma per protestare contro gli accordi in tema di migrazione tra UE e Turchia. E' questa la dote che porteremo con noi al No Border Camp in programma a Salonicco dalla metà di Luglio. Un passaggio importante per l'azione, ma anche per la costruzione di relazioni internazionali in vista di nuove iniziative che dovremo essere in grado di proporre in Italia a partire dall'autunno: dal Sud al Nord, dalla Sicilia alla Puglia, da Ventimiglia al Brennero. Non siamo in grado di prevedere il futuro, ma è possibile che la chiusura della rotta balcanica riporti il nostro paese al centro del passaggio verso l'Europa del Nord.
Com'è noto,
oltre alle guerre, le migrazioni sono favorite dalla crisi climatica, la cui
entità è tale
da non permetterci più di derubricare il piano ambientale come partecipe di una
contraddizione seconda rispetto a quella capitale-lavoro. E' necessario, anche
in questo senso, agire sul doppio livello dell'iniziativa nazionale ed europea.
Sul piano nazionale, insieme alla grande e composita galassia di comitati che
punteggia il Paese, dobbiamo aprire una campagna autunnale di denuncia e
mobilitazione contro il governo e il Partito Democratico. Colpevole, oltre che
della accelerazione dei processi di precarizzazione del lavoro attraverso il
Job's Act, di un'azione legislativa che attacca i beni comuni (con l'intento di
privatizzarli, violando i risultati referendari del 2011) e che impone un
modello di sviluppo insostenibile e aggravato dall'utilizzo di strumenti antidemocratici
come quello della Legge Obiettivo.
Per queste ragioni individuiamo un interessante momento di confronto e discussione nella due giorni del 16 e 17 luglio, promossa in Val Susa dal Movimento No Tav. Pensiamo che sia importante aprire, nel prossimo autunno, una campagna di attacco e delegittimazione del PD, oltre la figura di Renzi, contro il merito dell'azione di governo di cui il partito si fa interprete a livello nazionale.
A livello Europeo, la lotta per i beni comuni e per il recupero di processi democratici di decisione, passerà inevitabilmente attraverso un'assunzione piena della battaglia contro il TTIP, una battaglia che, va ammesso, non ci ha visto protagonisti finora e che in Italia è stata portata avanti da comitati dedicati, organizzazioni della società civile e segmenti del mondo produttivo attenti alla sostenibilità sociale e ambientale. Partecipare a questa battaglia, assieme a centinaia di migliaia di cittadini europei, significa riconoscere il ruolo strategico del TTIP come strumento in mano alle élites, progettato per distruggere ciò che rimane degli standard europei in termini di sicurezza sociale e giustizia ambientale. Il solo fatto che l'iter del TTIP proceda segretamente restituisce la misura antidemocratica di un trattato che, in caso venisse approvato, fornirebbe alle multinazionali una sorta di immunità nei confronti di possibili sanzioni.
Anche le ultime tutele sul lavoro, già provate dalla stretta dell'austerità, uscirebbero
ulteriormente indebolite dall’applicazione di un tale trattato. Per questo, di fronte ad
uno scenario non semplice, i compagni dell'ADL Cobas invitano a superare il
vizio dell'analisi sociologica dei fenomeni che interessano la classe per
tuffarsi, al contrario, all'interno di questi stessi fenomeni. Infatti è dentro le lotte
dei lavoratori migranti, degli addetti alla logistica, che si evidenzia il
primato del desiderio sulla sociologia, il rovesciamento della retorica
lavorista dei sindacati confederali, la volontà di rifiutare lo
sfruttamento, i turni massacranti, la carenza di tutele.
L'assemblea ha raccolto, inoltre, la testimonianza dei compagni napoletani, che
hanno invitato a guardare a quanto accade in città, dopo la recente
tornata amministrativa, come ad un significante ancora in parte vuoto, da
riempire evitando letture pregiudiziali, cogliendo le occasioni di
moltiplicazione del conflitto e evitando le strettoie del tatticismo fine a se
stesso.
L' assemblea ha poi discusso la necessità di appoggiare ed implementare le occasioni di disobbedienza alle misure cautelari e ai nuovi provvedimenti amministrativi che stanno fortemente limitando la libertà di movimento in questo paese. C’è la necessità di aprire una larga campagna di denuncia e di iniziativa contro quei reati, ad esempio devastazione e saccheggio, di matrice fascista e diretti contro i movimenti sociali; si tratta di strumenti giuridici e articoli del codice penale che sempre più spesso sfociano in pesanti condanne alla carcerazione.
Come affermiamo e pratichiamo da anni, la resistenza deve darsi sul terreno europeo. Per questo lavoreremo per organizzare, il prossimo autunno, un meeting internazionale in grado di approfondire i temi contenuti in questo report. Un incontro che tenga insieme i piani cruciali dell'opposizione ai trattati europei in tema di confini, economia e ambiente e quello della costruzione della libertà di movimento e di nuovi dispositivi di inclusione dal punto di vista dei diritti e del welfare per i cittadini europei, in mobilità continua, così come per le decine di migliaia di migranti che si affacciano all'Europa in cerca di una vita degna. Soltanto nella costruzione di un nuovo legame sociale e di nuove forme di vite, interna alle dinamiche di conflitto, è possibile appoggiare una progettualità politica su delle gambe solide. Il legame sociale deve costruirsi orizzontalmente tra tutti gli sfruttati ed i subalterni, cioè tra coloro che subiscono quotidianamente la restrizione dei diritti e che soffrono le mancanze ed i limiti della cittadinanza europea perché ne sono esclusi o marginalizzati. E’ a partire da qui che ci proponiamo di investire in percorsi di movimento “oltre ogni confine”, sia esso una frontiera, la mancanza di distribuzione della ricchezza sociale o la sfera dei diritti.