Remember, remember 14 december!

Oggi i numeri non si contano, si pesano!”(da una voce lungo il corteo)

Utente: garbat
17 / 12 / 2010


La gioia prima di tutto: quella che riempie gli occhi di meraviglia e stupore, che ti fa abbracciare persone sconosciute, quella del “insieme facciamo paura”, del “invece si può” e del “era ora!”.

Perché una rivolta è sempre un atto di gioia collettiva!

Le passioni tristi le lasciamo volentieri a chi oggi - tra politici e giornalisti – si propone come anima bella e saggia. Tenetevi pure i vostri spettri e dategli il nome che volete: centri sociali, ultras, black bloc, autonomi, anarco-insurrezionalisti. E quando andate a letto fate pure i conti con i vostri incubi sugli anni ’70 che ancora tormentano le vostre notti.

La verità sta da un’altra parte: in Via del Corso e in Piazza del Popolo. Una rivolta è sempre un atto di verità e ciò che ci svela è che per una volta la rabbia non ha preso le forme della vigliaccheria leghista fondata sulla guerra al più povero e neanche si è sublimata nell’irenismo postbertinottiano.

La verità sta nei volti degli studenti medi che si vedono i propri corsi tagliati, nelle borse di studio rubate agli universitari, nell’umiliazione del lavoro e dello studio di ricercatori e insegnati; sta nei calli e nelle schiene rotte di operai in cassa integrazione e nelle terre offese e avvelenate di Chiaiano e Terzigno. Sta nella sete di chi rifiuta la mercificazione dell’acqua e nella dignità di chi ricostruisce la propria città contro chi alle 3e32 rideva. Sta nei corpi quotidianamente sottoposti al ricatto della precarietà, di salari miseri, di contributi non versati, di contratti/ricatti, di ferie e malattie né concesse né pagate.

La verità è che una generazione che è stata messa sotto silenzio grazie al ricatto sul futuro; sulla possibilità di avere un futuro.

Il silenzio è stato rotto. Una generazione ha compiuto il suo gesto, ha affrontato il potere in mezzo alla strada. Consapevoli che i diritti, primi di essere scritti su un pezzo di carta, sono scritti sull’asfalto.

Nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile senza lo spazio politico di “uniti contro la crisi” che ha permesso di ricomporre le forme del lavoro vivo e di trovare un comune tra le singole lotte. E’ questo comune che spaventa un’intera classe politica e imprenditoriale corrotta, collusa e parassitaria. E’ quindi questo comune che va custodito, potenziato e organizzato. Per questo dobbiamo dire a voce ancora più alta: sciopero generale, subito!

Infine, in molti fanno riferimento – sbagliando – al G8 di Genova. Qualcuno su internet ha scritto: “Dieci anni dopo la scena è capovolta, era luglio e faceva caldo, il calore lo hanno avuto indietro, il resto no, noi non siamo assassini”.

Con il nostro futuro negli occhi, con Carlo nel cuore.